C’è veleno nell’aria di città, e lo sappiamo. L’inquinamento provoca malattie, e non solo fisiche. Provocherebbe infatti anche ansia o depressione. E non solo in soggetti predisposti, che hanno sofferto di questi disturbi già in passato. C’è una serie importante di “nuovi malati” di ansia e depressione causati dall’inquinamento cittadino. Uno studio di proporzioni notevoli, lungo parecchi anni (sedici) e che ha coinvolto centinaia di migliaia di cittadini, è stato effettuato in Gran Bretagna, su un campione scelto in base all’età non più giovane, e a nessun trascorso di ansia e depressione nel passato


ROMA, 7 MARZO 2023 (Red) — La conclusione può sembrare logica, e quindi non sorprendente. E la conclusione è: chi vive in una grande città inquinata ha più possibilità di ammalarsi di ansia o depressione. Ma sono anche le dimensioni di questo studio a renderlo interessante. Infatti la ricerca, condotta sui cittadini britannici che vivono in città, è basata su numeri insolitamente elevati: quasi 400mila cittadini coinvolti (per l’esattezza, 389.185), e già essi stessi “selezionati”. Sono stati infatti non conteggiati i soggetti che già soffrivano o avevano sofferto in passato di ansia e depressione, e ci si è indirizzati verso la popolazione adulta che ha fornito i suoi dati alla Biobanca britannica, con età media oltre i cinquant’anni, quindi escludendo i più giovani, che non hanno un quadro clinico “storico” alle spalle. Gli esiti di questo grande studio sono stati pubblicati all’inizio di febbraio da Jama Psychiatry, rivista mensile dell’American Medical Association, che si occupa di salute mentale e scienze comportamentali.

Sotto accusa è il particolato, inquinante tipico delle città e degli ambienti industriali, che è composto da sostanze solide o liquide sospese nell’aria. compresi metalli, fumo, particelle carboniose. Il particolato è considerato dall’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) cancerogeno, quindi c’è già abbastanza per considerarlo pericoloso. Ma può comportare, in alternativa o insieme all’insorgenza di un tumore, altri danni. Un altro dato della ricerca, che indica la serietà e i tempi lunghi preferiti per individuare risultati nei tempi lunghi, è la durata dell’operazione, che copre un arco di quasi vent’anni. Infatti i partecipanti sono stati individuati in un arco di tempo che va dal 13 marzo 2006 al primo ottobre 2010; i loro nomi sono stati tratti dalla Biobanca del Regno Unito (UK Biobank), ed è stato chiesto consenso scritto. La Biobanca britannica – la prima al mondo come dimensioni – è un grande archivio di dati clinici, compresi campioni di urina e sangue conferiti dai sottoscrittori (età dai 40 ai 69 anni), con il consenso ovviamente di questi. Sono stati successivamente esclusi dal “campione” della Biobanca, oltre a chi ha sofferto di ansia e depressione, anche coloro sui quali non c’erano sufficiente informazioni di esposizione all’inquinamento atmosferico. I dati sono stati analizzati da maggio a ottobre dello scorso anno.

Alla fine dello studio, a 13.131 persone è stata diagnosticata la depressione e a 15.835 l’ansia. L’esposizione al particolato corrisponde a una maggiore probabilità e gravità di ansia e depressione. Più colpiti i maschi che le femmine. Qualora l’esposizione agli inquinanti venisse stemperata, anche ansia e depressione potevano regredire. Non è tanto la novità del risultato a colpire. Infatti già diverse prove epidemiologiche avevano individuato un legame tra inquinamento atmosferico e disturbi della salute mentale. Ma sono le proporzioni di questa indagine, e soprattutto il lungo tempo di analisi, a far considerare questa ricerca importante per studi su profilassi e terapie che contrastino l’ansia e la depressione. I ricercatori, a margine del loro studio, hanno sottolineato, il 15 febbraio scorso, come i risultati dello studio non siano lineari, con pendenze più ripide a concentrazioni più basse e tendenze di plateau a esposizioni più elevate. Secondo gli autori dello studio, le “associazioni non lineari” possono essere molto utili per definire le politiche di controllo dell’inquinamento atmosferico. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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