Cuccioli di lupo appenninico

Orsi marsicani, lupi appenninici e tante altre specie endemiche vivono nel parco regionale del Sirente-Velino. È un fondamentale corridoio ecologico fra Parco d’Abruzzo, Parco del Gran Sasso-Laga e Appennino reatino. Si predica la salvaguardia del suo ecosistema ma dal 1998 si vuole “riperimetrare” il suo confine, in un bailamme infinito di cariche “provvisorie” di presidenti. Gli obiettivi della provvisorietà? Costruzione di impianti di risalita sciistica, campi da golf, fino al progetto del 2019 di realizzazione di un metanodotto, che dovrebbe attraversare mezzo parco regionale


L’analisi di GIORGIO BOSCAGLI, Società Italiana per la Storia della Fauna

Cuccioli di orso marsicano

ERA LA MIA PRIMA esperienza alla direzione di un parco: il Sirente-Velino. Regionale, ma più grande del nazionale Parco d’Abruzzo col quale – almeno a dire dei lupi appenninici e degli orsi marsicani – era (ed è) un tutt’uno ecosistemico. Lì mi ero fatto le ossa come biologo-faunista del Centro studi ecologici appenninici e ispettore di sorveglianza fino al settembre 1994. La Giunta regionale abruzzese dell’epoca presentava il Sirente-Velino come il proprio fiore all’occhiello. Tangibile testimonianza dell’impegno che tuonava voler devolvere a favore della conservazione della natura, nuovo vento culturale che rinfrescava il Paese.  Era stato istituito (sulla carta) nel 1989; io ne assunsi la direzione nel 1995. Nel frattempo aveva sonnecchiato, del tutto privo di personale. Esisteva un Consiglio di amministrazione di apprezzabile spessore, ma nella sostanziale impossibilità di spendere i pochi fondi di dotazione.

Quando mi insediai proposi subito come logo identificativo dell’ente una impronta d’orso: mi dissero che ero matto perché, a giudizio di “sapienti” amministratori locali presenti nell’organo di amministrazione, lì l’orso non s’era mai visto. Feci valere le mie competenze di faunista-orsologo, acquisite nei vent’anni precedenti al Parco d’Abruzzo (l’ultimo orso lo avevo catturato e incollarato solo un anno prima) e in qualche modo si riuscì a far digerire al Consiglio – molto ob torto collo – il logo  impronta, che disegnai personalmente. Il ministro Ronchi ci fece i complimenti per la “riconoscibilità” di quel logo. Conclusi il mio incarico di direttore nel 2000. Ero miracolosamente riuscito ad assumere quattro o cinque figure professionali. Ce ne sarebbero volute (e ancora ce ne vorrebbero) una cinquantina, guardie comprese. Ma… campa cavallo…

Oggi l’impronta, nel nuovo stemma rielaborato precipitosamente dopo il mio defenestramento, è stata relegata in un angolino (tanto per essere sicuri che non si veda troppo). Mi “giocai” la direzione del Parco opponendomi recisamente alla realizzazione, con fondi europei, di un mega-parcheggio (per carità, dicevano… di interesse pubblico!) al servizio degli impianti di risalita di Campo Felice (titolare, un privato!); da realizzare all’interno del Parco sopra un inghiottitoio carsico! Nel 1998 mi opposi pure alla prima, elettoralistica ipotesi di riperimetrazione dei confini (ovviamente a restringere!) nella valle Subequana dietro spinta di una parte del mondo venatorio locale. Avevo tutti contro: Presidente della giunta regionale, assessore ai Parchi e mezzo Consiglio direttivo del Parco. Nonostante la puerile rincorsa al consenso elettorale perseguita affettando il Parco, la Giunta (centro-sinistra) perse le elezioni. Amen. 

Al Parco i Presidenti succedono ai Commissari che succedono a Presidenti Facenti Funzione che succedono ad altri Commissari [nota1]. Un bailamme infinito di avvicendamenti “provvisori”. Ma sempre “coerenti” con le sfumature colorimetriche dei Presidenti (policromi… nel tempo) della giunta regionale. I direttori che si sono succeduti dal 2000 hanno… fatto voto di silenzio. Nel 2000, con la legge regionale 23/2000, vengono modificati i criteri di incarico per il direttore, così da evitare rotture di scatole se capitasse di nuovo un direttore troppo fastidioso. E viene messa a segno una prima mazzata (riperimetrazione) ai confini del Parco. Comincia il gioco della fisarmonica.

Cosa è successo poi? Nel 2005 si vagheggia di un campo da golf nel cuore del Parco (Altipiano delle Rocche), a due passi da dove era stato fotografato l’orso marsicano. Nello stesso anno parte, grazie al frenetico impegno di “sapienti” amministratori locali (sempre gli stessi), la brillante idea di uno “stadio del fondo” sui bellissimi e (fino ad allora) incontaminati Piani di Pezza. Nel 2009 si programma un carosello di impianti di risalita tale da raccordare quelli dell’Altopiano delle Rocche e Ovindoli con quelli di Campo Felice (del privato di cui sopra). Il recente terremoto forniva una utilissima foglia di fico. Il progetto va avanti con l’accordo (imperdonabile!) del parco regionale [nota 2]. Il cambiamento climatico è una frottola inventata dagli ambientalisti. Nel 2011, con la legge regionale 42/2011, si provvede a una nuova riperimetrazione. Qualche voto lo si rimedia anche così.

