Roma 15 maggio 2024: Il presidente dell’Istat (facente funzione), Francesco Maria Chelli

Mentre a Montecitorio Francesco Maria Chelli, presidente designato (e facente funzione da un anno e mezzo), presentava il Rapporto Istat 2024 che «illustra la complessità del presente ma anche degli scenari evolutivi, individuando i punti di forza e le criticità per delineare alcune delle aree di intervento per le politiche di sviluppo», i rilevatori precari che hanno raccolto i dati hanno protestato davanti alla sede dell’Istituto. Denunciano quella stessa precarietà e il lavoro povero di cui sono vittime come ex personale Ipsos da anni con contratto di Co.co.co. sebbene impiegati nelle due grosse indagini nazionali che rilevano dati strategici per il Paese. «Una situazione che grida vergogna», denunciano i sindacati di categorie di Cisl, Cgil e Uil


◆ L’articolo di IVO LEONE

Il Rapporto Annuale 2024 dell’Istat è la fotografia con cui l’Istituto di Statistica nazionale racconta le dinamiche socio-economiche del Paese. Nel 2023 l’Italia ha recuperato il livello di Pil del 2007, ma solo al Nord. Dietro la crescita dell’occupazione, ci sono 4,2 milioni di potenziali lavoratori “inutilizzati”, soprattutto donne e giovani, residenti nel Mezzogiorno. Il potere d’acquisto dei salari lordi è crollato del 4,5% negli ultimi 10 anni. Tra i dati rilevati, c’è quello che concerne la crescita delle persone in povertà assoluta: il 9,8% della popolazione rientra in questa fascia e, contemporaneamente, si è ampliata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. La percentuale è più alta di tre punti rispetto al 2013 e l’incremento ha riguardato principalmente i cittadini in età lavorativa. L’Istat sottolinea, infatti, come il reddito da lavoro – soprattutto quello da lavoro dipendente – non sia più in grado di tutelare le persone dal disagio economico. Cresce, cioè, il lavoro povero, working poor, che riguarda in particolare gli operai, per i quali l’incremento è stato più rapido: in dieci anni, si è passati dal 9% del 2013 al 14,6% nel 2023. 

La protesta dei rilevatori precari (400 contratti di Co.co.co.) davanti alla sede dell’Istat

In estrema sintesi è questo il quadro illustrato dal neo presidente designato Francesco Maria Chelli mercoledì 15 maggio a Montecitorio. Nello stesso momento, i 400 rilevatori precari che hanno lavorato nei mesi scorsi per raccogliere ed elaborare i dati esposti in Parlamento denunciavano il loro stesso impoverimento e la loro precarietà davanti alla sede dell’Istat. «La situazione grida vergogna, chiediamo a Istat, Parlamento e Governo di intervenire: è necessario e urgente aprire un tavolo di confronto sul futuro occupazionale di 400 collaboratori storici», denunciano Felsa Cisl, NidiL Cgil, Uiltemp. Un personale storicamente precario ex Ipsos in lotta, che ora rischia di restare a casa, dopo aver subito un calo consistente e drastico dei compensi. La società Csa, in raggruppamento con Emg e Intellera, si è difatti aggiudicata l’appalto con un ribasso del 30% e, da mesi, ignora gli appelli del sindacato per individuare una soluzione di prospettiva per le lavoratrici e i lavoratori.

«Il tavolo di confronto è necessario aprirlo subito», chiedono i sindacati di categoria di Cisl, Cgil e Uil: «bisogna tutelare la professionalità, l’esperienza e la continuità lavorativa dei circa 400 rilevatori Istat, da anni con contratto di Co.co.co. sebbene impiegati nelle due grosse indagini nazionali che rilevano dati strategici per il Paese». Sollecitano da tempo un intervento diretto dell’Istituto «chiamato ad assumersi le sue responsabilità politiche in quanto soggetto pubblico». E, come nel teatro di Pirandello (“Sei personaggi in cerca d’autore”), la realtà del precariato irrompe sulla scena della rappresentazione della precarietà: «Proseguiremo la nostra azione mettendo in campo azioni di mobilitazione e di sciopero, con tutti i lavoratori e le lavoratrici per decidere insieme quali saranno i passi successivi. Non ci fermeremo», concludono i sindacati. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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