L’assemblea costituente 25 giugno 1946 – 31 gennaio 1948

Il messaggio della Storia deve essere completo, e non abbandonato a letture speculative. La Resistenza al nazi-fascismo non fu, come si è voluto far credere, una pagina scritta solo dai comunisti. C’era una pluralità di voci altrettanto importanti, dal socialismo laico al mondo cattolico. Se non si comprende questo non si può capire come nacque l’Assemblea Costituente, che rappresentò tutte queste diverse realtà. Anche il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica – che ora Mattarella interpreta egregiamente – non fu un passaggio facile, con l’Italia a un passo dal ripiombare nella guerra civile


L’articolo di VITTORIO EMILIANI

Un gruppo di partigiani rifugiatosi tra i monti

COL GOVERNO DI CENTRODESTRA/DESTRA bisognerebbe recuperare la storia, il senso vero della Resistenza che fu pluralista e non comunista come ha invece raccontato – a senso unico – nella sua opera lo storico del Partito comunista Paolo Spriano. La Resistenza fu pluralista sin dall’inizio quando giovani come Giorgio Bocca dopo l’8 settembre 1943 scelsero di salire in montagna sopra Cuneo.

Per tutta Italia l’8 settembre 1943 si rivelò una sorta di distruzione del concetto di Patria e di nazionalità. Gli angloamericani aiutati poterono avanzare rapidamente fino a Cassino dove per mesi il fronte alleato si dovette fermare per la resistenza delle truppe nemiche. Intanto gruppi di soldati salivano in montagna disertando. I bandi di arruolamento della Repubblica di Salò vennero elusi e si formarono le prime brigate partigiane. La prima viene considerata la Pinain Cichero creata nell’entroterra orientale di Chiavari. Nel contiguo Oltrepo Pavese – in questo caso Vogherese – i primi partigiani erano sbandati che compivano azioni violente, a volte efferate. Erano l’Algerino, il Greco e altri che i partigiani veri, dell’Oltrepo, dovettero disarmare.

Cosa sanno i ragazzi di oggi di questa storia fondamentale? Poco o nulla. O ne sanno in modo distorto. La Resistenza – va ripetuto – non fu “rossa” cioè comunista, bensì animata e combattuta da brigate di differente colore politico fino ai “fazzoletti azzurri” di Enrico Martini, nome di battaglia “Mauri”. Fu pluralista. C’erano le brigate Garibaldi ma anche Matteotti, Verdi – cioè cattolici. Cattolici attivi specie nel Veneto ma anche in Liguria dove ben 9 sacerdoti furono fucilati o arsi vivi dai nazi-fascisti.

Don Barbareschi il prete partigiano che si schierò contro il fascismo

Questo pluralismo fu un connotato fondamentale della Resistenza, che sarà poi alla base dell’assemblea Costituente e della sua capacità di rappresentare l’intero Paese.

Altrettanto importante è far conoscere ai più giovani come nacque la Repubblica che il presidente Sergio Mattarella continua epicamente a impersonare in nome di tutti gli italiani. E come avvenne il passaggio dalla Monarchia. Il reggente Umberto di Savoia in un primo momento non avrebbe voluto accettare il voto democratico degli italiani che al Centro Nord avevano scelto la Repubblica, mentre al Sud erano rimasti fedeli alla Monarchia.

La renitenza di Umberto a partire da sconfitto per l’esilio a Cascais stava creando seri problemi di ordine pubblico nel senso che vi erano soprattutto al Sud monarchici delusi i quali non intendevano rassegnarsi ad accettare il verdetto delle urne. Fu De Gasperi che dovette recarsi al Quirinale per dire con fermezza al recalcitrante Umberto: «Maestà, lasciate immediatamente Roma e l’Italia». E così fu, sia pure al prezzo di alcuni disordini di piazza presto sedati. Anche se Alcide De Gasperi venne accusato stupidamente di essere stato un suddito dell’Impero Austro-ungarico. Quando questo esisteva ancora, fino quindi alla sua sconfitta del 1918. Soffrendo alla Biblioteca Vaticana un vero esilio politico nel ventennio fascista. In realtà De Gasperi mostrò sin da quei momenti drammatici la tempra di uomo di governo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.