Bisognava recuperare il ritardo dovuto al ricovero in ospedale; non ha osservato le raccomandazioni per la convalescenza; uno degli ultimi incontri è stato con lo staff medico per ringraziarli ma anche per chiedere scusa della mancata collaborazione e per assolverli da ogni responsabilità. L’ultimo giro in “papamobile” era del generale che passava in rassegna le sue truppe per un addio, consapevole di non aver vinto la guerra ma di aver combattuto con coraggio, sicuro di essere stato capito


◆ Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

L’ultimo saluto di Francesco con la papamobile al suo popolo in Piazza San Pietro

Francesco aveva un appuntamento preciso, nel fulgore del Giubileo e nella gloria del rito pasquale: le 7,35 di lunedì. Ha fatto appena in tempo a rispettare gli impegni che aveva predisposto, in una gara con il tempo che lo ha visto sfrecciare in ogni dove, su e giù in carrozzina. In un caso con abbigliamento casalingo, tipicamente argentino.

Bisognava recuperare il ritardo dovuto al ricovero in ospedale; d’altronde non poteva opporsi dopo che partecipava alle udienze muto, in carenza di ossigeno. Certamente non ha osservato le raccomandazioni per la convalescenza e, infatti, uno degli ultimi incontri è stato con lo staff medico per ringraziarli ma anche per chiedere scusa della mancata collaborazione e per assolverli da ogni responsabilità.

L’ultimo messaggio, a fianco delle parole “atterrate” il giorno di Pasqua dalla loggia di San Pietro, rimane la visita ai detenuti. Difficile far finta di non aver capito. L’ultimo giro in “papamobile” è stato diverso, nessun assalto, eccitazione, trambusto. Era il generale che passava in rassegna le sue truppe per un addio, consapevole di non aver vinto la guerra ma di aver combattuto con coraggio e sicuro di essere stato capito nella sua buona fede.

L’ultima visita in carcere: Papa Francesco fra i detenuti di Regina Coeli giovedì 17 aprile

La vita è piena di imprevisti: l’ultima persona che il Papa ha incontrato nel suo viaggio terreno – per una pura combinazione – è stato il vicepresidente americano Vance. Mi piace pensare che dal paradosso possa nascere qualcosa. Per quanto mi riguarda mi rimarranno due sue frasi. La prima recita: «chi sono io per giudicare?». Non male per l’unico uomo sulla terra «infallibile» per definizione. La seconda: «Perché lui e non io?». Tutte le volte in cui ha incontrato vittime innocenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi senza pubblicità. Aiutaci a restare liberi

Dona ora su Pay Pal

IBAN

Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.