Dell’acqua ci occupiamo meno che della terra. A meno che non ci manchi o ci entri in casa, sotto costa o lungo i fiumi cementificati. Dopo lo scandalo delle concessioni delle acque minerali a prezzi irrisori (250 volte meno del prezzo medio pagato dai cittadini per una bottiglia), ecco lo scempio dei cosiddetti “porticcioli”. Il primato in Liguria per numero di posti barca e numero di porti: uno ogni due comuni rivieraschi, fra turistici e commerciali. Un record da fare invidia alla Costa Azzurra. La vicenda esemplare di un porto abusivo e di 155 milioni sulle spalle dei liguri compie venticinque anni


L’analisi di FABIO BALOCCO

L’acqua marina e gli animali che la abitano sono meno importanti ai nostri occhi di quelli terrestri; il mare si può tranquillamente infettare con le nostre plastiche e soprattutto microplastiche; fino a non molto tempo fa in mare si potevano scaricare direttamente anche le nostre feci; è pare essere un’ideona piazzare i parchi eolici in mare, tanto non disturbano. Per l’acqua dolce, poi, è come se non avesse un valore, la sprechiamo o ce la facciamo derubare

¶¶¶ Se ci pensate, per tutto ciò che è legato all’acqua c’è molta meno attenzione che per ciò che è legato alla terra. L’acqua marina e gli animali che la abitano sono meno importanti ai nostri occhi di quelli terrestri; il mare si può tranquillamente infettare con le nostre plastiche e soprattutto microplastiche; fino a non molto tempo fa in mare si potevano scaricare anche le nostre feci; è un’ideona piazzare i parchi eolici in mare, così non disturbano. L’acqua dolce è come se non avesse un valore. La mano pubblica dà concessioni che prevedono canoni irrisori per l’emungimento dell’acqua minerale (circa 1 millesimo di euro al litro, 250 volte meno del prezzo medio che i cittadini pagano per una bottiglia) [nota 1]; gli acquedotti sono dei colabrodo ma non ci si opera per tappare le falle (nel 2015 si stimava che il 41,4% dell’acqua andasse perso) [nota 2]; l’acqua al contribuente non costa pressoché nulla e questo ne incentiva un uso tutt’altro che parsimonioso. Per non parlare dell’acqua per i campi di granoturco che servono ad alimentare gli inquinanti allevamenti intensivi; per non parlare delle sottrazioni di acqua a scopi idroelettrici che distruggono gli ecosistemi fluviali; per non parlare delle enormi quantità di acqua destinata a fini ludici (neve programmata). Eppure l’acqua sarà sempre più importante, nel bene e nel male: quella marina perché eroderà ancor più le nostre coste e sommergerà anche intere città; l’acqua dolce perché mancherà sempre di più. 

Parliamo di mare. Nei porti turistici − impropriamente definiti “porticcioli” − è palpabile il completo disinteresse per i beni comuni, nel caso il lido del mare ed il mare stesso. Beni comuni sacrificati sull’altare di una economia di rapina che favorisce esclusivamente un ceto benestante (l’imbarcazione da diporto non è propriamente un bene popolare…). Se ci pensiamo bene, fino a metà degli anni Novanta lungo le coste della nostra penisola c’erano certo porti turistici, ma in numero limitato. L’escalation la dobbiamo a un ministro del primo governo Prodi. Claudio Burlando affermò espressamente che in Italia la nautica doveva espandersi e, di conseguenza, varò una norma ad hoc (Dpr 509/1997). Poco importa che realizzare un porto turistico significhi privatizzare un tratto di costa e di mare; poco importa che la sua realizzazione vada a braccetto con una colata di cemento sulla costa antistante il porto; poco importa che determini un sensibile aumento dell’inquinamento marino; poco importa che i fruitori – come ricordavo sopra – siano una ristretta minoranza di italiani. Del resto, era un governo “di sinistra”. Lo stesso in cui l’altro ministro Bersani accelerò la privatizzazione dei servizi pubblici e del commercio… 

