Particolare della Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca: al centro, Oddantonio II fra i due consiglieri che lo porteranno in rovina

Alla fine del Quattrocento, il Ducato di Urbino era sprofondato nei debiti con la morte del capostipite Guidantonio. Il giovane duchino che lo sostituisce è inesperto e dedito ai piaceri e ai lussi mondani. Il conto gli fu presentato dai maggiorenti e dai sudditi tutto in una volta, la notte del 14 luglio 1497: il suo corpo ignudo e mutilato venne esibito nelle strade della città. Il fratellastro Federico entrò in città con un seguito di armati, dopo aver fornito garanzie scritte su alcune regole di buon governo. Lungo il corteo ducale, un popolano accese fra la folla una sonora risata, invocando per il nuovo duca gli attributi mancanti al suo predecessore. Con Federico da Montefeltro si aprirà per Urbino e il Ducato un lungo periodo di prosperità, di grandi opere e di cultura


◆ L’articolo di VITTORIO EMILIANI

Nel Ducato di Urbino subentrò alla morte di Guidantonio da Montefeltro il giovane duchino Oddantonio, inesperto nel governo della città e del contado quanto vocato ai piaceri e ai lussi mondani. Ma senza nuove entrate scaturenti da condotte militari i bilanci dello Stato urbinate si gravavano di nuovi e più pesanti debiti. Oddantonio non se ne curò affidandosi completamente a due cattivi consiglieri che lo spinsero a indebitarsi ancor più per sostenere quel tenore di vita decisamente al di sopra delle sue possibilità (i due sono effigiati in primo piano a destra nella famosa tavola della Flagellazione di Piero della Francesca).

Ritratto di Federico da Montefeltro dipinto da Piero della Francesca

Da questa situazione profondamente malata nasce la congiura di popolo che coinvolge e travolge Oddantonio la notte del 14 luglio del 1497 nel cuore del Palazzo dove sono penetrati i congiurati armati. La resistenza è debole, anzi debolissima. Il sangue scorre. Il Duchino colto nel sonno viene castrato come un suino e i genitali gli vengono ficcati in bocca. Il suo corpo ignudo viene esibito per le strade di Urbino.

Alla Porta di Lavagine si è presentato con un seguito di armati il fratellastro Federico nato a Gubbio da una dama soluta e da Guidantonio. Ma i maggiorenti della città vogliono alcune garanzie di fondo e le vogliono scritte. Soltanto dopo l’ordine potrà essere ristabilito a Urbino. Entra allora il corteo ducale in città e quando passa all’inizio della ascesa che porta al Palazzo un popolano invoca gridando alcune regole di buongoverno e aggiunge coloritamente “E in te le braghe il cazzo!”.

Federico accenna un sorriso e passa oltre mentre fra la folla si accende una risata. Con la quale si suggella quell’insediamento del nuovo Duca col quale si aprirà per Urbino e per il Ducato un lungo periodo di prosperità, di grandi opere, di cultura, con la magnifica Libraria del Duca Federico e con cantieri nel Ducato per rocche e castelli dei quali si occupano architetti e inzignari come il dalmata Luciano Laurana e il cortonese Francesco di Giorgio Martini.

Il duca Federico non incentiva i codici a stampa bensì i codici miniati dai più valenti specialisti del tempo. Una collezione unica che farà gola a tanti, in specie al papa del tempo che incaricherà più tardi un monsignore tedesco Holstenio di Amburgo di corteggiare i notabili di una Urbino ormai finanziariamente allo stremo per portare la Libraria Ducale integralmente a Roma, in Vaticano. Dove essa è tuttora. A miracol mostrare, come si dice. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.