Per danneggiamento e violenza privata, trentanove manifestanti hanno ricevuto un avviso di garanzia all’inizio di marzo. Sono “antagonisti” (come si usa dire oggi) che, qualche mese fa, manifestavano mentre erano in corso interventi pubblici per realizzare una “Cittadella dello sport”, a parole un luogo di educazione ambientale. Ma le ragioni della Natura quali sono? Il Parco del Meisino è una delle poche aree naturalisticamente intatte nel Comune di Torino. Ecco particolari e retroscena di una vicenda emblematica anche sui destini del dissenso nel nostro Paese
◆ L’articolo di FABIO BALOCCO
► All’inizio di questo mese di marzo, a Torino, trentanove persone hanno ricevuto un avviso di garanzia per i reati di danneggiamento e violenza privata, reati asseritamente commessi in concorso e durante lavori svolti su commissione del Comune, nel periodo corrente da settembre a dicembre 2024. il tutto avvenuto nell’area del Parco del Meisino, mentre erano in corso interventi volti alla realizzazione del “Centro per l’educazione sportiva e ambientale nel Parco del Meisino”, detto anche “Cittadella dello sport”. Come si può immaginare per chi conosca anche solo superficialmente la vicenda, gli indagati sono degli “antagonisti” (come si usa dire oggi) che da mesi si oppongono allo sfregio che verrà apportato ad una delle residue aree naturalisticamente intatte del Comune di Torino. E, in concreto, gli atti vandalici si sono concretizzati in occupazione dell’area, taglio di recinzioni e un calcio ad un’automobile.
Il fatto, seppure in piccolo, ricorda molto la vicenda delle lotte No Tav contro il treno veloce Torino-Lione. In ambedue i casi, infatti, chi si oppone lo fa per la difesa dei beni comuni, leggasi integrità del territorio e salute dei cittadini. In ambedue i casi chi aggredisce il territorio lo fa da progressista: là il Pd è sempre stato favorevole, qui è l’autore unico dell’intervento. In ambedue i casi le decisioni sono state calate dall’alto, senza alcuna consultazione democratica. Ma questo è solo un aspetto della vicenda del Meisino, ve ne sono altri e altrettanto preoccupanti. Quello più macroscopico è il clima che si va instaurando nel nostro paese di contrasto delle contestazioni e del dissenso che emerge anche nel contenuto nel DDL 1236 sulla sicurezza (attualmente in discussione in Parlamento), sicurezza che poi è più che altro quella dello Stato, ai vari livelli istituzionali, di fare ciò che vuole anche a danno della cittadinanza.
Ma su questo punto voglio dire di più. L’area interessata ai lavori era frequentata dalla cittadinanza, a piedi o in bicicletta, attirata dalla quiete e dalla possibilità di osservare specie animali e vegetali, e molti erano i birdwatchers. Non è un caso che contro il progetto si siano raccolte più di undici mila firme. Il farne una cittadella dello sport non può non essere visto anche come un mezzo di controllo della popolazione, oltre che di sostanziale privatizzazione dell’area. Secondo punto. L’assenso dato (seppur con modifiche) da chi è deputato a tutelare la Natura, e cioè l’Ente parco. E qui si potrebbe aprire un altro capitolo su come vengono gestite ai vari livelli le aree protette, in cui è sempre più presente la mano pubblica e sempre meno i naturalisti. Terzo punto. I soldi per costruire la cittadella provengono dal Pnrr e una delle missioni del Piano è «la rivoluzione verde e la transizione ecologica»: come si possa ritenere compatibile con tale finalità un progetto di “valorizzazione” della Natura spontanea non è dato sapere. Ma anche qui si potrebbe aprire un altro dolente capitolo su come i soldi europei siano utilizzati non già per tutelare la Natura bensì per modificarla. Senza che l’Europa controlli, beninteso.
Quarto e ultimo punto, non meno preoccupante, e cioè il sostanziale disinteresse della giunta comunale precedente nei confronti del verde e della sua corretta gestione (al riguardo occorre ricordare anche la vicenda del Prinz Eugen). Se la Giunta Appendino si fosse attivata per fare una cosa semplice, semplice e con costi irrisori, come quella di far comprendere a tutta la cittadinanza l’importanza naturalistica dell’area del Meisino, ad esempio con un percorso didattico. E invece no, durante il quinquennio grillino, si vedevano solo reti da cantiere per evitare l’accesso, e per un certo periodo le mucche a pascolare. Se invece, ripeto, si fosse avviato un vero processo di educazione ambientale, ben difficilmente la giunta piddina sarebbe riuscita nell’intento di azzerare il lavoro della giunta precedente. E ora siamo lì, con le motoseghe in funzione, i mezzi operativi che calpestano l’area e un ricorso al giudice civile volto a verificare la congruità dell’operato della mano pubblica con la tutela della Natura. E intanto sono arrivati gli avvisi di garanzia, e altri ne arriveranno perché la lotta non si è fermata a dicembre e continua tuttora. © RIPRODUZIONE RISERVATA