Lisbona e Porto in ginocchio per dieci ore di black-out in tutta la Penisola iberica. Due giovani turiste in Portogallo per la festa del 25 Aprile (cinquantesimo anniversario della Rivoluzione dei Garofani che mise fine alla dittatura di Salazar) finite nell’incubo interminabile del 28 aprile. Per riportarle in Italia la Tap ha chiesto 800 euro: un volo europeo a un prezzo transatlantico. Claudia e Sara erano stanchissime. Lisbona è come Roma: ha sette colli ed è dura camminare in salita, tanto più che gli elevadores a fune erano bloccati allo stesso modo dei tram. Quel giorno, dalle 11.33, anche il tram n.28, una delle attrattive più iconiche della città, aveva smesso di girare per quelle stradine: silenzio totale, senza sferragliamenti e frenate di quell’inconfondibile tram giallo (l’electrico) che sfiora porte e finestre dell’Alfama nel suo percorso che sale da Piazza Martin Moniz fino al monastero di Sao Vicente da Fora e oltre. «Ci siamo avvicinate – raccontano le due ragazze – e abbiamo chiesto a una venditrice se ci faceva ricaricare i cellulari. Ha detto sì, con un magnifico sorriso: è stata il nostro angelo»
◆ L’articolo di CESARE A. PROTETTÌ

► “Foi brutal”: due sole parole per descrivere quello che è successo in Portogallo nel giorno del black-out della penisola iberica il 28 aprile 2024: un black-out (lì lo chiamano apagão) di oltre 10 ore che ha messo in ginocchio tutto il Paese e in particolare le due maggiori città, Lisbona e Porto. Le due parole le ha scritte in una chat portoghese una ragazza, Ana Filipa Concalves, quando la corrente elettrica finalmente era tornata a far rivivere le due città. «È stato un incubo», confermano Claudia e Sara, 30 anni, due ragazze italiane che quel giorno, come tante alte persone, hanno vissuto una vera e propria odissea.
Quando riesco a parlare al telefono con loro, il giorno dopo, Claudia e Sara sono in coda per imbarcarsi su un volo della Tap che le riporterà in Italia al costo astronomico di 800 euro. La classe economica (500 euro) era esaurita ed era rimasta solo la business: un volo europeo al prezzo di uno transatlantico! E per trovare quel volo erano rimaste sveglie, pressate da un’angoscia crescente, fino alle 3 di notte. Una notte di ansia e di timori, perché quella ricerca di un volo era stata come una pallina della roulette che girava, girava e si fermava sempre su una casella già occupata da un’altra pallina impazzita che l’aveva preceduta. Accantonata l’idea di trovare un volo diretto avevano cominciato a cercare anche altri voli con uno, due o anche tre scali, anche 20 ore di volo in giro per l’Europa pur di tornare a casa, anche perché Claudia era attesa al lavoro e non poteva essere sostituita. E anche perché quell’odissea era durata anche troppo e aveva messo a nudo i limiti della presunta onnipotenza della tecnica e tutte le fragilità dell’umanità e della singola persona quando manca per tanto tempo una cosa che ormai diamo per scontata: la corrente elettrica.
L’improvvisa interruzione dell’erogazione nella penisola iberica ha colpito infrastrutture critiche: ospedali, telecomunicazioni, trasporti pubblici. In Portogallo, per evitare incidenti, è intervenuta anche la Gnr, la Guardia nazionale repubblicana. A Lisbona, in quel lunedì 28 aprile, si era fermato tutto: i semafori, gli ascensori, le attrezzature dei bar, le metropolitane. Grossi problemi anche negli ospedali. L’azienda dei trasporti, Carris, per alleviare i disagi, aveva fatto uscire dai depositi decine di autobus sostitutivi che viaggiavano gratis nel caos della città impazzita.

Claudia e Sara erano arrivate a Lisbona venerdì 25 aprile che è festa nazionale anche in Portogallo: non la festa della Liberazione come in Italia, ma la festa per la felice conclusione, quasi senza spargimento di sangue, della Rivoluzione del Garofani che mise fine alla dittatura di Salazar e compari. Le due giovani avevano preso alloggio in una delle tantissime case che si affittano da una ben nota piattaforma americana. L’avevano scelta dalle parti del terminal crocieristico, la stazione fluviale lungo il Tago, che lì si chiama Tejo e che dalle parti di Lisbona è largo quasi come lo stretto di Messina. Un appartamentino ai piedi dell’Alfama, il quartiere moresco nel quale si trova uno dei belvedere più belli della città, il miradouro de Santa Luzia con le vicine Portas do Sol, e dove il martedì e il sabato si tiene un famoso mercato delle pulci chiamato A feira da ladra. Quel giorno, dalle 11.33, anche il tram n.28, una delle attrattive più iconiche della città, aveva smesso di girare per quelle stradine: silenzio totale, senza sferragliamenti e frenate di quell’inconfondibile tram giallo (l’electrico) che sfiora porte e finestre dell’Alfama nel suo percorso che sale da Piazza Martin Moniz fino al monastero di Sao Vicente da Fora e oltre. Un tram sempre pieno di turisti e quotidianamente terreno di caccia per i borseggiatori.
Claudia e Sara aerano riuscite a scansare quell’insidia, ma nei loro portafogli erano rimasti non più di 130 euro. «Abbiamo incominciato a preoccuparci seriamente – riferisce Sara – quando abbiamo constatato che erano fuori uso i vari bancomat della città e che, davanti a pochissimi funzionanti, si erano formate file chilometriche». «Ad angoscia si è sommata altra angoscia – aggiunge Claudia – quando i cellulari hanno cominciato a scaricarsi e, senza poter prenotare una stanza da qualche parte, ci siamo sentite ancora più isolate e in balìa degli eventi. Abbiamo provato comunque ad andare all’aeroporto nella speranza di trovare qualche volo speciale, in sostituzione delle decine di collegamenti saltati, ma dai tassisti che siamo riuscite a fermare abbiamo appreso che la strada per l’aeroporto era stata chiusa dalla polizia e che anche l’aeroporto di lì a poco sarebbe stato chiuso».

Claudia e Sara erano stanchissime. Lisbona è come Roma: ha sette colli ed è dura camminare in salita, tanto più che gli elevadores a fune erano bloccati allo stesso modo dei tram. A piazza Figueira, la grande piazza che si trova a metà strada tra il Rossìo e piazza Martin Moniz, Claudia e Sara hanno visto alcune bancarelle che avevano l’illuminazione garantita da gruppi elettrogeni. «Ci siamo avvicinate – racconta Claudia – e abbiamo chiesto a una venditrice se ci faceva ricaricare i cellulari. Ha detto sì, con un magnifico sorriso: è stata il nostro angelo. Dopo una mezz’ora, con i cellulari carichi, abbiamo potuto riprendere il cammino, sollevate nel morale che a quel punto era quasi a terra». «Allora, ancora digiune dalla mattina – aggiunge Sara – abbiamo incominciato a camminare, con i nostri zaini in spalla alla ricerca di un alloggio per la notte che stava scendendo. E alla fine lo abbiamo miracolosamente trovato».
Per la cronaca le due ragazze sono finalmente atterrate nella notte romana del 29 aprile, con quattro ore e mezza di ritardo: il loro aereo che doveva partire alle 15, è partito alle 19.30. Ma la mission, almost impossible di tornare a casa quando il mondo della tecnologia sembrava collassare, è stata compiuta. © RIPRODUZIONE RISERVATA