Per il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo le scuse tardive di Ignazio La Russa non bastano: l’attentato di Via Rasella del Gruppo di Azione Patriottica fu «una cruciale azione di guerra contro l’occupante nazista» (credit Ansa/Mourad Balti Touati)

Secondo l’ultima trovata provocatoria del Presidente del Senato, in Via Rasella «i partigiani uccisero una banda musicale di semi pensionati, non SS». “Musicanti” molto speciali, i soldati del battaglione “Bozen”, armati di pistole automatiche e bombe a mano alla cintola, «costretti a cantare mentre marciavano in formazione», ha scritto lo storico Alessandro Portelli che sulla strage delle Fosse Ardeatine ha pubblicato studi e ricerche; un corpo di polizia affiliato alle SS nell’occupazione tedesca della Capitale e in altre città italiane messe sotto il tallone di ferro dell’esercito nazista. Inciampo storico o provocazione politica deliberata, «le parole di La Russa sono semplicemente indegne per l’alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza» ha dichiarato il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo. Ventiquattro ore dopo il suo squallido show nello studio di “Libero” la seconda carica dello Stato prova a scusarsi: «Ho sbagliato a non dire che furono uccisi soldati nazisti» ma, per l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, «La Russa dovrebbe dimettersi»


Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

EVIDENTEMENTE È PIÙ forte di lui e delle regole di prudenza che la carica di presidente di un ramo essenziale del Parlamento imporrebbero. Quando rispunta il discorso su Mussolini e sul ventennio fascista, Ignazio la Russa non riesce a tenersi e se ne esce con esternazioni clamorose. Che certo non giovano al governo Meloni e agli sforzi della Presidente di apparire lontana da certi scenari. Ma se risponde a verità la voce che indica in La Russa addirittura un geloso collezionista di cimeli di Benito Mussolini, non dobbiamo stupirci troppo di certe “improvvide” sortite. La fede è la fede e quella mussoliniana è una delle meno facili da sradicare. 

Ignazio La Russa nello studio di “Terraverso” (podcast di “Libero”) ‘cazzeggia’ sulla Resistenza antifascista con Pietro Senaldi, vice direttore del giornale della famiglia Angelucci che gli fa da spalla

Sono nato a Predappio e la mia nonna materna, Lucrezia Vasumi, era cugina di primo grado di Alessandro Mussolini il fabbro anarchico internazionalista seguace di Andrea Costa e padre del futuro Duce. Palesemente il focoso neofascista prende il sopravvento sul parlamentare navigato che dovrebbe facilitare la non facile navigazione del “suo” governo. Invece no. Riemerge a petto ritto il militante neofascista che carica a testa bassa i nemici di sempre, quelle larve di democratici che vorrebbero ancora vedere nel 25 Aprile la nascita di una democrazia che seppellisce per sempre il glorioso Ventennio. 

Altri si rassegnino pure, lui “Gnazio” non li seguirà su quel malinconico percorso proprio ora che italiane e italiani hanno mostrato di capire quale triste errore sia stato tradire la Patria, Mussolini, anzi il Duce. Quindi niente retromarcia ma piede a tavoletta sull’acceleratore. Farà bene anche alla Meloni che fatica non poco a destreggiarsi fra atlantisti, europeisti e altri “casciaball” come dicono a Milano.

Lui che arriva dal Sud sa che un giuramento, anche una semplice virile stretta di mano valgono per chi viene dal neofascismo più delle statuone a culo nudo del Foro Mussolini oggi Italico col suo bell’obelisco all’ingresso che rimarrà nei secoli a indicare la retta via a tutti, specie ai più giovani che, poveri loro, non hanno avuto la gioia di essere balilla o figli della lupa. Né hanno potuto assistere aĺle adunate oceaniche in tutte le grandi piazze di travertino fatte sorgere nella penisola, nelle isole, nelle colonie africane. Eia Eia Alalà! © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.