L’Italia ha puntato tutte le carte sul cosiddetto ‘Piano Mattei’ e sui rigassificatori: una scelta antieconomica e in controtendenza anche dal punto di vista ambientale, viste le emissioni climalteranti che ne deriveranno. Ed è ragionevole pensare che il “grande hub del gas del Mediterraneo” è destinato a generare più offerta che domanda e la scommessa dell’Italia sui terminali Gnl è sempre più rischiosa. I terminali in funzione hanno registrato un tasso di utilizzo di appena il 42%. Che senso ha espandere ulteriormente tali infrastrutture?
◆ L’intervento di ALESSIO LATTUCA
► Che senso ha continuare ad investire nei combustibili fossili? Gli analisti invitano a fare tesoro di quanto l’esperienza insegna per guardare al futuro. Negli ultimi anni l’Europa ha trasformato il suo sistema energetico e ha implementato metodi per ridurre gli effetti della crisi energetica. RePowerEu va in questa direzione e invoglia i Paesi dell’area Ue ad esaminare quali politiche hanno funzionato e di portarle avanti, mettendo in atto nuove strategie che potrebbero dare all’Europa il vantaggio di gestire i rischi in futuro. D’altronde tutti i dati, a partire da quelli di Ieefa (Institute for Energy Economics and Financial Analysis) e del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Dipartimento Energia), evidenziano un progressivo calo dei consumi di gas che, peraltro, sono già i più bassi degli ultimi 25 anni.
L’aumento delle rinnovabili, l’efficientamento energetico, la propensione al risparmio, unitamente alle temperature più miti, sono fattori che permettono di utilizzare meno gas. Nonostante ciò, l’Italia punta tutto sul cosiddetto ‘Piano Mattei’ e sui rigassificatori: una scelta antieconomica e in controtendenza anche dal punto di vista ambientale, viste le emissioni climalteranti che ne deriveranno. Ed è ragionevole pensare che il “grande hub del gas del Mediterraneo” sia destinato a generare più offerta che domanda talché autorevoli analisti considerano rischiosa la scommessa dell’Italia sui terminali Gnl.
Scenari e cifre che inducono a chiedersi quali siano le ragioni − visti gli impatti climalteranti delle fonti fossili − che ispirano l’Italia a immaginare un futuro basato sul gas in declino, anziché a puntare ulteriormente sulle rinnovabili. Ed è davvero stravagante la scelta fin qui operata dal governo − financo in presenza della drastica riduzione del consumo di gas nell’ordine di circa 15 miliardi di metri cubi − di coltivare l’ambizione di diventare un hub europeo del gas. Si tratta, in tutta evidenza, di equivoci che hanno influenzato la strabica pianificazione di nuovi terminali Gnl entro il 2030, nonostante il rischio di un loro sottoutilizzo. E risulta persino bizzarra l’eventualità (nonostante la riduzione della domanda di gas) che l’Italia pensi di aumentare notevolmente la sua capacità di importazione di Gnl perfino oltre il 65% fino al 2026, grazie alla realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione. In definitiva la scommessa dell’Italia sui terminali di Gnl potrebbe rivelarsi alquanto rischiosa. Difatti, i terminali in funzione hanno registrato un tasso di utilizzo di appena il 42%. Che senso ha espandere ulteriormente tali infrastrutture?
Per fortuna c’è l’Europa che, con il New Green Deal, ha messo in campo notevoli risorse per trasformare drasticamente il sistema energetico con lo scopo di ridurre gli effetti della crisi energetica. Si tratta di formidabili novità realizzate attraverso un atto di solidarietà e mediante debito comune. Fattori che hanno reso possibile la destinazione di oltre 230 miliardi di euro all’Italia attraverso il Pnrr che, tra gli obiettivi, ha la principale mission di realizzare la transizione energetica ed ecologica. Elementi che dovrebbero muovere a riconsiderare le scelte adottate e ad esaminare quali siano davvero le politiche che possono funzionare, mettendo in atto strategie sostenibili, che possono offrire un effettivo vantaggio al Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA