
Presentato al festival di Cannes nel 2025, Andrea Arnold torna dopo il documentario Cow (2021) con una nuova opera cinematografica che si sottrae alle classiche categorizzazioni. La regista britannica racconta i sobborghi e il sottoproletariato in un’opera scevra di giudizi, ripercorrendo i luoghi della sua infanzia nel Kent. Ogni inquadratura cattura un paesaggio pregno di dolore e povertà, ma che brulica di diversità e bellezza. Franz Rogowski incanta in un’interpretazione di leggiadra grazia, diventando il simbolo della sconfinatezza tipica del cinema di Arnold
◆ La recensione di GIULIA FAZIO
► Bird è un racconto magnetico e instabile. La scrittura è scarna e asciutta e l’uso della camera a mano impone allo spettatore di seguire i movimenti vagabondanti della protagonista. Queste semplici caratteristiche sono reiterate nei film della regista britannica Andrea Arnold che confezionata poesie armoniose e crudeli senza eccessivi e ridondanti esercizi di stile. Il film è stato presentato al festival di Cannes l’anno scorso, ma è approdato nelle sale solo nel maggio 2025. Ne è valsa l’attesa, perché Arnold è la cineasta più spontanea della sua generazione: il suo approccio resta immutato, rappresentando storie in modo del tutto personale.
Al centro della narrazione vi è l’adolescente Bailey (Nykiya Adams) che vive in un sobborgo del Kent con il giovane padre Bug, interpretato da Barry Keoghan, e il fratellastro Hunter, in un mondo caotico dove non vi sono confini precisi: il suo letto è un sacco a pelo che giace in terra e nel quale si rifugia in cerca di isolamento. La madre, invece, vive con gli altri tre figli ed è vittima di un compagno violento dal quale l’adolescente cerca di salvarli. Bailey e Bug sembrano avere un forte legame fino a quando l’uomo non decide di sposarsi innescando la ribellione della figlia che non accetta il cambiamento repentino che questa scelta, ritenuta impulsiva, comporterà nelle loro vite. Dopo una lite con il padre, Bailey scappa e si addormenta in un campo, al suo risveglio incontra Bird (Franz Rogowski), un uomo alla ricerca dei genitori che le appare come una visione. Per Bailey, aiutare Bird diviene un’occasione di crescita, nonostante la diffidenza iniziale, la sua aura magica la condurrà verso una metamorfosi interiore.

Il tema della metamorfosi è frequente nella letteratura classica per raccontare la tematica del cambiamento e la regista britannica adopera tale espediente per informarci sull’anima dei suoi protagonisti. Bailey sente un profondo senso di solitudine in una quotidianità caotica, testimone di violenza domestica, ingiustizia e difficoltà economiche. La sua ricerca d’identità avviene in un luogo che non crea delle prospettive edificanti per il futuro, sotto la guida di genitori che non riescono loro stessi a trovare una bussola, facendola sentire come un uccello trascinato nella tempesta verso l’incertezza. Bailey, però, trova nella dolcezza di Bird un luogo nel quale lasciarsi andare. Quell’uomo che dall’alto di un edificio attende è l’immagine più potente dell’opera: evocativa, magnetica e misteriosa. Nel caos della vita, Arnold ci impone di soffermarci a guardare con l’ingenuità e la malinconia dell’immaginazione adolescenziale, quella che permette di evadere la realtà in cerca di bellezza. © RIPRODUZIONE RISERVATA