Ad unire quelli che un tempo erano denominati Liguri-Apuani, a cavallo tra la Liguria di Levante e il lembo di terra che la collega alla Toscana, c’è la Doc Vini Colli Di Luni. Il nostro weekend ci conduce oggi nei pressi delle Cave di Carrara. Qui inizia la fortuna di Ottaviano Lambruschi, alias “Cavaturin”, carrarese puro, dal fisico minuto e dal temperamento determinato. Mezzo secolo fa lasciò il suo lavoro di operaio e su due ettari di bosco impiantò il “clone” ligure del Vermentino. Gli stessi colleghi produttori lo riconoscono come “il precursore della viticoltura ligure-apuana” e come “chi fa il miglior Vermentino”
◆ Il weekend di MARIA CONCETTA MERENDINO

► Cari lettori, oggi vi porto nella Liguria di Levante, nella zona più a sud della provincia di La Spezia, in quel lembo di terra che si collega alla Toscana. Genti di confine queste, due terre e due popoli fieri, chiamati un tempo unicamente Liguri-Apuani, perché ad unirli, oltre al territorio, c’è un importante patrimonio culturale, una tradizione forte, testarda e coraggiosa. Ad unirli c’è anche una denominazione, la Doc Vini Colli Di Luni che raggruppa i viticoltori della Val di Magra, della Lunigiana e delle Colline del Candia, le colline tra Massa e Carrara. La storia ci racconta che, già nel terzo secolo a.C., in questa terra si combatterono aspre battaglie tra la gente del posto e l’esercito romano. Il suo porto, in latino “Portus Lunae”, forse per la forma a spicchio di luna, era di importanza strategica per i Romani, tanto che decisero di insediare qui la “colonia di Luni”. Infatti, era proprio da questo porto che i Romani facevano partire per mare, verso Roma, il prezioso marmo delle cave di Carrara, conosciuto fin da allora.
Eh sì , perché questa zona si trova nei pressi delle storiche Cave di Carrara, ed è proprio da qui che inizia la fortuna di Ottaviano Lambruschi, alias “Cavaturin”, un carrarese puro, dal fisico minuto e dal temperamento determinato. Sono già passati più di 50 anni, da quando Ottaviano lasciò il suo lavoro di operaio, nelle cave apuane, e con l’aiuto del fratello comprò due ettari di bosco, in località “Costa Marina”, nel comune di Castelnuovo Magra, per intraprendere così l’avventura della viticoltura, basata sul vitigno autoctono Vermentino. Negli anni, la piccola azienda di Castelnuovo Magra è diventata sinonimo di qualità costante, e tutt’oggi il giovane appassionato “Cavaturin”, da poco novantacinquenne, nel frattempo affiancato dal figlio Fabio e dalla nipote, continua ad essere riconosciuto da tutti, anche dagli stessi colleghi produttori, come “chi fa il miglior Vermentino” e come “il precursore della viticoltura ligure-apuana”.
Dall’azienda di Ottaviano Lambruschi abbiamo due Vermentini straordinari, Sarticola Vermentino Doc 2016 e Costa Marina Vermentino Doc 2016. Questi due vini non sono uno di base e l’altro di punta, ma sono egualmente eccellenti, diversi solo perché provengono da due appezzamenti differenti, poco distanti l’uno dall’altro, circondati dalla macchia mediterranea e situati sulle “Colline del Sole”. Sono entrambi 100% uve Vermentino, “clone” ligure, caratterizzato da sentori più fini e minerali, rispetto a quello sardo. La vendemmia si fa a scalare, cioè a più fasi, a partire da metà Settembre fino ai primi di Ottobre. La vinificazione con fermentazione controllata ((19°-20°) avviene per entrambi i vini in acciaio inox, senza passaggio in legno, perché, come dicono in azienda «il Vermentino è un vitigno con una bella personalità e l’apporto del legno lo snatura».
Allora qual è la differenza tra i due vini? Dipende dall’esposizione dei vigneti, dalla struttura dei terreni, dai lieviti e anche dai cloni del vitigno. “Costa Marina” ha origine dalla storica vigna, nata nel primo terreno che Ottaviano acquistò e che lavorò con la sua ruspa, tutto da solo. Una splendida vigna terrazzata, “di costa” come dice il nome, esposta a Sud, Sud-est da cui si vede il mare. È di un bel giallo paglierino con riflessi verdolini. Si presenta al naso con una immediata spinta aromatica e profumi floreali che ricordano la macchia mediterranea. L’assaggio è vigoroso, splendidamente avvolgente, fresco, sapido e lungo. Un vino verticale, equilibrato, con carattere da vendere. “Sarticola” prende il nome dall’omonino vigneto che, all’incirca, ha 45 anni. È una vigna in pendenza, posta più in alto a 200 metri s.l.m., formata da terreni scisto-argillosi e ben esposta alle brezze marine. Al naso si avvertono note balsamiche, vegetali e tanti agrumi che ritrovi nettamente in bocca e che restano prepotentemente a lungo. È secco, piacevolmente sapido ed elegante. Il risultato è un vino ampio, fine e allo stesso tempo fresco e potente.
Entrambi si abbinano a piatti a base di pesce, a fritturine di verdure o ad insalate estive, ma sono ottimi anche come aperitivo. Vanno serviti freddi ad una temperatura di 10/12 °C. Non c’è che l’imbarazzo della scelta… Ora tocca a voi! © RIPRODUZIONE RISERVATA