
Ha incantato il Festival di Cannes, conquistato quattro premi Annecy ed è capace di parlare un linguaggio universale, incassando il plauso della critica in tutto il mondo. Il film di animazione del giovanissimo regista lettone, è realizzato con una grafica computerizzata in 3D che rinuncia ai fantasmagorici effetti speciali ai quali siamo abituati. Senza inutili fronzoli, gli animali si comportano come animali e comunicano con i loro versi caratteristici, mentre i momenti più intensi sono sottolineati da una bella colonna sonora, curata dallo stesso regista e dal compositore Rihards Zalupe
◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *
► In un mondo sconvolto da disastrose alluvioni, dove gli esseri umani sono scomparsi lasciando dietro di sé i resti delle loro effimere città, restano soltanto gli animali. Quelli marini prosperano, quelli terrestri fuggono davanti all’avanzare implacabile delle acque. Un gattino nero, un cane, un lemure e un capibara trovano rifugio su una barchetta alla deriva, e a loro si aggiunge un serpentario, un grande uccello bianco scacciato dai suoi simili. Insieme vanno alla ricerca delle poche terre emerse, e scoprono che possono raggiungere la salvezza soltanto se rinunciano ai loro egoismi e collaborano verso un obiettivo comune.
“Flow.Un mondo da salvare”, del regista lettone Gints Zilbalodis, è un film di animazione realizzato con una grafica computerizzata in 3D che rinuncia ai fantasmagorici effetti speciali ai quali siamo abituati. Il tratto è semplice e pulito, la vicenda si sviluppa in modo lineare e senza inutili fronzoli, e non ci sono dialoghi. Gli animali si comportano come animali e comunicano con i loro versi caratteristici, mentre i momenti più intensi sono sottolineati da una bella colonna sonora, curata dallo stesso regista e dal compositore Rihards Zalupe. Il risultato è un film coinvolgente, che affascina i bambini – io l’ho visto con i miei nipoti – ma può piacere anche agli adulti. A un certo punto mi sono reso conto di essere in apprensione per la sorte del gattino e dei suoi amici, e di sperare in un happy ending che non è affatto scontato, visto che il mondo da salvare cui si accenna nel sottotitolo è il nostro, minacciato dai cambiamenti climatici e dalle guerre.
Il film di Zilbalodis è in lizza per molti premi importanti. Ma il regista merita anche una tirata d’orecchie, perché non mi risulta che abbia riconosciuto il suo debito verso la scrittrice inglese Penelope Lively, che nel 1990 ha pubblicato “Il viaggio della QV66” un libro per bambini con la stessa identica trama, ma un finale diverso. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org