In carcere dal 31 dicembre scorso con l’accusa di essere una scafista, la regista e sceneggiatrice curdo-iraniana, attivista in prima fila nel movimento ‘Donna, vita e libertà’ (osannato in tutto l’Occidente per il coraggio contro il regime degli Ayatollah), pesa oramai forse 40 chili a causa dello sciopero della fame in corso da settimane. Davanti al Tribunale di Crotone è accusata di essere “la scafista” della barca con cui era giunta sulle coste italiane insieme ad altri profughi per aver partecipato alla distribuzione di acqua e cibo a bordo. La prima udienza del processo a suo carico si è svolta il 24 luglio scorso. E tornano alla mente i moniti di Socrate contro la democrazia che non pone limiti al potere della maggioranza dando vita alla tirannide

La vignetta di Mauro Biani a favore della scarcerazione di Maysoon Majidi; sotto il titolo, Maysoon Majidi nel Kurdistan iraniano

◆ Il commento di ANNALISA ADAMO AYMONE

“Democracy!!” è stata l’espressione utilizzata da Maysoon Majidi all’esito della prima udienza del processo che la vede imputata, dinnanzi ad un Tribunale italiano, della grave accusa di essere una scafista. Ormai da oltre sette mesi nelle carceri italiane, Maysoon Majidi ha iniziato già da tempo lo sciopero della fame e le sue condizioni non sono apparse rassicuranti quando si è presentata in aula per farsi difendere ma soprattutto per difendersi. Scappata dall’Iran dove aveva subito vari maltrattamenti fino all’incarcerazione per il suo attivismo nel movimento ‘Donna, vita, e libertà’ è giunta sulle coste italiche ed è entrata nelle nostre galere con l’accusa pesante di essere “la scafista” avanzata sulla base di testimonianze raccolte tra le persone che avevano effettuato l’ultimo tratto di viaggio in barca insieme e avevano riferito la partecipazione di Maysoon alla distribuzione di cibo e acqua a bordo. Mentre le accuse riguardanti l’altra giovane donna iraniana, Marjan Jamali, sotto processo per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, si regge – secondo quanto riportato da Amnesty Internazional – sulle dichiarazioni raccolte tra alcuni uomini che durante il viaggio, secondo il racconto della donna, avrebbero tentato una violenza nei suoi confronti. 

La storia di Majidi, regista e sceneggiatrice impegnata, è stata trattata da molti giornali ed associazioni dei diritti umani non solo per mettere in luce un sistema di gestione dell’immigrazione che non convince ma per dare voce a chi è dovuto scappare per avere la possibilità di vivere esprimendosi in libertà. Tralasciando la discussione sulla lotta ideologica che il governo attuale sta portando avanti sull’immigrazione a colpi di modifiche legislative – e tralasciando anche ogni approfondimento sulla dura misura cautelare adottata contro questa ‘pericolosissima’ donna che ormai peserà 40 kg -, viene da chiedersi cosa volesse dire Majidi con quella sua esclamazione contrariata “Democracy!!”. In attesa del giudizio del Tribunale e nella speranza che Majidi esca presto e viva dalla detenzione preventiva, le riflessioni che si potrebbero fare su questo “Democracy!!” sono tante, soprattutto se si pensa che la democrazia è, secondo la dichiarazione dei diritti dell’uomo, un diritto universale. Majidi è scappata dall’autoritarismo e, anziché trovare la democrazia che cercava, ha trovato il carcere a fermare la corsa verso ‘quel sogno impossibile’ che per talune persone la democrazia ancora rappresenta. 

Maysoon Majidi prende la parola nell’udienza del 24 luglio al Tribunale di Crotone (credit “Il Crotonese”)

Si può affermare qualsiasi cosa per sdegno in una simile situazione, ma perché proprio ‘Democracy!!’? Può essere che per Majidi qualcosa nella democrazia di questo paese è andato o stia andando storto così come ad Atene, culla della democrazia, dove da un certo punto in poi la retorica ha preso il sopravvento tanto che il potere ha cominciato ad appartenere a chiunque riuscisse a sfruttare le emozioni e le paure dei cittadini? Tanto che, secondo alcune testimonianze, Socrate prima di essere condannato a morte accusò la democrazia ateniese per aver elevato l’opinione popolare a scapito della verità. Fu questo anche il motivo per cui Platone associò la democrazia alla tirannia nell’ottavo libro de La Repubblica, perché è tirannide una democrazia che non pone limiti ai peggiori istinti della maggioranza. © RIPRODUZIONE RISERVATA

È stata avvocato, formatrice e docente, ricoprendo numerosi incarichi pubblici. Da capo degli Affari generali e legali del Comune di Taranto ha promosso la prima causa risarcitoria contro i patrons di Ilva, responsabili del più grande disastro ambientale della Repubblica italiana. In seguito al giudizio è stato disposto un risarcimento di 12 milioni di euro in favore della città. È stata assessore all’Ambiente, alla legalità e alla qualità della vita del Comune di Taranto. Insieme ad una rete di associazioni, comitati e fondazioni svolge un’intensa attività di sensibilizzazione su temi inerenti diritti, ecologia, ambiente e tutele del patrimonio naturale e culturale. Ha creato #AnteLitteram rassegna di incontri con esponenti della società civile avviando un vero e proprio movimento culturale. Collabora con il Centro Ricerca Arte Contemporanea Puglia, altre istituzioni ed enti per valorizzare il ruolo che l’arte e la cultura hanno per la costruzione del valore della cittadinanza e della democrazia. Ha ricevuto il premio Tarenti Cives Delfini d’argento 2022. È stata chiamata a curare la sezione sul Mediterraneo dell’edizione 2022 del Festival del cinema promosso da Apulia Film Commission.