Roma, 1928. Benito Mussolini brucia titoli di Stato

Come sbagliano quelle scuole che non fanno studiare ai ragazzi l’avvento del fascismo squadrista, un periodo buio che racconta molto del tragico ventennio che ci portò alla tragedia della guerra. Tra le tante cose meno note, c’è il trattamento di riguardo che – tanto per cambiare – hanno avuto le banche. Mussolini temeva che se non si fossero salvate le banche dall’onda della crisi lunga che veniva da oltre Oceano, sarebbe potuto cadere il regime


L’articolo di VITTORIO EMILIANI

Ai più giovani e meno giovani ai quali la scuola d’oggi nulla o quasi insegna dell’avvento del fascismo squadrista e manganellatore bisogna ricordare che Mussolini andò al potere con la violenzà sopraffattrice nell’ottobre del 1922. Grazie alla codardia e alla acquiescenza della Corona, cioè di Vittorio Emanuele III chiamato improvvidamente il Re Soldato. Mussolini non partecipò alla Marcia su Roma, ma, a risultato acquisito dai Quadrumviri in testa Italo Balbo, discese nella Capitale in vagone letto per ricevere dal re l’incarico di formare il governo ed usò la formula furbesca di un esecutivo non integralmente fascista. Di esso infatti facevano parte anche i nazionalisti come Federzoni e i Monarchici.

La Corona in tal modo legittimò le violenze squadriste che accompagnarono l’ascesa al potere di Mussolini e non intervenne mai quando quelle violenze colpirono le opposizioni parlamentari con gli assassinii di Don Minzoni, di Matteotti, di Gobetti, di altri martiri antifascisti, con la distruzione delle Camere del Lavoro, delle Cooperative, del sindacato “bianco” cattolico. Senza che la Chiesa elevasse una voce esplicita di condanna. Il 1 Maggio del 1922 le bandiere bianche di Miglioli e quelle rosse della Cgdl si unirono a Cremona, ma era troppo tardi.

La salma di Matteotti ritrovata nella Macchia della Quartarella, un bosco di Riano

Il delitto Matteotti culmine dello aquadrismo sanguinario spinse le opposizioni a scegliere la via di una protesta forte e nobile quanto sterile, cioè quella dell’Aventino. Un attendismo che diede modo a Mussolini di reagire rivendicando di aver spazzato via “l’aula sorda e grigia” delle opposizioni parlamentari. E di instaurare un regime totalmente liberticida, con le leggi eccezionali. In quel momento storico, eliminati fisicamente Matteotti, Gobetti, Amendola, reso innocuo don Sturzo, distrutte le leghe e il sindacato, le cooperative rosse e bianche, acquiescente la Corona, silenziosa la Chiesa nonostante le violenze contro parroci e fedeli, col Plebiscito del 1929 e i Patti Concordatari il fascismo, anzi il mussolinismo conoscevano la loro definitiva stabilizzazione.

Mussolini poteva consolidare il regime nonostante il grande crollo del capitalismo americano avesse avuto ripercussioni disastrose anche in Europa.  Mussolini si era giovato della collaborazione forzosa di esponenti della opposizione o comunque neutrali come Alberto Beneduce che aveva creato con l’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale) una sorta di “ospedale” per le grandi e medie industrie di base e di prima trasformazione colpite dalla crisi mondiale.

Alberto Beneduce, economista e politico, fra gli artefici dell’Iri e suo primo presidente

Al risanamento avevano collaborato tecnici afascisti o addirittura antifascisti come Luraghi per l’Alfa Romeo il quale aveva amici nelle file dell’opposizione spagnola al franchismo. In questo lo stesso Mussolini aveva adottato una politica abile del non approfondire. A quel tempo il trasporto via mare delle materie prime e delle merci era strategico per cui vennero create con la flotta Finmare le Compagnie di Pin (Preminente interesse nazionale) Adriatica, Italia, Tirrenia. Ma si sviluppavano le flotte genovesi della Angelo Costa fu Andrea e della Fassio. A Napoli l’Achiĺle Lauro. Mussolini era stato chiarissimo di fronte alla crisi indotta anche in Italia dal crollo di Wall Street: evitare il collasso delle maggiori banche perché il regime non avrebbe retto all’ondata di panico e di rabbia popolare.

Pasquale Saraceno, che a quel tempo era il più giovane del Gruppo di Via Veneto di cui Beneduce era il capofila, mi raccontò che Mussolini era terrorizzato dal possibile fallimento di una grande banca per cui diede lui stesso in pratica carta libera, esplicitamente, a Beneduce perché operasse quei salvataggi bancari. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.