Papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, fu Pontefice massimo dal 3 settembre 1458 al 14 agosto 1464

Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, era il primo di diciotto figli. Era un grande umanista e scrisse del conclave che lo innalzò al soglio di Pietro in terza persona. La sua elezione a papa gli consentì di trasformare, a partire dal 1459, il suo borgo natìo, Corsignano, in Val d’Orcia, in un capolavoro di urbanistica e architettura realizzato dall’architetto fiorentino Bernardo Gambarelli detto il Rossellino: una “città ideale”, che corrispondeva al desiderio umano di convivenza pacifica e civile. La nuova città prese il nome di Pienza, “ad memoriam nostri pontificalis nominis”, come recitava nientemeno che una bolla papale. Non tutto il male — detto e fatto nelle latrine di un conclave prima della sua elezione — era venuto per nuocere… Questa vicenda di sei secoli fa potrebbe tornare alla mente dei cardinali che da oggi pomeriggio, chiusi nella Cappella Sistina, sceglieranno il successore di Jorge Mario Bergoglio 


 L’articolo di CESARE A. PROTETTÌ

Proprio povero non era, in realtà, il futuro papa Enea Silvio Piccolomini. Era il primo dei diciotto figli di Silvio Piccolomini, appartenente a una nobile famiglia decaduta ed esiliata in seguito ai contrasti con la famiglia senese dei Tolomei. E comunque l’elezione a papa gli consentì di trasformare, a partire dal 1459, il suo borgo natìo, Corsignano, in Val d’Orcia, in un capolavoro di urbanistica e architettura realizzato dall’architetto fiorentino Bernardo Gambarelli detto il Rossellino: una “città ideale”, che corrispondeva al desiderio umano di convivenza pacifica e civile. La nuova città prese il nome di Pienza, ad memoriam nostri pontificalis nominis, come recitava nientemeno che una bolla papale.

Nell’agosto del 1458, in attesa degli esiti del conclave, che si sarebbe concluso 48 ore dopo, il cardinale Piccolomini esprime ai suoi pari – secondo quanto egli stesso narra nei Commentarii – la sua preoccupazione per le sorti dell’Italia che, nel caso di elezione di un papa straniero, avrebbe visto definitivamente compromesso il proprio prestigio.  Maria Antonietta Passarelli, commentando l’appello di Enea Silvio Piccolomini al cardinale di Bologna, al vice-cancelliere Rodrigo e al cardinale di Pavia, sottolinea che a lui  non interessa solo denigrare il suo avversario, il cardinale di Rouen, ma ha anche un altro scopo che è più strettamente politico. Secondo Enea Silvio il francese è pericoloso e va sconfitto innanzitutto perché è straniero e in quanto tale potrebbe solo nuocere all’Italia; una simile triste esperienza si era già avuta con il pontefice appena scomparso, il catalano Callisto III e ora un papa francese potrebbe portare la sede apostolica in Francia e ciò significherebbe la perdita di ogni residuo prestigio internazionale per l’Italia, un tempo «regina delle genti». E in effetti solo quarant’anni più tardi le truppe francesi di Carlo VIII avrebbero attraversato indisturbate tutta l’Italia, fino a Napoli, sconvolgendo gli equilibri politici e decretando la fine dell’inviolabilità territoriale italiana.

La cronaca del conclave, che qui riportiamo nel testo dei Commentarii, continua con lo scambio di opinioni tra Filippo Calandrini, il cardinale di Bologna, e lo stesso Enea Silvio Piccolomini.

▷▷ «Hanno fatto davvero un bell’accordo in latrina. I loro tentativi finiranno nel cesso e come la perfidia ariana anche i loro subdoli intrighi finiranno nel più fetido dei luoghi. La giornata di domani mostrerà che il romano pontefice è scelto da Dio e non dagli uomini. E tu, se sei un cristiano, non eleggerai come vicario di Cristo colui che sai membro del diavolo». Con tali parole distolse Filippo dal dare il suo voto al cardinal di Rouen. Quindi sul far del giorno incontrando il vice cancelliere Rodrigo gli domandò se si fosse venduto al cardinal di Rouen. «E cosa vuoi che faccia?» rispose quello «la cosa è risolta. Si sono riuniti in latrina in molti ed hanno stabilito di eleggerlo. Io non intendo rimanere con pochi fuori della grazia del nuovo pontefice. Sto dalla parte vincente e penso ai casi miei. Non perderò la cancelleria; ho già avuto una carta con la promessa. Se non gli dessi il voto, lo eleggerebbero ugualmente gli altri ed io perderei il posto».

