
L’ex monopolista statale registra oggi oltre l’85% di produzione energetica green, punta a zero emissioni entro il 2035 e ha recentemente acquisito due centrali idroelettriche in Spagna, confermando un orientamento industriale virtuoso e in linea con gli obiettivi europei e globali di decarbonizzazione. Ma allora perché, in Sicilia, l’azienda guidata da Flavio Cattaneo va in direzione opposta e contraria? A Porto Empedocle insiste nella costruzione di un rigassificatore che appartiene al passato, è osteggiato e contrasta con i piani strategici delle comunità locali
◆ L’intervento di ALESSIO LATTUCA, presidente Movimento per la sostenibilità
► Transizione sì, ma con coerenza: Enel tra crescita green e scelte contraddittorie. Le recenti dichiarazioni dell’amministratore delegato di Enel, Flavio Cattaneo, circa la “migliore crescita di sempre” della società grazie all’espansione nella produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili, sono certamente meritevoli di attenzione. Enel registra oggi oltre l’85% di produzione energetica green, punta a zero emissioni entro il 2035 e ha recentemente acquisito due centrali idroelettriche in Spagna, confermando un orientamento industriale virtuoso e in linea con gli obiettivi europei e globali di decarbonizzazione. Tuttavia, tale narrazione positiva si incrina quando si esaminano le scelte che Enel continua a perseguire in alcuni territori, in totale dissonanza con il modello di sviluppo sostenibile che essa stessa promuove.
È il caso di Agrigento, Porto Empedocle e dei comuni vicini – Aragona, Favara, Comitini, Raffadali – che, nel quadro del Piano Strategico di Area Vasta adottato, hanno già tracciato una visione chiara e condivisa: un futuro fondato sulla sostenibilità ambientale, sulla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale e sulla rigenerazione del territorio. In tale contesto, appare antitetica e anacronistica l’insistenza di Enel nel voler realizzare un rigassificatore in un’area fragile e contraria a tale tipo di infrastruttura. Un impianto di rigassificazione – che presuppone il trattamento di gas fossile liquefatto – non solo rappresenta un rischio per la salute e la sicurezza delle comunità locali, ma mina alle fondamenta quel percorso virtuoso di sviluppo sostenibile tanto sbandierato dalla stessa Enel.
Questa contraddizione evidenzia un nodo cruciale: la sostenibilità non può essere solo ambientale o economica, ma deve essere anche sociale e territoriale. Una grande azienda come Enel, se davvero vuole porsi come leader nella transizione ecologica, ha il dovere di operare in coerenza con i territori, ascoltando le comunità, rispettando i piani strategici locali e abbandonando progetti che appartengono al passato. La transizione energetica non è solo una sfida tecnologica. È una scelta etica e politica, fondata sulla trasparenza, sul dialogo e sul rispetto reciproco. È tempo che Enel dimostri fino in fondo la propria serietà e responsabilità, non solo nei bilanci, ma soprattutto nei territori dove opera. © RIPRODUZIONE RISERVATA