Il Deposito unico nazionale non sarà operativo prima del 2039, ha dichiarato il titolare del dicastero che si occupa della Sicurezza energetica. Sarà realizzato e gestito dalla Sogin che provvede già alla dismissione e alla messa in sicurezza dei vecchi siti nucleari. E questo lo si sapeva già. Il ministro piemontese si dimentica di precisare però che il 70% dei materiali radioattivi di tutta Italia sono stoccati in Piemonte perché riguardano gli elementi di combustibile provenienti dalla centrale nucleare del Garigliano (Campania), collocati da decenni nel deposito Avogadro di Saluggia (Vercelli). E dice una sciocchezza quando afferma che la Francia non potrebbe trattarli quando si rifiuta di farlo perché teme che l’Italia non se le prenda più indietro

◆ Il commento di GIAN PIERO GODIO
► Delle scorie nucleari e di materiali radioattivi in Piemonte è tornato a parlarne il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Nel corso dell’audizione nelle Commissioni VIII e X della Camera dei deputati il titolare del dicastero ha affermato che «Sulle basi delle stime più recenti fornite dalla Sogin, orientativamente si ritiene che si possa prevedere per il 2029 il rilascio del provvedimento di autorizzazione unica e per il 2039 la messa in esercizio del Deposito unico nazionale delle scorie». La realizzazione del Deposito, con annesso Parco tecnologico, è affidata alla Sogin, la società pubblica che cura la dismissione e messa in sicurezza dei vecchi siti nucleari sparsi in Italia.
Qualche precisazione sulle affermazioni del ministro Pichetto Fratin è opportuna. Egli sa bene che il Piemonte ha più del 70% dei materiali radioattivi di tutta Italia solo perché dei 28.000 TBq (TeraBecquerel) presenti in Piemonte, 26.000 sono dovuti agli elementi di combustibile provenienti dalla centrale nucleare del Garigliano (Campania), collocati da decenni nel deposito Avogadro di Saluggia (Vercelli). E queste barre portate sin qui dalla centrale del Garigliano (Sessa Aurunca-Caserta) non rimangono qui perché gli impianti francesi non le possono trattare per ragioni tecniche – come si è avventurato a dire lui – ma perché le autorità francesi sono sicuri (e, quindi non si fidano) che l’Italia si doti di un proprio deposito nucleare per riprenderseli indietro: tutto ciò è scritto nelle relazioni ufficiali pubbliche. Il ministro fa poi intendere che gli enti nucleari francesi – se l’Italia glielo concedesse – potrebbero esercitare dei «diritti di prelievo» sulle scorie radioattive che devono rientrare in Italia perché – secondo Pichetto Fratin – queste scorie possono essere utilizzate per i futuri reattori di quarta generazione: ma quando mai? E pure dopo essere state vetrificate? Parole in libertà e assurdità senza senso.
Per quanto concerne il deposito unico nazionale, incidentalmente il ministro dell’Ambiente ha dichiarato che l’autocandidatura del Comune di Trino riguardava un sito che era stato prima escluso da Sogin perché ospitava un impianto industriale che poi invece era stato chiuso: dobbiamo intendere che fosse il sito di Leri Cavour? Buono a sapersi! Nel merito Pichetto Fratin afferma che nel futuro Deposito unico nazionale sarebbero collocati per lo smaltimento (cioè in maniera definitiva) solo i materiali radioattivi di “molto bassa” e “bassa radioattività”, facendo finta di dimenticare che ci sarebbero collocati in via definitiva anche quelli a “media attività” a vita più breve, che non sono poca cosa.
Se pensieri e concetti del ministro sono vaghi, almeno le quantità ufficiali dei materiali radioattivi sono ben specificate da Sogin, che di questi materiali radioattivi è la maggiore detentrice. Sono indicate nelle due tabelle seguenti, e le riteniamo correttamente individuate. Su questi argomenti, Legambiente e Pro Natura del Vercellese la pensano da sempre nel modo seguente. «Per il deposito nucleare nazionale dobbiamo pretendere una selezione oggettiva, scientifica, trasparente e partecipata, nella quale far valere tutte le ragioni di non idoneità, ma non possiamo tirarcene fuori per principio, perché altrimenti tutti faranno così, e i materiali radioattivi rimarranno nei luoghi attuali che sono i più pericolosi per tutti». Ma, se pure è indispensabile e urgente un deposito per seppellire il nucleare pregresso, «saremo − scrivono le associazioni ambientaliste − a fianco di cittadini e amministratori coinvolti dalla proposta di Carta nazionale delle Aree Idonee (Cnai) oppure da autocandidature militari proprio per rimarcare le specifiche criticità dei vari siti in ogni regione e contribuire così a far emergere a livello nazionale il sito più sicuro possibile per tutti».
E concludono: «Ma nessuno parli più di nuove centrali nucleari, perché è bene che si sappia che persino la Piattaforma per il Nucleare Sostenibile, voluta dal ministro, a pagina 81 del proprio Rapporto finale del Gruppo di Lavoro 5 “Rifiuti e decommissioning” scrive che per il “nuovo nucleare” «… occorrerà localizzare e costruire uno o più depositi di smaltimento per i rifiuti radioattivi. Concettualmente il layout sarà simile a quello del deposito attualmente in fase di localizzazione da parte della Sogin SpA, ma sarà ad uso esclusivo dei rifiuti da esercizio (e del futuro decommissioning) dei nuovi impianti di potenza».
«Nuovo nucleare vorrebbe dire anche nuovi ulteriori depositi di materiali radioattivi, insomma si ricomincerebbe davvero daccapo». © RIPRODUZIONE RISERVATA