Secondo il “Global Gender Gap Index”, introdotto diciannove anni fa dal Forum economico mondiale, i pilastri sui quali si misura la parità di genere sono: partecipazione ed opportunità economiche, accesso all’istruzione, salute e sopravvivenza, empowerment politico. A detenere il primato nel 2024 è l’Islanda che ha raggiunto il 93,7% della parità di genere, a cui seguono Finlandia, Norvegia, Svezia. Tra le top ten c’è la Namibia nell’Africa subsahariana che si stabilisce all’8° posto, con un indice di parità dell’’80,5%. L’Italia è all’87° posto, con un indice del 70,3%, in netta caduta libera rispetto al 79° posto dell’anno precedente. Da noi le difficoltà delle donne sono notevoli persino nel mondo della cultura e dell’arte: su un campione di 1700 trasmissioni televisive, la presenza delle donne nei programmi culturali si attesta al 32,4% e nei telegiornali al 37%
◆ L’analisi di ANNALISA ADAMO
► «Che niente ci limiti, che niente ci definisca, che niente ci reprima, che la libertà sia la nostra essenza», diceva Simone de Beauvoir, sintetizzando l’aspirazione femminile ad affrancarsi dallo status di minore essendo Altro dall’uomo. Da allora, di tempo ne è passato ma l’attualità ci consiglia di non mollare la battaglia, visto che il Global Gender Gap Index, introdotto al Forum economico mondiale dal 2006, ha fornito come ogni anno una stima dell’ampiezza del divario di genere in tutto il mondo. Nel 2024 l’indice realizzato dal World Economic Forum ha esaminato 146 economie, evidenziando i risultati e le sfide ancora da affrontare nella lotta alla riduzione del divario di genere. Partecipazione ed opportunità economiche, accesso all’istruzione, salute e sopravvivenza, nonché empowerment politico costituiscono i quattro pilastri sui quali si misura la parità di genere.
A fronte di un progresso globale nell’ordine dello 0,1%, visto che nel 2024 il 68,5% del divario è stato colmato, ma con la presa d’atto che di questo passo ci vorranno ancora 134 anni per arrivare alla piena parità. A detenere il primo posto è l’Islanda che ha raggiunto il 93,7%, a cui seguono Finlandia, Norvegia, Svezia. Sorprende positivamente il posizionamento tra le top ten della Namibia nell’Africa subsahariana che si stabilisce all’8° posto, con un indice di parità del 80,5%, un dato particolarmente importante se letto in relazione ad altri come, ad esempio, il posizionamento dell’Italia all’87° posto con un indice del 70,3%, in netta evidente caduta libera rispetto al 79° posto dell’anno precedente.
In Namibia la società è fortemente matriarcale tanto da favorire il superamento del divario di genere ancora esistente, mentre in paesi come l’Italia la cultura patriarcale rimane un elemento antropologicamente ostativo che porta al sovente riacutizzarsi dei conflitti legati al genere a livello sociale e politico. Il ministero della Cultura italiano, ad esempio, ha fornito i dati relativi al divario di genere nel settore delle arti per il 2024, mettendo in luce che i numeri delle donne nel mondo della cultura restano ancora molto deludenti. Su un campione di 1700 trasmissioni televisive, la presenza delle donne nei programmi culturali si attesta al 32,4% e nei telegiornali d’informazione al 37%. Nell’intrattenimento la percentuale sale di poco, precisamente al 40,2% ma resta di gran lunga al di sotto della parità. Le donne che producono musica, ad esempio, è pari al 3% del totale mentre nel mondo autoriale di musica e testi le donne sono il 10%.
Le notevoli difficoltà delle donne nel farsi strada, persino nel mondo della cultura e dell’arte, dimostrano quanto lavoro ci sia ancora da fare perché se è vero che l’adozione di politiche economiche per promuovere l’uguaglianza di genere è complessivamente aumentata, tra i territori ci sono ancora forti differenze non solo nell’adozione, ma anche nello stanziamento di risorse e nell’attuazione. Il raggiungimento della parità di genere richiede che le forze di governo, le istituzioni, le imprese dirigano sia le risorse che le mentalità, con netta decisione, verso un nuovo modello economico, in cui la parità di genere sia accolta come condizione per una crescita equa e sostenibile.
Il progresso sociale non si misura al netto delle differenze che ancora esistono e per le quali ognuno, nelle rispettive posizioni, dovrebbe operare per la loro definitiva eliminazione. Ogni arretramento e forma di disimpegno nelle politiche pubbliche in questo campo è un boomerang per la democrazia, la cui solidità dipende fortemente dal modo in cui si trattano le diversità, soprattutto la diversità di genere tenuto conto che escludere le donne dal mercato del lavoro significa togliere loro l’indipendenza e la libertà. © RIPRODUZIONE RISERVATA