Aprire miniere di terre rare in Cina, di cobalto in Congo, di litio in Cile, di nichel in Indonesia sono necessarie per costruire pannelli solari o pale eoliche. Costruirle lontano dai nostri occhi ci consente di non danneggiare il nostro territorio (anche se le pale eoliche sui crinali appenninici o i pannelli solari a terra dove prima c’era il grano non sembrano un vantaggio). Beneficiamo a poco prezzo di quella che chiamiamo energia rinnovabile, ma per produrla occorrono risorse che non lo sono


◆ Il controcanto di FABIO BALOCCO

Tutto si potrebbe far partire dal Sole che ride. Erano gli anni del referendum sul nucleare, vinto grazie (spiace dirlo ma è così) l’immane disastro di Chernobyl. Quel Sole che ride che faceva immaginare un futuro di energia pulita o rinnovabile grazie al semplice immagazzinamento dei raggi solari.  Niente da dire sulla pulizia dei raggi solari, così come sul vento o sull’acqua fluente. Peccato che tali risorse debbano essere intercettate e che debbano essere realizzati dei manufatti per trasformarle in energia. E qui casca l’asino, perché per estrarre quei minerali che servono per costruire pannelli solari, o pale eoliche, o batterie per auto non inquinanti è conveniente, quando non necessario, far aprire miniere in un altrove che non sia l’Occidente, che poi di quelle energie pulite beneficerà.

La logica è sempre la stessa: l’Occidente che colonizza i paesi poveri, o comunque consenzienti, per poterne ricavare dei benefici. In fondo, aprire miniere in un altrove che sia Asia, Africa, Sud America ci consente di non danneggiare il nostro territorio (anche se le pale eoliche sui crinali appenninici o i pannelli solari a terra dove prima c’era il grano non sembrano propriamente un vantaggio) e beneficiare a poco prezzo di quella che spacciamo come energia rinnovabile: peccato che abbia la base in risorse che rinnovabili non sono. Esemplare al riguardo un saggio che io cito sempre “La guerra dei metalli rari” di Guillaume Pitron, in cui l’autore ci elenca, e non esaustivamente, i danni che la transizione energetica causa in giro per il mondo [nota 1]. 

Esempi? L’estrazione di terre rare in Cina (con i villaggi del cancro), oppure il cobalto in Congo (con lo sfruttamento di uomini e bimbi) , oppure il litio in Cile (col prosciugamento delle falde acquifere). La logica del capitale è sempre la stessa: colonizzare per sfruttare e ricavare benefici. Ultima conferma in ordine di tempo, un recente reportage di Mediapart (riportato da Il Fatto Quotidiano) che denuncia i danni ambientali e umani prodotti dall’estrazione di nichel in Indonesia, nazione che detiene il primato di estrazione di questo metallo, utilizzato per la realizzazione di batterie per auto elettriche. Bene, l’apertura delle miniere ha comportato l’eradicazione di più di 5300 ettari di foresta, quindici fiumi contaminati da metalli pesanti e cianuro, senza contare le condizioni di lavoro e le morti per inquinamento.

Campo fotovoltaico ed eolico; sotto il titolo, i crateri di una miniera di terre rare a cielo aperto

Questa cecità che ci fa tanto comodo mi permette anche di allargare la visione, estendendola a un’altra fonte di approvvigionamento energetico, il Gas Naturale Liquefatto (Gnl) spacciato come alternativa ecologica al petrolio. Giustamente, dove si vogliono posizionare le navi gasiere la popolazione è fermamente contraria per l’impatto ambientale che esse arrecano. Così è accaduto a Vado Ligure e a Porto Empedocle. Ma non si sa, o meglio è tanto comodo non saperlo, che l’estrazione del Gnl (che tra l’altro è diventato un grosso affare per gli Usa a seguito della guerra in Ucraina) è fortemente inquinante e penalizza gli abitanti già poveri che vivono nei pressi degli stabilimenti di stoccaggio, come ben denunciato da un’inchiesta di “Altreconomia” nella baia texana di Corpus Christi [nota 2]. La conclusione è che quando si parla di approvvigionamento energetico occorrerebbe prendere coscienza di cosa ci sta a monte e non parlare per sentito dire o per linguaggio formulare, come gli abusati “transizione energetica” e “resilienza”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.