A 37 anni dalla chiusura delle quattro centrali nucleari costruite in Italia dagli anni Sessanta del secolo scorso, scorie e rifiuti radioattivi lasciati in eredità dagli impianti dismessi non hanno trovato ancora un sito di stoccaggio definitivo per metterli in sicurezza. Zitti zitti, e con una tenacia degna di miglior causa, i fautori dell’energia atomica non hanno mai smesso di cercare l’occasione propizia per rimettersi in moto. Le due sonore sconfitte incassate nel 1987 e nel 2011 nei referendum popolari contro il nucleare non sono evidentemente bastate. Ed oggi riparte la favola dell’“atomo buono” con un “nuovo nucleare” che vedono solo loro con un costo già oggi fuori mercato in tutto il mondo. Anche gli antinucleari dovranno, a questo punto, rimettersi in movimento. A seguire il primo intervento di Gian Piero Godio, leader storico degli antinucleari che l’atomo italiano l’hanno vissuto molto da vicino, in mezzo alle proprie case


◆ L’articolo di GIAN PIERO GODIO, Pro Natura e Legambiente del Vercellese

È stata la Mozione parlamentare approvata il 9 maggio 2023 a dare avvio al tentativo di riproporre l’utilizzo della «fissione nucleare di quarta generazione» in Italia, a cui ha fatto seguito, il 21 settembre 2023, l’istituzione da parte del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica della “Piattaforma Nazionale per il Nucleare Sostenibile” con lo scopo di permettere «la ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia». Del come si possa parlare di fissione di quarta generazione e di sostenibilità del nucleare non è dato di sapere!

Per quanto riguarda le iniziative di tipo legislativo si è fatto avanti l’onorevole Claudio Fazzone (Forza Italia) che prima presenta e poi ritira il Disegno di legge 1063 dell’11 marzo 2024 e poi presenta il Ddl 1132 del 7 maggio 2024 proponendo che, al fine di ridurre la dipendenza dell’Italia dai combustibili di importazione estera, il Governo preveda la costruzione e il funzionamento di impianti nucleari per la generazione di energia elettrica dopo la preventiva individuazione da parte del Consiglio dei ministri dei siti dove collocarli. Del come si pensi di procurare il combustibile nucleare se non attraverso l’importazione estera e del come potrà il Consiglio dei ministri individuare i siti dove collocare le future centrali non si fa cenno!

Va invece molto più nel concreto il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) che nella versione definitiva del giugno 2024 prevede «la ripresa sul territorio italiano della produzione di energia da fonte nucleare» con realizzazione di centrali nucleari per 400 MegaWatt (MW) entro il 2035, poi altri 2.000 MW entro il 2040, e altri 3.500 MW entro il 2045, seguiti da ulteriori 7.600 MW dopo il 2050, come mostrato dalla seguente figura tratta dal Pniec.

Praticamente il Pniec prevede di fornire, tra oggi e la scadenza critica del 2050, energia elettrica da fonte nucleare per 348 miliardi di kWh, cioè una percentuale trascurabile del consumo del nostro paese nei prossimi 25 anni tenendo conto che già oggi siamo a circa 330 miliardi di kWh ogni anno. Tutto questo ad un prevedibile costo di 45 miliardi di euro da investire progressivamente entro il 2045. Come poi il Pniec abbia potuto essere integrato con la previsione del nuovo nucleare quando la sua Valutazione Ambientale Strategica (Vas) era stata effettuata su un testo che non comprendeva il nucleare anche questo non è dato di sapere!

