
Girato in economia con un cast poco noto, il film è ambientato negli anni Settanta, quando i fasti dei grandi vini non erano ancora arrivati, e vivere nelle Langhe era molto duro. Molti se ne andavano. Racconta la storia di un “bacialè” che combina i matrimoni dei langaroli con le ragazze del sud disposte a tentare la sorte in Piemonte. Remo (il “bacialè”) scrive le lettere dell’amico Amedeo (gran lavoratore poco a sua agio con la penna) a Fulvia, figlia di una contadina calabrese che da bambina aveva preso ripetizioni da Pavese, mandato al confino dal fascismo a Brancaleone. Affascinata dalle parole scritte da Remo accetta di trasferirsi in Langa e sposare Amedeo. Si accorgerà, amaramente, che non era lui l’autore delle lettere…
◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *
► Pochi, al di fuori del Piemonte, hanno avuto finora la possibilità di vedere “Onde di terra”, del regista langarolo Andrea Icardi. Ma il film sta sbancando i botteghini della provincia Granda — e non soltanto quelli — con la sola forza del passaparola. Chi lo ha visto ne parla agli amici, e gli esercenti continuano a programmarlo con la certezza di ritrovarsi ogni volta con il tutto esaurito. Miracoli di un gioiellino girato in economia con attori non molto noti, ma con tante idee e soprattutto un infinito amore per le colline raccontate da Pavese e da Fenoglio. Onde di terra per l’appunto, dove ancora si trovano le testimonianze fossili del mare che in tempi lontani le ricopriva.

Il film è ambientato negli anni Settanta, quando i fasti dei grandi vini non erano ancora arrivati, e vivere in Langa era duro, durissimo. Molti se ne andavano. Quelli che restavano tenacemente attaccati alla terra avevano difficoltà anche soltanto a trovare una donna disposta a condividere povertà e fatica. Ecco allora i “bacialé”, che mettevano in contatto i giovani del posto con le ragazze del sud che accettavano di lasciare casa e famiglia per tentare la sorte al nord. Non tutti quei matrimoni combinati furono felici. Ma molti sì, perché anche al sud “la terra era bassa”, e i punti in comune tra i due promessi sposi erano più forti delle differenza di lingua e di cultura.
Remo è un giornalista. Vuole aiutare l’amico Amedeo, gran lavoratore poco a suo agio con la penna. Così scrive per lui le lettere a Fulvia, figlia di una contadina calabrese che da bambina aveva preso ripetizioni da Pavese, mandato al confino dal fascismo a Brancaleone. Lei, affascinata da parole così vicine a quelle che Pavese diceva a sua madre, accetta di venire in Piemonte e sposa Amedeo, ma scopre che non era lui l’autore delle lettere. Il resto non ve lo racconto. Posso soltanto dire che la storia corre senza sbavature fino a una conclusione amara, ma non triste. Perché alla fine è la Langa che vince. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org