Da sinistra a destra: Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi e Gioacchino Rossini, in una incisione a colori (foto Cordon Press); sotto il titolo, ritratto di Rossini

Il melodramma, quello serio ma anche quello con spirito comico, visse in Italia due secoli di gloria e di sorprendente creatività dopo l’Orfeo di Monteverdi che aprì il Seicento operistico. A Napoli si afferma e sviluppa l’Opera buffa, a partire da Pergolesi (che però era marchigiano). Con Gioachino Rossini si chiude una stagione formidabile, ma subito dopo di lui ecco un’altra grande generazione di autori: Donizetti, Bellini e Verdi


◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

In tutta Italia ma soprattutto nella Padania si sviluppò una autentica passione per l’opera lirica, per il melodramma in musica. Dall’“Orfeo” di Monteverdi dato nel 1608 alla corte di Mantova con la presenza dell’autore medesimo. I due secoli seguenti sono contrassegnati in città diverse dal melodramma. Buffo e serio. L’opera buffa ha ovunque grande successo e però è a Napoli che essa si afferma e sviluppa a partire dalla “Serva Padrona” del marchigiano Pergolesi. Rossini sarà nell’800 il mattatore dell’opera buffa soprattutto col “Barbiere di Siviglia” che pure al Teatro Argentina di Roma ha debuttato con un fiasco clamoroso e con una recita successiva dopo la quale il compositore è stato riportato a spalle nella sua casa nei pressi, in trionfo.

Rossini mieterà altri clamorosi successi a Parigi dove si trasferirà fino al termine di una straordinaria carriera col kolossal del “Guillaume Tell” (titolo originale, i due autori del libretto erano francesi, ndr) nel 1836. Il suo rientro in Italia, a Bologna, coincide con l’esaurimento della sua vena di operista. Avrà ancora successo con la “Messa da Requiem” in forma di concerto e più tardi con la “Petite Messe Solennelle” data in prima assoluta a Parigi seconda patria del Cigno di Pesaro o del Cignale di Lugo come lo stesso Rossini molto spiritosamente amava definirsi. Col “Guillaume Tell” si può ben dire che si è concluso un capitolo fondamentale del melodramma e se ne apre un altro decisamente diverso sotto il segno di Gaetano Donizetti, di Vincenzo Bellini e di Giuseppe Verdi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.