Con un post sul social di sua proprietà, il presidente degli Stati Uniti ha attaccato frontalmente il presidente ucraino, aprendo la strada allo smembramento del suo Paese invaso dai carri armati russi tre anni fa, il 24 febbraio 2022. Ciò che fa davvero rumore nelle dichiarazioni di Trump è proprio il silenzio ipocrita sulla situazione politica in Russia, dove il presidente Putin è in carica da oltre vent’anni, rieletto nel 2014 con una percentuale “bulgara”: l’87% dei voti. E a dare patenti di democraticità è proprio colui che, dopo aver perso le precedenti elezioni, ha sobillato i suoi sostenitori ad assaltare il Congresso


◆ L’intervento di MATTEO BERSANI

Il conflitto tra Russia e Ucraina infuria senza tregua da tre anni. Nel corso del tempo, le posizioni dei diversi schieramenti si sono consolidate: da un lato l’espansionismo della Russia di Putin e dall’altro la Nato in un sostegno deciso e costante all’Ucraina di Zelensky. Questo scenario, però, il 19 febbraio 2025, è mutato radicalmente. A segnare questa svolta è stato un post del neo eletto presidente degli Stati Uniti, Trump, pubblicato su Truth, il social di sua proprietà. Si tratta di un post di 230 parole che, accostate l’una all’altra, compongono l’immagine di una sorta di delirio. A suo giudizio, Zelensky sarebbe un vero e proprio dittatore e, in questi tre anni, avrebbe manipolato l’ex presidente americano Biden al fine di ottenere aiuti e armamenti per arricchirsi. Secondo la sua ricostruzione, inoltre, Zelensky godrebbe di un consenso estremamente irrisorio nel suo Paese e starebbe prolungando il conflitto con la Russia proprio per evitare una sonora sconfitta elettorale.

Eppure non è affatto inusuale il rinvio delle elezioni durante le guerre. Basti pensare che lo stesso successe anche nel corso della seconda guerra mondiale in Paesi estremamente democratici come la Gran Bretagna di Churchill. La stessa Costituzione italiana, seppur indirettamente, ammette questa possibilità. Nello specifico, l’articolo 78 consente al Parlamento di deliberare lo stato di guerra e di conferire al Governo i conseguenti poteri necessari, tra i quali il rinvio delle elezioni. D’altra parte, questo è successo anche in occasione della pandemia di Covid 19, quando le consultazioni elettorali sono state posticipate sia a livello amministrativo che referendario. Eppure credo che nessuno, a parte qualche complottista incallito, possa accusare l’Italia di essere per questo un Paese non democratico.

Tornando al nocciolo della questione, possiamo affermare che definire Zelensky un dittatore sia un vero e proprio tentativo di disinformazione. In sostanza è ciò che sostiene anche la stessa propaganda russa, ma c’è un’enorme distanza tra la propaganda di guerra e la realtà dei fatti. Ciò che fa davvero rumore nelle dichiarazioni di Trump, infatti, è proprio il silenzio ipocrita sulla situazione politica in Russia, dove il presidente Putin è in carica da oltre vent’anni e, peraltro, è stato rieletto lo scorso anno con l’87% dei voti (numeri che fanno emergere non poche perplessità sulla trasparenza delle elezioni). Tutto questo, senza considerare la fine che fanno gli oppositori del presidente russo, nel migliore dei casi detenuti in carceri di massima sicurezza (come accaduto con Navalny). Eppure, agli occhi di Trump, lo Stato dittatoriale è l’Ucraina. Paradossalmente, sembra quasi che anche il presidente americano si sia informato leggendo i giornali russi.

Quello che conta davvero è che, con questa dichiarazione, lo scenario geopolitico mondiale si è stravolto. L’Europa ora si trova isolata, unica sostenitrice dell’Ucraina, schiacciata come una noce tra le due grandi potenze. Il presidente americano sostiene che, se i democratici non gli avessero “rubato la vittoria” nel 2020, la guerra, grazie a lui, non sarebbe mai nemmeno scoppiata. In effetti, non gli si può dar torto: avrebbe semplicemente accolto le richieste del presidente russo e avvallato la sua invasione. A quanto pare, per i grandi del mondo, la pace è semplicemente il predominio del più forte: una visione drammaticamente imperialista. Ora Putin probabilmente otterrà i territori che pretendeva, e magari il presidente degli Stati Uniti approfitterà di questo clima per realizzare il suo intento di annettere la Groenlandia.

In tutto ciò, il problema di fondo è che, purtroppo, a dare patenti di democraticità è proprio colui che, dopo aver perso le precedenti elezioni, ha sobillato i suoi sostenitori ad assaltare il Congresso. In un contesto del genere, anche le dichiarazioni più apparentemente deliranti trovano una propria drammatica coerenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Studente presso l'Università di Verona con la passione per la scrittura e la politica. Ha pubblicato alcuni articoli sul blog de "Il Fatto Quotidiano".