Alla vigilia dell’apertura della Cop27 a Sharm el Sheik, l’ex direttore del giornale di Via Solferino accende i riflettori sulle esperienze sociali e produttive che hanno abbracciato l’orizzonte dell’economia green. Realtà economicamente rilevanti che non trovano rappresentanza adeguata nella Confindustria di Bonomi, né risposte istituzionali dalle Regioni, né spazio informativo sulla grande stampa. Eppure lo sviluppo delle energie green ci renderebbero un Paese più libero. La transizione energetica «sparita dal lessico ministeriale» è «parte integrante della sicurezza energetica», sottolinea de Bortoli con un garbato monito alla presidente Meloni
L’articolo di MASSIMO SCALIA

IL VOLTO APPENA VELATO da un che di malinconico, il sorriso garbatamente ironico come si conviene a chi è pensoso delle vicende umane, Ferruccio de Bortoli sembra candidarsi al club dei critici dell’assenza in Italia di una ruling class. Una critica implicita, felpata, ça va sans dire, almeno come appare nell’editoriale che il Corriere della Sera ha dedicato all’apertura di Cop27, a Sharm el Sheik il 6 novembre scorso.
All’inizio de Bortoli ricorda come non siano stati ancora erogati tutti i cento miliardi di dollari stabiliti dalla Cop15 di Copenaghen (2009) per aiutare la transizione ecologica dei Paesi più poveri. Una transizione che è un must per tutti i Paesi e che, contraddittoriamente con «i dati allarmanti del cambiamento climatico», rischia, «amara realtà», di diventare «un lusso» anche per i Paesi agiati «costretti a sostenere le bollette salate di famiglie e imprese». Certo è «un approccio ingenuo e idealista» ritenere che le fonti fossili siano «facilmente sostituibili con le rinnovabili» — e chi ha mai pensato che fosse facile? — ma, aggiunge de Bortoli, delle quali «abbiamo — ed è questo il punto — ancora più bisogno». E poi lì a ricordare il 55% al 2030, cui anche il Governo Meloni deve attenersi, a citare le denunce dell’Ipcc, ad ammettere, benevolmente, che esistono produzioni energetiche più pulite che non hanno oppositori «nemmeno tra i Verdi». E poi, il monito garbato ma deciso che de Bortoli rivolge alla Meloni perché ricordi, non solo a Sharm, che la transizione energetica «sparita dal lessico ministeriale» è «parte integrante della sicurezza energetica» brandita in varie occasioni dalla premier.

La parte più sorprendente dell’articolo è quella in cui de Bortoli dismette la distaccata benevolenza manzoniana e con toni di partecipazione addirittura intensa enuncia — rapporto 2022 di Greenitaly alla mano — il vantaggio competitivo guadagnato dall’Italia nell’economia circolare, la novità di imprese, produzioni e comunità che hanno capito la convenienza economica del green e investono sulle rinnovabili, «una formidabile spinta dal basso, un delitto non assecondarla».
Insomma, mi pare che — per la prima volta autorevolmente sul Corriere della Sera — si dia atto che esistono una società e attività produttive importanti, innovative che non trovano rappresentanza in Confindustria, che, di fronte a nuovi settori industriali, economici e sociali, mostra la stessa vivacità di Chernienko. Ricordate l’apoplettico segretario del Pcus che sembrava imbalsamato? Sarebbe bastato comunicarglielo, che era morto. Il non felpato entusiasmo di de Bortoli nel segnalare un nuovo assetto economico e industriale, spinto da nuove esigenze sociali, suona implicito rammarico per un asfittico capitalismo “ufficiale”, che riesce al più a fare affari sul vecchio, sullo stantio. Alla Chernienko, insomma. E del quale, aggiungo, il presidente di Confindustria sembra un’adeguata immagine.
Nell’articolo non viene risparmiata neanche la critica agli interventi a gamba tesa di varie Regioni contro i progetti sulle rinnovabili, con motivazioni in alcuni casi contraddittorie rispetto ai proclamati interessi turistici. Un opporsi bipartisan, quindi anche da Regioni del Centrodestra ricorda de Bortoli alla leader di FdI.

Insomma, de Bortoli santo subito? Vedremo che editoriali proporrà il Corriere della Sera quando, non il ‘capitano dimezzato’ della Lega, ma qualche cervello fine, sempre pronto alla bisogna, proporrà il nucleare come panacea dei bisogni industriali. Con faccia di tolla e fottendosene di quel 40% degli obiettivi energia-clima al 2030, richiesto da Next Generation Eu. O magari qualche editoriale, da subito, anzi da ieri, sulla politica energetica nazionale dominata dal mascellone Descalzi, conducador dell’Eni, a spese della salute e delle tasche degli Italiani: una politica energia-clima in totale contrapposizione, quasi uno sberleffo in “Plenitude”, a quella «formidabile spinta dal basso» che richiede cose opposte e diverse. «Inevitabile» il «ritorno all’estrazione di gas nazionale», che rappresenta un grande impatto ambientale per pochi “per cento annui” del nostro fabbisogno, e per un numero limitato di anni? Si sa, nessuno è perfetto. Ma, visto che anche in tempi di inflazione e caro energia «non sono ammesse distrazioni sulla transizione», ci si può attendere, da questa nuova linea proposta al Corriere della Sera dall’editorialista de Bortoli, interventi più marcati contro gli scandalosi sovraprofitti che i predatori Oil&Gas continuano a realizzare, rubando agli italiani il futuro green della transizione?
Italia Libera, sostenendo una mobilitazione di molti mesi, ha contribuito, nel suo piccolo di ‘navicella dell’informazione’ ma significativamente, a portare al 25% la quota da prelevare dai sovraprofitti per ridarli a imprese e famiglie. Che cosa potrà fare, più in generale, l’‘incrociatore’ Corsera, se darà ascolto e spazio a quella «formidabile spinta dal basso» puntualmente evocata da un suo prestigioso editorialista? «Un delitto non assecondarla»: non riguarda solo il Governo. © RIPRODUZIONE RISERVATA