15 milioni e 730mila euro messi a disposizione dalla Toscana per una funivia pianeggiante sulla montagna pistoiese contestato dalle comunità locali. In nessuno dei due comuni coinvolti dal progetto (Abetone-Cutigliano e San Marcello-Piteglio) si è mai parlato di questo nuovo impianto di risalita per due mandati amministrativi. Anziché frenare il declino della montagna, la funivia rischia di distruggere habitat naturali unici tutelati dall’Unione Europea. Oltre che i rilievi critici della Sovrintendenza al paesaggio, la Regione Toscana ha scelto di ignorare anche i vincoli ambientali votati dalla Regione stessa su un’area protetta come Zsc (zona speciale di conservazione). Aleatori si stanno rivelando pure i dati sulla sostenibilità economica della funivia. Perché insistere? Un comitato locale contesta quello che potrebbe rivelarsi un grande spreco di denaro pubblico
◆ Il racconto di TIZIANO TRAVERSARI
► Immaginate di essere partiti dalla vostra caotica casa di città dopo una settimana di lavoro stressante, traffico e ritmi frenetici. Desiderosi di godervi la pace di una sana passeggiata all’aria aperta prendete la vostra auto e percorrete decine di chilometri per salire al bellissimo borgo sulla Montagna Pistoiese di Cutigliano. Il paese, arroccato sul monte e ricco di suggestivi vicoli medievali, non soddisfa però la vostra voglia di natura e quindi decidete di salire con la funivia che collega il suddetto paese ad un borgo ancora più in alto, una località turistica in realtà, ovvero la stazione sciistica della Doganaccia. Giunti a questo punto, pregustate ormai la vostra camminata con trepidante attesa; le gambe fremono, gli stinchi languono, le dita palpitano. Ed invece no, perché al posto di una dolce camminata di circa due chilometri, c’è ancora un’altra funivia ad attendervi. Un gigante di acciaio che evita un tenue dislivello di circa duecento metri e che vi poterà comodamente a circa 800 metri dal Lago Scaffaiolo, punto di arrivo dove il piccolo rifugio Duca d’Aosta ospita già ogni anno tantissimi turisti. Scesi da questo gigante d’acciaio, la vista del lago che comincia a pararsi davanti ai vostri occhi è bellissima, si sente il rumore del vento tra l’erba montana, qualche aquila reale plana sopra la vostra testa. Ma appena arrivate al rumore del vento si sostituisce un sempre crescente frastuono. Nella piccola conca del Lago Scaffaiolo vi sono infatti centinaia di persone ammassate come formiche su un tozzo di pane caduto per strada. Le vostre gambe, affatto appagate da quella breve camminata, ora vorrebbero di più. Abbisognano di muoversi ancora tanto, quanto le vostre orecchie di silenzio e calma. La vista che vi si para davanti, il percorso per arrivarvi, sono poi tanto diverse da quel caos cittadino che avete scelto di abbandonare?
Questo è ciò che succederà se il nuovo collegamento funiviario Doganaccia – Lago Scaffaiolo, dal modico costo di 15 milioni e 730mila euro, dovesse essere realizzato. Pensato alla fine degli anni ‘50 e discusso nella politica locale tra il 2004 ed il 2005, questo collegamento era inizialmente concepito per unire i comprensori sciistici toscani a quelli emiliani. Sotto allo Scaffaiolo, infatti, arriva un altro impianto di risalita proveniente dall’Emilia con una portata oraria stimata di 1800 persone. Unite alle 240 del nuovo tratto toscano fanno più di duemila persone all’ora in un paradiso piccolo e unico dal patrimonio naturalistico importantissimo. Per contrastare questo progetto, rifinanziato con forza nel 2017 dall’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Luca Lotti, sono nati i due comitati “Un altro Appennino è possibile” sul versante emiliano e toscano. La politica nazionale e quella della Regione Toscana si sono dimostrate però insensibili alle richieste dei due Comitati che rappresentano i cittadini del territorio della Montagna Pistoiese. Una tale realtà, che ormai da decenni vive un lento ed inesorabile declino, ben altro chiedeva e abbisognava invece che una nuova funivia pressoché pianeggiante. Non è un caso infatti che in nessuno dei due comuni coinvolti dal progetto (Abetone-Cutigliano e San Marcello-Piteglio), non si fosse mai parlato di questa nuova infrastruttura durante ben due mandati politici.
