Tutto il mondo auspicava che Teheran non disponesse della atomica e gli Usa erano gli unici a possedere l’arma necessaria. Un alibi perfetto per scippare il momento decisivo dalle mani del premier israeliano. Netanyahu è costretto a ringraziare Trump per avere sparato il colpo vincente Ma così facendo ammette di non avere partecipato all’atto topico, al gesto “storico”. Trump si reputa un magnifico manipolatore ma Netanyahu e Putin non sono da meno: sono due professionisti


◆ Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

Alcuni edifici colpiti dai bombardamenti iraniani a Ramat Gan, Israele, 14 giugno 2025 (credit foto Amir Levy/Getty Images)

In politica tutto è strumentale, utilitaristico, profittevole. Applicabile a mille usi, funzionale ad ogni sbocco. “Cogliere l’attimo” è la regola, anche contraddicendosi. Rimangiarsi quanto detto e fatto è normale se si presenta una opportunità migliore. Trump con l’Iran aveva iniziato correttamente. L’allarme sulla soglia raggiunta dall’arricchimento nucleare lo aveva spinto ad aprire un confronto con la autorità iraniane. I negoziatori erano arrivati al terzo o quarto round, dichiarando soddisfazione per il clima e gli avanzamenti nella condivisione. Nel frattempo il presidente americano aveva, riservatamente, bloccato le velleità israeliane di attaccare i siti nucleari.

Alla fine Netanyahu ha dato autonomamente il via alla guerra dei “dodici giorni” di fronte ad un Trump prudente, poco coinvolto. A quel punto gli “spiriti animali” di Trump hanno ruggito. Tutto il mondo auspicava che Teheran non disponesse della atomica e gli Usa erano gli unici a possedere l’arma necessaria. Un alibi perfetto per scippare il momento decisivo dalle mani del premier israeliano. Netanyahu è costretto a ringraziare Trump per avere sparato il colpo vincente Ma così facendo ammette di non avere partecipato all’atto topico, al gesto “storico”.

Siti nucleari iraniani su cui i bombardieri americani hanno scaricato 30 tonnellate di bombe solo su Fordow

Trump ha seguito tutte le mosse di Netanyahu senza intervenire, quasi a prenderne le distanze. Salvo impossessarsi del merito principale (e apparentemente finale) con un blitz inaspettato e persino controverso tra i suoi sostenitori. Nell’annuncio della “vittoria” non c’è spazio per Israele, solo l’enfasi per gli imbattibili “guerrieri” americani. Insomma Trump, come avrebbe fatto qualunque politico vanitoso (ma lo sono tutti) ha immaginato che fosse il momento di recuperare – grazie all’eroismo militare – immagine e credibilità dopo la partenza confusa, velleitaria, contraddittoria della sua presidenza.

Un’ultima annotazione: la blanda protesta della Russia, storica alleata dell’Iran. Ciò può apparire come una prudenza che tiene conto dello svilupparsi di novità nelle relazioni tra Washington e Mosca. Non vorrei essere nei panni di Zelensky. Credo che nella testa di Trump l’Ucraina possa essere scambiabile con nuovi “successi”. Stia attento! Trump si reputa un magnifico manipolatore ma Netanyahu e Putin sono due professionisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.