Nella pellicola “Dalla Russia con Amore”, uscito nel 1963, la posizione finale sulla scacchiera riproduce quella di una fantastica partita giocata a Leningrado nel 1960 tra Boris Spassky e David Bronstein, con l’unica differenza che nel film mancano due pedoni centrali del bianco. Ma per chi ama gli scacchi questo non cambia la sostanza: in quella partita Spassky dimostrò tutte le doti che nel 1969 lo avrebbe portato al titolo di campione del mondo, e tre anni dopo al match del secolo di Reykjavík contro lo sfidante americano Bobby Fischer, che dette agli scacchi una visibilità mai avuta né prima né dopo. Spassky perse la sfida contro uno squilibrato monomaniaco e bizzoso, che subito dopo averlo sconfitto smise di giocare e si ritirò in un mondo tutto suo, alimentato da deliri complottistici e antisemiti. E difese Fischer quando fu arrestato dagli Stati Uniti scrivendo una lettera in suo favore al Presidente Bush. Gli scacchi non erano ancora intrisi di denaro facile e pochi di potere
◆ L’articolo di BATTISTA GARDONCINI *

► “Dalla Russia con Amore”, uscito nel 1963, è il secondo film della saga di 007. In una celebre scena uno degli avversari di James Bond, il campione di scacchi sovietico Kronsteen, sconfigge con una brillante sequenza di mosse l’avversario. La posizione finale sulla scacchiera riproduce quella di una fantastica partita giocata a Leningrado nel 1960 tra Boris Spassky e David Bronstein, con l’unica differenza che nel film mancano due pedoni centrali del bianco. A voler essere pignoli, nel doppiaggio italiano del film c’è una seconda imprecisione non presente nell’originale inglese, perché le mosse dei due avversari vengono annunciate in modo sbagliato. Ma per chi ama gli scacchi questo non cambia la sostanza: in quella partita Spassky dimostrò tutte le doti che nel 1969 lo avrebbe portato al titolo di campione del mondo, e tre anni dopo al match del secolo di Reykjavík contro lo sfidante americano Bobby Fischer, che dette agli scacchi una visibilità mai avuta né prima né dopo.

Spassky la perse, quella sfida. E forse era inevitabile, perché era un uomo normale, colto e pieno di interessi al di fuori degli scacchi, mentre aveva di fronte uno squilibrato monomaniaco e bizzoso, che subito dopo averlo sconfitto smise di giocare e si ritirò in un mondo tutto suo, alimentato da deliri complottistici e antisemiti. Nonostante questo, Spassky fu uno dei pochi scacchisti che mantenne con Fischer una relazione amichevole, e addirittura giocò con lui un secondo match nel 1992, a vent’anni di distanza dal primo. I media lo presentarono come una rivincita dell’incontro del secolo, ma la triste verità è che entrambi erano in declino, e questo permise all’allora campione in carica Garry Kasparov di liquidarli sprezzantemente come due pensionati.
Il match ebbe gravi conseguenze per Fischer, perché fu giocato in Jugoslavia, allora sotto embargo. Gli Stati Uniti chiesero e ottennero il suo arresto mentre si trovava in Giappone, e ancora una volta Spassky parlò in suo favore. Ecco che cosa scrisse in una lettera aperta al presidente Bush: «Bobby ha una personalità tormentata: è onesto e altruista, ma assolutamente asociale. Non si adegua al modo di vita di tutti, ha un elevatissimo senso della giustizia e non è disposto a compromessi né con sé stesso né con il prossimo. È una persona che agisce quasi sempre a proprio svantaggio. Non voglio difendere o giustificare Bobby Fischer. Lui è fatto così. Vorrei chiederle soltanto una cosa: la grazia, la clemenza. Ma se per caso non è possibile, vorrei chiederle questo: Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera».

Fischer fu poi liberato e si rifugiò a Reykjavík, teatro del suo trionfo, dove morì nel 2008. Boris Spassky se ne è andato in punta di piedi a 88 anni, dopo una serie di infarti che gli avevano minato la salute. In Russia era tornato soltanto nel 2012. Nel 1976, non molto ben visto dalle autorità sovietiche dopo la sconfitta con Fischer, era emigrato senza clamori in Francia, dove aveva ottenuto la cittadinanza e si era sposato per la terza volta. Gli scacchi, quelli veri, non inquinati dai giochi di potere e dal denaro facile, gli devono molto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org