Alba fucens, città romana del IV secolo a.C. al tramonto nell’area del parco regionale

La fisarmonica continua a suonare. Nel 2012 inaugura in pompa magna (in pieno parco) la galleria stradale di collegamento fra Lucoli/Campo Felice e l’Altopiano delle Rocche [nota 3]. Un attentato. Nonostante comitati di opposizione e lettere aperte alla stampa. Vero e proprio sputo sulla continuità ecologica del corridoio di cui sopra. Attentato che nel 2020 sarà vieppiù aggravato da ancora peggiori intenzioni [nota 4]. Nel 2013 nuova proposta di riperimetrazione sempre più ammantata da foglie di fico [nota 5]. L’ipotesi di tagliuzzamento prevede però una serie di “cunei” territoriali per mantenere all’interno del parco i centri abitati. Inutile dire che la furberia era pianificata per emungere contributi destinati alle aree protette! Brillantissimi e sensibili Consiglieri regionali propongono, sui territori da estorcere al Parco, progetti immobiliari e zone di caccia [nota 6]. Nel 2019 viene sancito un altro disastro ambientale «…grazie alla ampia discrezionalità dell’Autorità competente…»: la realizzazione di un metanodotto che partendo da Sulmona – ma in realtà da molto più lontano – dovrà attraversare in quota mezzo parco regionale [nota 7].

Gli orsi marsicani, i lupi appenninici, camosci d’Abruzzo, cervi, caprioli, grifoni e aquile reali continuano a frequentare il Sirente-Velino. Sempre più spesso e sempre di più. Quel Parco si configura come il fondamentale corridoio ecologico fra Parco d’Abruzzo, Parco del Gran Sasso-Laga e Appennino reatino. Nel frattempo gli orsi rischiano la vita [nota 8] attraversando l’autostrada A25 (che, ironia della sorte, si chiama “Strada dei Parchi”). Non sarebbe ragionevole e funzionale che la Regione Abruzzo, in coerenza con l’impegno assunto sottoscrivendo il Patom (Piano d’azione tutela orso marsicano), realizzasse un ampliamento del Sirente-Velino fino a raccordarlo territorialmente col Parco nazionale d’Abruzzo? Sarebbe una scelta d’onore a concreta dimostrazione che il Patom non è carta straccia. Ma un proverbio abruzzese dice che «ll’ chiacchier se ll’port lu vent», le chiacchiere se le porta il vento. Sarà forse così anche per i protocolli d’intesa? Un virtuoso – seppure faticosissimo – percorso lo sta intraprendendo pure la adiacente Regione Lazio [nota 9].

Castel di Ieri nel Parco regionale Sirente-Velino

E invece… Siamo al 2020 e la nuova Giunta regionale (centro-destra), fedele al principio che il Parco regionale è né più né meno che una fisarmonica al servizio dei pruriti elettorali, lancia l’ennesima sfida alla ragionevolezza e ai principi di conservazione, in primis dell’orso marsicano. Nuovo progetto di riperimetrazione! Per fortuna parte, grazie ad alcune associazioni ambientaliste, anche una indignata e partecipatissima risposta popolare [nota 10]. Siamo fermi e s’ode in lontananza un tintinnar di spade.

Arriviamo al 2021 chiedendoci: ma la missione istituzionale del Parco regionale Sirente-Velino si può sintetizzare con il concetto di conservazione della natura o con quello di riperimetrazione??? [nota 10; nota 11]. Il Consiglio regionale, in omaggio e concomitanza ai principi di conservazione che vengono tanto sbandierati nel decantato Next generation eu (Ngeu), ha deciso che neppure vale la pena di discutere gli emendamenti avversi allo sminuzzamento [nota 12]. Temiamo che la fisarmonica continui a suonare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Laureato in Scienze Biologiche alla Sapienza di Roma nel 1978, da sempre si occupa di studi e ricerche su comportamento, ecologia, problemi di gestione e conservazione mammiferi carnivori: lupo degli appennini e orso bruno marsicano. Ha elaborato e applicato al territorio italiano il wolf-howling, per la stima delle popolazioni di lupi. Nella vasta pubblicistica ha contribuito alla realizzazione di film, documentari, e monografie; tra queste “Nidi e Tane” per Longanesi, “Il Lupo”, per Lorenzini, “L’Orso”, sempre per Lorenzini e numerose altre pubblicazioni. È stato, fra l’altro, ispettore di sorveglianza al Parco nazionale d’Abruzzo, direttore del Parco regionale Sirente-Verino, poi del Parco nazionale Foreste Casentinesi. Si occupa, inoltre, di Formazione professionale nel monitoraggio faunistico di campo, nonché di organizzazione e gestione strutture e personale di sorveglianza su ambienti naturali.