Nel 2024 l’incremento della temperatura mondiale è stato di 1,55°C rispetto ai livelli preindustriali e crescono siccità e alluvioni. La perdita di massa delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide è quadruplicata dagli anni ’90 e rappresenta ora la principale fonte di innalzamento del livello medio del mare a livello globale dovuto alla criosfera. Ma ci sono anche notizie confortanti. Nel 2024 l’installazione delle rinnovabili ha registrato una crescita del 15,1%. L’energia solare da sola ha registrato un aumento del 32% su base annua, aggiungendo 452 GW, mentre l’energia eolica è cresciuta dell’11,1%. Per la mobilità, nel 2024 sono state ben 17,1 milioni le auto elettriche vendute nel mondo (+25% sul valore record del 2023). E, nel 2025, secondo la Iea un’auto su quattro sarà elettrica con 20 milioni di vetture vendute. Ma gli ordini esecutivi di Trump mirano a rallentare lo sviluppo delle energie rinnovabili per rilanciare il nucleare che non tiene il passo della competitività economica del green

◆ L’analisi di GIANNI SILVESTRINI, direttore scientifico del Kyoto Club e di QualEnergia
► Negli Usa di Trump è in atto un’offensiva aggressiva, con misure drastiche contro le istituzioni impegnate nella cultura e nell’ambiente, con l’eliminazione di molte misure a favore delle rinnovabili o della mobilità elettrica e con il rilancio dei combustibili fossili e del nucleare. L’Unione Europea cerca di mantenere la barra dritta sulla politica ambientale, ma è chiaramente indebolita da paesi che ritengono questo impegno un inutile fardello. Per esempio, in un contesto politico in rapida evoluzione, l’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni di Co2 entro il 2040, è stato posticipato più volte. E poi c’è la Cina, nettamente il primo responsabile per le emissioni (il secondo considerando le emissioni cumulative). Da Pechino arrivano però segnali interessanti. Per la prima volta, infatti, il boom delle rinnovabili ha consentito di ridurre la produzione di anidride carbonica, nonostante la rapida crescita della domanda di energia. Secondo Carbon Brief le emissioni cinesi sono diminuite dell’1,6% su base annua nel primo trimestre del 2025 e dell’1% negli ultimi 12 mesi.

Insomma, i segnali che vengono dalle politiche climatiche internazionali sono, quanto meno, altalenanti e questo, malgrado un allarme climatico sempre più preoccupante. Il 2024 è stato l’anno record, con un incremento della temperatura mondiale di 1,55°C rispetto ai livelli preindustriali e sono aumentati gli impatti devastanti sul fronte delle siccità e delle alluvioni che, secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, hanno portato allo spostamento di centinaia di migliaia di persone. Peraltro, la perdita di massa delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide è quadruplicata dagli anni ’90 e rappresenta ora la principale fonte di innalzamento del livello medio del mare a livello globale dovuto alla criosfera. E questo è solo uno degli impatti che lasciamo in eredità alle generazioni future.
Malgrado i segnali sempre più preoccupanti, l‘attenzione rispetto ai rischi dell’emergenza climatica sembra pericolosamente attenuarsi, in particolare da parte di molti governi. Del resto, anche la reazione che aveva portato negli scorsi anni centinaia di migliaia di giovani a manifestare in centinaia di città del mondo si è ridotta. Assistiamo, così, ad una pericolosa frenata sui temi ambientali che porta in alcuni casi a situazioni paradossali. Pensiamo alla Sardegna, alimentata da carbone e da residui della raffinazione, che si oppone alla diffusione delle rinnovabili. In questo cupo panorama, qualche segnale interessante viene proprio dallo sviluppo delle tecnologie pulite.
Nel 2024 l’installazione delle rinnovabili ha registrato una crescita del 15,1%. L’energia solare da sola ha registrato un aumento del 32% su base annua, aggiungendo 452 GW, mentre l’energia eolica è cresciuta dell’11,1%. L’altro comparto in rapida crescita è quello della mobilità. Nel 2024 sono state infatti ben 17,1 milioni le auto elettriche vendute nel mondo con un incremento del 25% sul valore record del 2023 di 14 milioni di auto vendute. E, nel 2025, secondo la Iea un’auto su quattro, cioè 20 milioni di vetture vendute saranno elettriche. Malgrado le resistenze, i passi indietro in alcuni paesi, le trasformazioni in atto stanno iniziando ad incidere sulla crisi climatica. Considerando infatti gli incrementi delle rinnovabili e della mobilità elettrica del 2025, è possibile che quest’anno o il prossimo si raggiunga un picco delle emissioni globali di Co2.