A lui Enea rispose: «Sciocco! metterai sulla cattedra di san Pietro un nemico della tua patria? E come puoi prestar fede alle promesse di un uomo che non ha alcuna fede? Tu ti terrai l’impegno scritto, e l’Avignonese la cancelleria. Quello che ha promesso a te lo ha già promesso e confermato a costui. A chi credi che manterrà la promessa? Un francese sarà più amico di un francese o di un catalano? Provvederà a uno straniero o a un compatriotta? Bada a te, giovane inesperto, bada a te, sciocco. Anche se non t’importa nulla della Chiesa di Roma, se non fai alcun conto della religione cristiana, se disprezzi quel Dio a cui prepari un tale vicario, abbi almeno cura di te stesso. Se un gallo occuperà il papato, tu sarai ridotto a niente».

Il vice-cancelliere stette ad ascoltare con pazienza le parole dell’amico e si trattenne. Dopo ciò Enea vide il cardinal di Pavia e gli disse: «Ho sentito che anche tu ti sei messo d’accordo con quelli che hanno deciso di eleggere il cardinal di Rouen; che cosa rispondi?» Ed egli: «È la verità; gli ho promesso il voto per non restare solo; la sua riuscita è sicura dato il numero di quelli che glielo hanno promesso». Ed Enea: «Ti trovo diverso da quel che credevo; quanto degenere dai tuoi maggiori! […] Italiano, anteponi all’Italia la Francia! Ma il cardinale di Rouen preferirà la patria sua, e francese tornerà in Francia con la dignità suprema. […] Ma che cosa resta alla nostra Italia, se il papa se ne va? Abbiamo perso l’Impero; conserviamo la sede apostolica e continuiamo a vedere con questa sola luce. E adesso per merito tuo saremo privati anche di ciò. Il papa francese se ne andrà in Gallia e la nostra dolce patria sarà orbata del suo splendore; ma se anche rimarrà fra noi, l’Italia regina delle genti servirà un padrone straniero e noi saremo schiavi del popolo francese. Il regno di Sicilia passerà ai Francesi; i Francesi saranno padroni di tutte le città e di tutte le fortezze della Chiesa».

«Puoi imparare da Callisto, sotto il cui pontificato non vi fu luogo che i Catalani non occupassero», proseguì Enea Silvio. E lo incalzò: «Dopo avere provato i Catalani, desideri forse provare i Francesi? Te ne pentirai ben presto; vedrai il collegio dei cardinali riempirsi di Francesi. Nessuno riuscirà più a strappar loro il papato. Ma sei dunque così sciocco da non capire che in questo modo s’impone alla tua patria un giogo eterno? […] Dove se n’è andato il tuo amor di patria, il tuo preferir sempre l’Italia alle altre nazioni? Io credevo che se anche tutti quanti gli altri lo avessero fatto, tu non l’avresti tradita mai. Tu mi hai ingannato, o meglio hai ingannato te stesso e la patria tua, l’Italia, a meno che non ti ravveda».

Fino all’elezione del papa polacco Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla) nel 1978, due soli papi dopo Pio II erano nati fuori dai confini italiani: il catalano Adriano VI (Roderic Llançol de Borja, italianizzato Rodrigo Borgia) nel 1492 e Adriano VI (Adriaan Florenszoon, originariamente Floriszoon, Boeyens d’Edel) nel 1522 nativo di Utrecht. Tranne due parentesi di dodici anni complessivi, la battaglia degli italiani per il papato fu vinta per sei secoli quasi ininterrottamente. — (2. fine; la prima parte è stata pubblicata ieri qui)

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Giornalista e saggista, è stato fino al gennaio 2016 il direttore delle testate del Master di Giornalismo dell’Università Lumsa di Roma, dopo essere stato per molti anni docente ai corsi per la preparazione all’esame di Stato organizzati dall’Ordine dei giornalisti a Fiuggi. E’ stato Caporedattore centrale dell’agenzia di stampa ApBiscom (ora Askanews) dopo una lunga carriera all’Ansa nel Servizio Diplomatico, al Politico e agli Interni. Autore di una decina di saggi e manuali, con Stefano Polli ha scritto E’ l’agenzia bellezza! (seconda edizione nel 2021), ha curato “Pezzi di Storia” (2021) ed è coautore del libro di Giovanni Giovannini Il Quaderno Nero, Settembre 1943-aprile 1945 (2004, Scheiwiller).