L’accelerazione degli iter autorizzativi avvenne immediatamente e i risultati sono sotto gli occhi degli abitanti di tutte le nostre regioni. In particolare dei liguri. Infatti, la Liguria detiene il primato del numero dei posti barca e del numero dei porti: uno ogni due comuni rivieraschi, fra porti turistici e commerciali. Un primato da fare invidia alla contigua Costa Azzurra. Ma non tutte le ciambelle escono col buco, non tutti i porti hanno vita facile. E qui veniamo al caso singolo ed esemplare. Ospedaletti è comune con un magnifico microclima; attirava turisti da tutta Europa, aveva una altrettanto magnifica baia, con una delle più profonde spiagge del ponente ligure. Perché “aveva”? Beh, nel 1996 la giunta comunale sente l’irrefrenabile impulso di farsi invadere buona parte della baia con un nuovo porto turistico: notare bene, a ovest c’è già quello di Bordighera, a est quello di Portosole (Sanremo), uno dei più grandi del Mediterraneo. 

Cosa ci sta dietro questa febbre di posti barca e di alterazione perenne della baia? Forse il fatto che il progetto Baia Verde (questo il nome dell’operazione immobiliare) prevedeva, oltre che la costruzione del porto, la realizzazione di ben tre complessi immobiliari di tre piani e mezzo fuori terra per una volumetria di 102.000 metri cubi, più due alberghi di quattro piani fuori terra? Chissà, non lo sapremo mai. Il sindaco incaricherà dei lavori con affidamento diretto (si badi bene…) all’impresa Fin.Im che poserà la prima pietra sotto la benedizione, nel 1997, del ministro Alessandro Bianchi, comunista nel secondo governo, sempre di Prodi. Inizierà i lavori, ma non li porterà mai a termine. E oggi il lato ovest della baia è occupato da un ecomostro rappresentato da una barriera di cemento e massi perfettamente inutile: la Fin.Im è fallita. 

La storia è però molto più complicata di così, ed è una storia tutta giudiziaria: su due fronti. Uno è quello amministrativo, l’altro quello civile. Fronte amministrativo. Un condominio di Ospedaletti sente che la vicenda del porto puzza come un pesce andato a male e impugna tutti gli atti della procedura autorizzativa. Risultato: dopo una estenuante battaglia, il Consiglio di Stato nel 2012 gli dà ragione e dichiara illegittimi pressoché tutti gli atti della procedura. Evidenzia, ad esempio, «l’assoluta mancanza di motivazioni sostanziali e l’irragionevolezza…; e la sproporzione delle volumetrie turistico-ricettive programmate danno la netta sensazione che la ragione di tali scelte sia dipesa dall’intento di natura immobiliare dell’intera operazione»; e aggiunge: «l’indubbia forte volontà politica di tutte delle amministrazioni interessate di dare un seguito concreto ai piani della Fin.im appare la causa diretta delle notevoli e manifeste illegittimità procedimentali». Quindi, oggi, se il comune vuole proprio proseguire con i lavori, deve rifare tutto l’iter procedimentale. 

Sul fronte civile, ad aprile terminerà il processo intentato dal fallimento della Fin.Im contro Regione e Comune: a venticinque anni dall’avvio della vicenda, l’impresa, tramite il curatore, chiede che le venga riconosciuto il lavoro fatto. Stima: 150 milioni di euro. Il Comune ha tentato di chiudere invano alla già ragguardevole cifra di 37. Comunque vada a finire sarà un bagno di sangue per le finanze cittadine, che si ritroveranno con molte meno risorse finanziarie e la baia scempiata. A tanto porta il disprezzo (sopra parlavo di disinteresse? mi sbagliavo, scusate) per i beni che sono di noi tutti, di noi cittadini.  Per chi voglia saperne di più, l’intera vicenda è riassunta bene anche in un articolo dell’amico Marco Preve [nota 3]. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Foto: sotto il titolo e in alto, lavori per la costruzione del porto di Ospedaletti; in basso, complesso abitativo di Baia Verde

Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.