Il miraggio nucleare. Negli ultimi anni è riapparsa in molti paesi, inclusa l’Italia, l’idea di affidarsi o rafforzare il nucleare. A fronte di questo miraggio, ci sono i dati che spiegano con chiarezza quali sono le tecnologie che possono rapidamente garantire elettricità a basso prezzo. La figura che segue, elaborata da Ember, evidenzia la stasi della generazione dal nucleare a livello mondiale negli ultimi sei anni e la crescita esponenziale del fotovoltaico, che nel mese di aprile 2025 ha portato ad un sorpasso dei TWh solari rispetto a quelli atomici. Ma, allargando lo sguardo alle altre tecnologie verdi ed estendendo l’arco temporale dal 2000 a oggi, si nota il progressivo calo percentuale del contributo del nucleare sceso oggi al 9% della produzione elettrica. E questo, a fronte dell’incremento rapidissimo del solare e dell’eolico (Fig. 2). La principale ragione di questa dinamica è data dalla crescente economicità e competitività di queste tecnologie green in larga parte del mondo.
Ma c’è un ulteriore elemento che spiega il successo delle rinnovabili. Parliamo del contributo dei sistemi di accumulo a costi sempre più bassi. Al crescere della quota di energia verde il ruolo dei sistemi di stoccaggio dell’elettricità, come quello delle linee di trasmissione, diventa importantissimo. Eppure, sono sempre maggiori gli investimenti e la fascinazione nei confronti del nucleare, in particolare degli Small Modular Reactors. Secondo la Iea, il successo degli Smr e la velocità della loro adozione dipenderanno però dalla capacità di ridurre i costi entro il 2040 a un livello simile a quello dei progetti idroelettrici e eolici offshore su larga scala e gli investimenti dovrebbero aumentare da meno di 5 miliardi di dollari a 25 miliardi di dollari entro il 2030, con un investimento cumulativo di 670 miliardi di dollari entro il 2050. L’aspetto curioso è che malgrado l’enorme interesse nei confronti degli Smr, non c’è un solo impianto in funzione nel mondo occidentale e, anzi, alcuni progetti come Nuscale e Nuward sono stati bloccati.

Gli Usa ci provano. Nel mese di maggio il Presidente Trump ha firmato quattro ordini esecutivi volti ad accelerare la costruzione di centrali nucleari negli Stati Uniti. Un ordine impone alla Nuclear Regulatory Commission di semplificare le proprie normative e di non impiegare più di 18 mesi per approvare le richieste di nuovi reattori. L’ordine esorta inoltre l’agenzia a valutare la possibilità di abbassare i limiti di sicurezza per l’esposizione alle radiazioni. L’amministrazione Trump si è anche posta l’obiettivo di quadruplicare le dimensioni del parco nazionale di centrali nucleari, passando dagli attuali quasi 100 GW a 400 GW entro il 2050. La proposta di legge di politica interna approvata a maggio dai Repubblicani della Camera mira a bloccare il sostegno federale alla maggior parte delle fonti rinnovabili. Tuttavia, l’industria nucleare ha ottenuto un’esenzione: le aziende che intendono costruire nuovi reattori potranno comunque beneficiare di agevolazioni fiscali a condizione che inizino la costruzione entro la fine del 2028.
Ciò nonostante, lo sviluppo di nuovi reattori negli Stati Uniti si sta rivelando estremamente difficile. Sebbene il Paese disponga della più grande flotta di centrali nucleari al mondo, solo tre nuovi reattori sono entrati in funzione dal 1996. Molte aziende di servizi pubblici sono state scoraggiate dai costi: i due reattori più recenti costruiti presso la centrale nucleare di Vogtle in Georgia hanno raggiunto un costo complessivo di 35 miliardi di dollari, il doppio delle stime iniziali, e sono stati realizzati con sette anni di ritardo. Recentemente, più di una dozzina di aziende ha iniziato a sviluppare reattori Smr, ma finora, nessuno di questi impianti di nuova generazione è stato costruito, sebbene siano in corso progetti in Wyoming, Texas e Tennessee. Malgrado l’accelerazione delle autorizzazioni, i primi reattori che verranno costruiti saranno estremamente costosi. Per questa ragione, uno degli ordini esecutivi impone al Dipartimento dell’Energia, che attualmente dispone di circa 400 miliardi di dollari, di rendere disponibili risorse per il riavvio degli impianti nucleari chiusi e la costruzione di nuovi reattori. L’ordine fissa l’obiettivo di avere 10 grandi reattori in costruzione entro il 2030. Auspici velleitari, che si scontrano con la rapidissima crescita di rinnovabili ed accumuli. Che, non a caso, ora vengono frenati. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Questo articolo sarà pubblicato anche sul prossimo numero di “Qualenergia”