Nel mandare in onda lunedì 19 agosto Turandot, l’ultimo capolavoro di Giacomo Puccini (del quale quest’anno si commemora il centenario dalla morte), la Rai ha fatto onore alla sua migliore tradizione culturale. Trasmessa da Rai 3, è stata riproposta la Turandot andata in scena, in più repliche, quest’estate all’Arena di Verona. L’allestimento è quello scelto a suo tempo da Franco Zeffirelli. A dirigere l’orchestra Michele Spotti, giovane talento di 31 anni. Turandot fu rappresentata la prima volta alla Scala di Milano: era il 1926. Puccini era morto due anni prima. A dirigere l’orchestra allora fu Arturo Toscanini che interruppe l’esecuzione laddove era arrivato l’Autore, deceduto prima di terminare lo spartito. La Rai ha naturalmente trasmesso la versione completata nelle musiche da Franco Alfano
◆ Il corsivetto VITTORIO EMILIANI
► L’impresa non era delle più facili e però questa Turandot televisiva è stata condotta in porto con professionalità sicura sia per la parte interpretativa sia per la parte scenografica. Anni fa calcavano le tavole dei palcoscenici tenori, soprani, baritoni, ecc. sperimentati anche nella recitazione. La Rai non era nuova a simili imprese. Uno dei miei vanti è stato quello, come membro del Consiglio di amministrazione della Rai, di aver portato in azienda e promosso un regista come Giuliano Montaldo che ha realizzato una delle Turandot più affascinanti del ‘900. E l’ha trasposta nel modo migliore in televisione. Si può quindi essere soddisfatti di questa Turandot televisiva pur non essendoci più, come notavo, gli interpreti di anni fa i Corelli, i Del Monaco, i Bastianini, le Tebaldi, le Stella, per non parlare della Maria cioè della divina Maria Callas che ebbi il privilegio di ammirare alla Scala nella Sonnambula di Bellini un autore a lei tanto congeniale.
Nel nome della Callas abbiamo come Rai indetto e organizzato fra Parma e Busseto un concorso internazionale dal quale sono usciti trionfatori alcuni giovani bassi venuti da Leningrado. I quali sono stati subito protagonisti in melodrammi di Verdi, Rossini, Donizetti, Bellini oltre al già citato Puccini. A quest’ultimo la divina Callas ha voluto dedicare ormai con un filo di voce “O mio babbino caro” dal “Gianni Schicchi” del compositore lucchese. Un omaggio commovente come pochi altri.
La Turandot è l’opera postuma di Puccini, quella che per il cancro alla laringe il Maestro non poté terminare e che è stata rappresentata con due diversi finali. Uno di Franco Alfano e l’altro di Luciano Berio. La versione televisiva che aveva come protagonista un grande soprano è stata teletrasmessa sulla rete internazionale. Giustamente perché l’estremo capolavoro pucciniano doveva essere conosciuto da un pubblico il più ampio possibile. E così è stato anche se il tarantino Nicola Martinucci non era alla altezza di Placido Domingo tenore drammatico insuperabile in certi ruoli. Pucciniani come verdiani e rossiniani. Valga per tutti l’eccezionale “Viaggio a Reims” dato a Pesaro e a Reims. Nonché la “Tosca” trasmessa dalla Rai “nei luoghi e nelle ore di Tosca” cioè dall’alba. © RIPRODUZIONE RISERVATA