L’odissea interinale di una lavoratrice precaria all’Iveco di Torino. Un agone spietato per il posto da “colletto bianco”, «in cui metti in gioco la tua intelligenza, il tuo tempo, il tuo sacrifico e la tua vita, compresa la salute»: peggio di Lulù ne “La classe operaia va in Paradiso”. Un raffinato sfruttamento psicologico, peggiorato con lo smart working La lettera di SILVIA MELONI, Inventory planner presso Iveco-Cnh Industrial ⚈ Mi sono laureata in Scienze statistiche ed economiche a Roma e da undici anni lavoro a Torino, cinque dei quali passati in Utet, a tempo indeterminato. Una situazione privilegiata con la quale, già impiegata in De Agostini, fui trasferita dalla capitale. La Utet intanto è fallita. E, da quattro anni, lavoro in Cnh Industrial occupandomi di entrambi i Brand: Agce e Iveco, e cioè Construction, Agricolture e Veicoli commerciali. Si chiama “After market solution”, ovvero gestione dei pezzi di ricambio stoccati nei nostri magazzini europei e mondiali: si analizzano le scorte (facendo previsioni sulla domanda e sul rischio di obsolescenza) e si rivendono ai più grandi distributori nazionali e internazionali, fino a raggiungere capillarmente il piccolo rivenditore di zona.   Ho iniziato da agency, interinale precaria (una condizione che porti anche nell’indirizzo di lavoro), con un primo contrato a sei mesi. Era...

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