Ed invece la Regione Toscana ha spinto sull’acceleratore ignorando il parere negativo della Sovrintendenza del 2020 e aggiungendo altri 10 milioni ai 5 previsti inizialmente dal finanziamento nazionale. Così si arriva appunto alla cifra di cui abbiamo parlato inizialmente di 15 milioni e 730 mila euro. E qui uno dei tanti paradossi; poiché, oltre che la Sovrintendenza, la Regione Toscana ha scelto di ignorare anche i vincoli ambientali votati dalla Regione stessa (tipico esempio di schizofrenia politica) su un’area che ad oggi risulterebbe protetta come Zsc (zona speciale di conservazione) ma per la quale la Regione non ha mai stilato un Piano di Gestione (ormai da sette lunghi anni). Infine, per far digerire un progetto che sarebbe stato male accolto dai montanini stessi, è stato inscenato quello che possiamo definire un “ricatto del tempo”. Difatti, quando in molti hanno chiesto se fosse possibile investire diversamente quella enorme quantità di denaro, è stato risposto che la scadenza del 31/12/2024 per l’esigibilità di quei fondi rendeva impossibile vagliare altre alternative. O così o niente insomma.
Allo stato attuale delle cose, tuttavia, è in corso solo lo studio geologico ed archeologico sul territorio che ha impiegato “solo” 70mila euro di tutto lo stanziamento. Appare quindi impossibile che entro la fine del 2024 l’opera possa essere completata come dichiarato. Scatterà dunque probabilmente una proroga? Scenario alquanto grottesco vista la fretta e l’urgenza con cui si sono voluti accelerare i tempi per silenziare ogni forma di informazione e protesta locale. Attraverso il Comitato “Un altro Appennino è possibile-Versante toscano” i cittadini però resistono. Di recente un incontro online con la presenza dell’europarlamentare dei Verdi Rosa d’Amato ha evidenziato le inadempienze della Regione Toscana per quanto riguarda il rispetto della Zona di protezione speciale facente parte della rete “Natura 2000” su cui ricadrebbe la progettazione. Tali inadempienze sono state segnalate al Commissario europeo Sinkevicius che, con i tempi del caso, darà una risposta.
Nel frattempo sono previste altre iniziative ed è in corso un’attenta analisi dei progetti e studi di fattibilità economica presentati a sostegno dell’opera. In particolare viene contrastata la decisa aleatorietà dei dati sui possibili introiti della suddetta funivia che ipotizzano un numero di 45mila presenze annue (123 al giorno). Contato che tale funivia sorge e soprattutto arriva in uno dei punti più ventosi d’Europa (in particolare, il 25 novembre 2020 è stato toccato il record europeo di 270 km/h) è verosimile aspettarsi che resterà chiusa per svariati giorni all’anno e che, di conseguenza, le mancate presenze di quei giorni dovranno essere spalmate su quelli rimanenti. Si creerebbero così picchi giornalieri con migliaia di persone, numero che sembra poco realizzabile ma che significherebbe anche, per il Lago Scaffaiolo, la distruzione dei suoi habitat naturali unici. Oltre alla creazione di questo nuovo impianto lungo più di due chilometri, verrà anche ristrutturato un altro troncone che, partendo dalla stessa località, giungerebbe però alla Croce Arcana, situata anch’essa sul picco del crinale e distante circa tre chilometri dal secondo punto di arrivo. Riflettendo quindi sul perché il primo troncone (oggi rudere) sia stato abbandonato, non è lecito anche chiedersi se i doppioni che si verranno a creare non finiranno con l’ostacolarsi l’un l’altro?
Questo e molti altri interrogativi ad oggi non hanno avuto risposta dalla politica che appare sempre più incapace di far fronte alle sfide del XXI esimo secolo. Politica che poi, per quanto riguarda la Regione Toscana, ha scelto di puntare su un solo progetto senza vagliare un altro possibile impiego di quell’enorme somma di denaro come invece fatto da tutte le altre regioni che hanno beneficiato di tali fondi. Il cambiamento climatico, la sfida più grande, ci sta mostrando che le soluzioni del passato non possono più risolvere i problemi del presente e del futuro. Serve un cambiamento, una nuova visione della Montagna, serve insomma un altro Appennino. © RIPRODUZIONE RISERVATA