Il Paese dei roghi e delle discariche abusive continua a far danni all’ambiente e alla salute. Le indagini sui reati ambientali sono limitate a quelli più facilmente accertabili (incendi e discariche) mentre calano vistosamente quando si tratta di indagini complesse per delitti più gravi come il disastro e l’inquinamento ambientale. Esse richiedono preparazione tecnica e specializzata nonché l’ausilio di strutture tecniche di controllo. Che mancano. L’Italia oggi è sommersa dai rifiuti e vi sono più di duecento impianti inquinanti (non solo Ilva e simili) che causano danni rilevanti ad ambiente e salute. Il quadro della situazione sulla base dei dati proveniente dalle Procure della Repubblica analizzato dall’ex magistrato Gianfranco Amendola
◆ L’analisi di GIANFRANCO AMENDOLA
► Questo è il paese delle discariche abusive e della combustione illecita di rifiuti. Lo si deduce guardando le statistiche da poco diffuse dal Ministero della giustizia per i reati ambientali che, tuttavia, non riguardano tutti i reati ambientali ma solo i delitti contro l’ambiente (oggi inseriti nel codice penale) e le più rilevanti contravvenzioni previste dal Testo Unico Ambientale (“Tua”, Decreto legislativo n. 152 del 2006) nel settore dei rifiuti. Quindi, da queste statistiche restano esclusi tutti gli altri reati previsti dal “Tua” (soprattutto per inquinamento atmosferico e idrico) nonché l’inquinamento acustico.
Fatta questa doverosa precisazione, da esse risulta che nel 2023 e fino al giugno 2024 in Italia le Procure della Repubblica hanno iscritto per il reato di discarica abusiva 542 procedimenti a carico di persone identificate e 198 a carico di ignoti per un totale di 962 persone indagate, di cui, tuttavia, solo 629 sono poi diventate imputate, cui si aggiungono 150 persone imputate per il delitto di omessa bonifica. Mentre per la combustione illecita di rifiuti (la “terra dei fuochi”) risultano registrati 601 procedimenti a carico di ignoti e 545 contro noti per un totale di 565 imputati. Al terzo posto si colloca il delitto di traffico illecito di rifiuti con 212 procedimenti iscritti (30 contro ignoti) e ben 1204 indagati che però si riducono a 459 imputati, in quanto per 662 indagati c’è stata richiesta di archiviazione.
Quanto ai due principali delitti ambientali a tutela della salute e dell’ambiente, si deve rilevare che l’ipotesi più grave (reclusione da 5 a 15 anni) di disastro ambientale (art. 452-quater c.p.) risulta oggetto di 32 procedimenti contro noti e di 21 contro ignoti per un totale di 93 indagati e 66 imputati, con solo 7 procedimenti che sono andati avanti mentre per 26 è stata richiesta archiviazione. Ed è appena il caso di ricordare che questo delitto riguarda fatti gravissimi, quali l’alterazione irreversibile o particolarmente onerosa dell’equilibrio di un ecosistema ovvero l’offesa della pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero di persone offese o esposte a pericolo.
L’altra ipotesi, quella di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.) riguarda fatti meno gravi in quanto punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, ovvero di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Essa, dalle statistiche in esame, risulta oggetto di iscrizione nelle Procure (nel 2023 e fino a giugno 2024) in 233 procedimenti contro noti e 250 contro ignoti, 581 persone indagate e 304 imputate, con 75 procedimenti sfociati nell’esercizio dell’azione penale.
Diciamo subito che, in realtà, queste statistiche sono la migliore dimostrazione che nel nostro Paese le indagini sui reati ambientali sono limitate a quelli più facilmente accertabili (incendi e discariche) mentre calano vistosamente quando si tratta di indagini complesse che, come i due delitti citati, richiedono preparazione tecnica e specializzata nonché l’ausilio di strutture tecniche di controllo.
Eppure sappiamo tutti che l’Italia oggi è sommersa dai rifiuti e che, comunque, vi sono ben più di duecento impianti inquinanti (non solo Ilva e simili) che cagionano danni rilevanti ad ambiente e salute, per i quali dovrebbero, quindi, scattare controlli adeguati ed approfonditi per verificare la sussistenza del delitto di inquinamento ambientale. Tanto più che per questo reato (ove l’inquinamento deve essere significativo e chiaramente percepibile) si contano, come abbiamo visto, ben 250 procedimenti contro ignoti, e cioè senza identificazione dei responsabili. © RIPRODUZIONE RISERVATA