La vicenda delle notizie oscurate dal social media più famoso al mondo deve allarmare chiunque abbia a cuore la libera informazione, perché mostra una pericolosa tendenza a manipolarla, tanto più grave in quanto a favore di quel Democratic Party che porta nel suo stesso nome il rifiuto di tali pratiche. Quindi va condannata senza esitazione e le vittime hanno tutto il diritto di alzare la voce, far causa ai responsabili e ottenere adeguati risarcimenti. Ciò detto, dobbiamo, però, chiederci se il torto subìto rende per questo giusto tutto quel che i danneggiati sostengono: l’assalto a Capitol Hill o l’opposizione alle misure anticovid. Sui lockdown e sui vaccini, i numeri finora hanno dato ragione alla Scienza. Se non le si vuole dichiarare guerra


Il commento di MAURIZIO MENICUCCI

LO SCANDALO DEI ‘Twitter Files’, sollevato dal New York Post in queste settimane, punta il dito contro la più famosa ‘piattaforma social’, acquisita da Elon Musk a ottobre per 44 miliardi di dollari. Denuncia che per un lungo periodo ha fatto, sì, il cane da guardia della verità, come dicono gli anglosassoni, ma lo ha fatto a senso unico: nell’interesse dei democratici Usa e a danno dei repubblicani. Basandosi su una solida inchiesta e molte rivelazioni ‘interne’, il New York Post, politicamente schierato a destra come il suo editore Rupert Murdoch, sostiene che i vertici dell’Uccellino non avevano, su pressione dell’Fbi, pubblicato fonti e voci particolarmente moleste per il fronte progressista almeno in tre casi: nel 2020, quando nascosero le notizie sugli affari ucraini di Hunter Biden che avrebbero potuto danneggiare la corsa elettorale del padre Joe; e durante il 2021, quando oscurarono il sito di Trump e censurarono le critiche dell’epidemiologo di Stanford, Jay Bhattacharja, ai lockdown e alle misure restrittive anticovid. 

Non c’è dubbio che la vicenda deve allarmare chiunque abbia a cuore la libera informazione, perché mostra una pericolosa tendenza a manipolarla, tanto più grave in quanto a favore di quel Democratic Party che porta nel suo stesso nome il rifiuto di tali pratiche. Quindi va condannata senza esitazione e le vittime hanno tutto il diritto di alzare la voce, far causa ai responsabili e ottenere adeguati risarcimenti. Ciò detto, dobbiamo, però, chiederci se il torto subìto rende per questo giusto e santo subito tutto quel che i danneggiati sostengono, o che hanno fatto. 

La museruola che Twitter ha imposto ai cinguettii di Trump, ad esempio, può cancellare il dato di fatto che The Donald sia il presidente che non ha saputo, o voluto fermare l’assalto a Capitol Hill, quello, sì, un tentato golpe con morti e feriti, che poteva trasformare la democrazia americana in una dittatura, e sarà ricordata come un’infamia nella Storia degli Usa? Evidentemente no. Eppure, pochi giorni fa, su questo giornale, Laura Calosso, raccontando, appunto del caso ‘Twitter Files’, si è chiesta se non «siamo davanti a un colpo di Stato», e queste parole dovrebbero davvero, per riprendere la sua espressione, «far sobbalzare tutti sulla sedia». Perché la domanda equipara, di fatto, due episodi — lì aver nascosto notizie, qui aver consentito una sommossa — dei quali è evidente l’incomparabile gravità. E suggerisce che la censura è solo uno dei modi per manipolare l’informazione.

Ciò che sta a cuore alla collega, di fatti, non mi sembra tanto la necessità di denunciare l’ingiustizia patita da Trump e dagli altri illustri ‘oscurati’, quanto avere l’opportunità per lanciare, proprio in base all’assioma che la verità si rivela tale quando fa paura e spinge alla censura, un anatema senz’appello contro le misure cosiddette restrittive della lotta al Covid. Che queste misure siano semplici norme di buon senso scientifico, studiate in base alle caratteristiche con cui il virus si propaga, non importa. Sono da condannare e basta — dando, tra l’altro, per scontate valide alternative che però non vengono mai nemmeno accennate — come prove generali di un incipiente e globale Stato d’Eccezione, proteso ad approfittare dell’emergenza sanitaria per limitare le libertà individuali. 

Del resto, come è buona regola, a chiarire qual è l’obiettivo del pezzo è proprio l’avvio. «In questi giorni si torna a parlare di Covid e qualcuno agita lo “spettro” del lockdown. Ma è servito? Ha avuto effetti positivi sulla pandemia? No. E qualcuno l’aveva detto a suo tempo, ma era stato oscurato. Possibile che solo oggi si scopra che il lockdown ha prodotto più danni che vantaggi? Se avete la pazienza di leggere questo articolo, saprete come sono andate le cose». Io la pazienza ce l’ho messa tutta e anche di più, ma, di nuovo, non ho capito perché la censura subìta dal professor Bhattacharja e dai suoi due colleghi che nel cosiddetto manifesto Great Barrington Declaration avevano denunciato il lockdown come inutile e costoso in termini economici, umani e sanitari, dovrebbe valere come una ordalia e dimostrare che avevano ragione. 

Se è così, vorrei, allora osservare due cose: la prima è che nel 2021, epoca a cui risale la querelle, ottanta luminari non meno luminosi del trio di colleghi critici, pubblicarono subito un contro manifesto che smentiva le accuse alla politica sanitaria e alle restrizioni sociali adottate dai governi occidentali. La seconda è che concludere, come fa la collega Calosso che «Il lockdown ha prodotto danni economici, sociali, psicologici di enorme portata. Oggi sappiamo che a nascondere i rischi è stato chi, successivamente, si è prodigato per diffondere la bontà di soluzioni a scatola chiusa. E guai a metterle in dubbio…» sembra assai imprudente. Come mai, allora, la Cina è riuscita a controllare le infezioni solo grazie al lockdown, e non appena lo ha revocato a furor di popolo, i contagi si sono impennati e ora minacciano un ritorno di fiamma anche da noi? Certo, da sole, le restrizioni non bastano: ci vogliono anche i vaccini, e quelli cinesi, come è noto, hanno un’efficacia molto più bassa dei nostri. Ma di qui a spacciare per vincenti le tesi di chi, come Bhattacharja e la sua scuola, due anni fa, proponeva di risolvere la pandemia attraverso un’immunità di gregge dimostratasi irraggiungibile a causa della velocità con cui varia il coronavirus, ce ne corre. Infatti nessuno più lo fa, tranne i più accaniti sovranisti, come Bolsonaro e Trump.    

Il caso cinese dimostra che il problema non sono i danni e i costi sociali, pur innegabili, creati dal lockdown o dai green pass. Sono quelli, molto più pesanti, creati dalla pandemia quando viene lasciata libera di correre. Il ragionamento è analogo a quel confronto tra effetti indesiderati dei vaccini e complicazioni da Covid che dovrebbe convincere i novax a deporre la loro ostilità, ma è chiaro che se uno dichiara guerra alla Scienza, i numeri non servono, anzi: non contano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.