Era stato arrestato dalle SS il 30 novembre nella tipografica romana de “L’Italia Libera” che Leone dirigeva dalla clandestinità

Ha soltanto 35 anni. È un esempio per tutti i giovani che vogliono essere “i volontari della libertà” come sta scritto su “L’Italia Libera” di quei mesi terribili, che vogliono contribuire a dare un posto all’Italia nella guerra di liberazione. Un ruolo di co-belligeranti che soprattutto Winston Churchill ci negherà ostinatamente. Nonostante ciò, è passato nella storia di quel terribile 1943-1945 ed è il fondamento della nostra Costituzione alla quale dobbiamo rifarci anche in anni di smarrimento come questi che viviamo, se vogliamo continuare ad essere la Repubblica parlamentare dei suoi martiri antifascisti


Il ricordo di VITTORIO EMILIANI

LA MATTINA DEL 5 febbraio del 1944 si spegneva nel carcere di Regina Coeli stremato per le torture subite dalle SS l’antifascista Leone Ginzburg. Membro del Partito d’Azione, esponente di rilievo dell’antifascismo militante era stato sorpreso dai nazisti nella tipografia di via Basento a Roma il 30 novembre, là dove si stampava “L’Italia Libera” organo del Partito d’Azione al quale Leone, di origine russa (era nato ad Odessa il 4 aprile 1909), aveva aderito dopo la caduta di Mussolini il 25 luglio 1943. Leone sposato a Natalia Levi, scrittrice, ne aveva avuto già tre figli: Carlo, Andrea e Alessandra. 

Docente di letteratura russa era stato fra i fondatori della casa editrice Einaudi a Torino. Ma si era spostato a Roma per stamparvi e diffondervi l’organo di stampa del Partito d’Azione che aveva concorso a fondare, che dirigeva dalla clandestinità e che avrebbe dato un contributo, anche militare, importante nel Nord, a cominciare dal Piemonte. Assai prima del Pci e delle Brigate Garibaldi con le quali doveva più tardi avere seri contrasti, specie nella VI Zona, nel basso Piemonte. 

Da sinistra: Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Franco Antonicell e Augusto Frassinelli, 1932

Leone era stato già arrestato una prima volta nel 1934 quale esponente di Giustizia e Libertà per essere quindi inviato al confino di polizia. Sorpreso dunque dopo l’8 settembre 1943 dalle SS nella tipografia di via Basento viene subito sottoposto a continue torture. Cercano di farlo parlare, vorrebbero che facesse nomi, rivelasse relazioni. Ma Leone non parla. Lo incontra Sandro Pertini anche lui catturato, al quale dice sereno: “Guai se domani nella nostra condanna investiremo tutto il popolo tedesco”

Le torture durano giorni, settimane, mesi. Leone è ormai allo stremo, col volto sfigurato, tumefatto per le percosse e altre violenze. Finché si spegne a Regina Coeli la mattina del 5 febbraio 1944. Ha soltanto 35 anni. È uno dei primi martiri della Resistenza, un esempio per tutti i giovani che vogliono essere “i volontari della libertà” come sta scritto su “L’Italia Libera” di quei mesi terribili, che vogliono contribuire a dare un posto all’Italia nella guerra di liberazione, dal Piemonte alla Lombardia, all’Emilia-Romagna, al Triveneto. Un ruolo di co-belligeranti che soprattutto Winston Churchill ci negherà ostinatamente, ma che, nonostante ciò, è passato nella storia di quel terribile 1943-1945 e che comunque è il fondamento della nostra Costituzione alla quale dobbiamo rifarci anche in anni di smarrimento come questi che viviamo se vogliamo continuare ad essere la Repubblica parlamentare dei suoi martiri antifascisti. Come l’indimenticabile Leone Ginzburg© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.