Lo schema di funzionamento di uno Small Modular Reactor, seguendo la tecnologia della fissione nucleare

A settembre 2024 sono scese in campo direttamente le imprese: Edison S.p.A., Ansaldo Nucleare S.p.A. e Teha Group S.p.A., partendo dalla considerazione che «anche per l’Italia si riapre una nuova riflessione sul ruolo benefico che le nuove tecnologie nucleari disponibili o in via di sviluppo possono giocare nel mix energetico italiano, integrando le energie rinnovabili e assicurando la continuità e la sicurezza della fornitura elettrica». Promettono un “nuovo nucleare” che si distingue dalla tecnologia tradizionale per una serie di vantaggi legati a: 

  1. sviluppo di nuovi design rispetto al nucleare tradizionale; 

  2. sicurezza rafforzata, assicurata da una potenza inferiore del reattore e da soluzioni innovative per il raffreddamento del nocciolo; 

  3. agilità di installazione, resa possibile da una maggiore modularità, una dimensione più piccola, un design più semplice, la fabbricazione seriale dei componenti, la standardizzazione e l’identificazione dei siti vista la dimensione ridotta; 

  4. consumo di suolo ridotto, pari a circa 0,04 m2/MWh anno per un Smr, Small Modular Reactor, (350 m2/MW in termini di potenza installata).

Lo studio si conclude magnificando «le differenze esistenti tra nuovo nucleare e nucleare della generazione precedente», differenze che sinceramente non riusciamo a vedere!

È arrivata infine ad ottobre 2024 la proposta di legge di iniziativa popolare che ad oggi ha già raccolto online le 50.000 firme necessarie (https://pnri.firmereferendum.giustizia.it/referendum/open). La proposta mira alla «remunerazione dell’energia generata con contratti alle differenze a due vie» (?) e punta alla «costruzione di centrali dotate di reattori nucleari della tecnologia più avanzata commercialmente disponibile, cioè la terza generazione a fissione, nonché, in futuro, delle tecnologie oggi ancora in via di sviluppo o certificazione, quando ne sia assicurata la disponibilità commerciale» nonché a «dichiarare i siti individuati per la localizzazione degli impianti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione» e imponendo «l’esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti». Anche se di “popolare” questa proposta di legge pare avere poco (i proponenti sono Liberali, Radicali, Azione di Calenda e Amici della Terra), certamente conferma la volontà di lanciare il “nuovo” nucleare.

Decommissioning delle quattro centrali nucleari chiuse con il referendum popolare del 1987

A questo punto ci vorrebbe una mobilitazione generale per informare davvero le persone in modo da non cadere nelle trappole di questa potente lobby che le sta pensando tutte. Nel Vercellese noi saremmo pronti, perché abbiamo davanti agli occhi il risultato del nucleare pregresso, e il “nuovo nucleare” non ci sembra particolarmente diverso da quello di cinquant’anni fa che ha bisogno urgente dell’ormai famoso Deposito nazionale: questa sì che è una vera urgenza per cercare di ridurre il rischio generato dai materiali radioattivi prodotti dalle quattro centrali nucleari italiane dismesse. Ed invece, dopo l’ingloriosa conclusione delle autocandidature, si attende la predisposizione della Valutazione Ambientale Strategica delle 51 aree della Cnai (Carta nazionale aree idonee), e, nonostante sia stata la stessa Sogin ad averle individuate da una decina di anni, l’Amministratore delegato Artizzu prevede che sarà ancora necessario un altro anno e mezzo per pronunciarsi. Già, i rifiuti radioattivi è più facile produrli che trovare un posto dove collocarli!

Sappiamo bene che i consumi di energia continuano ad aumentare, anche nei Paesi già maggiormente consumatori, e allora quello che serve è, prima di tutto, una transizione culturale che parli di sufficienza e di efficienza, e poi servono impianti di energia rinnovabile: ne vanno fatti tanti, vanno fatti in fretta, e vanno anche fatti in modo desiderabile e non criticabile. Questa crediamo sia la sola via per poter andare verso il futuro. O, meglio, è l’unica via perché possa esistere un futuro per tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Già tecnico dell’Enea di Saluggia, presidente di Legambiente Piemonte ed autorevole esponente di Pro Natura. Memoria storica e attivista infaticabile del movimento antinucleare italiano, si batte da trent’anni per mettere in sicurezza le scorie radioattive sparse nel nostro Paese, ancora oggi ospitati in siti inidonei o a rischio per la sicurezza del territorio.