Due nuove ricerche internazionali confermano i rischi gravi per la salute umana correlativi al consumo di alimenti “arricchiti” da ingredienti artificiali — tra cui coloranti, aromi e dolcificanti, additivi, emulsionanti, edulcoranti o addensanti — usati allo scopo di esaltarne i sapori e renderne più gradevole la consistenza al palato. La prima mette insieme le evidenze raccolte in otto Paesi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Cile e Messico, La seconda ricerca, condotta in Germania, evidenzia che l’obesità sempre più diffusa potrebbe avere origine nel cervello, proprio a causa dell’alterazione della sensibilità all’insulina a livello cerebrale. In altri termini, i cibi “ultraporcessati” (snack, dolci industriali, bibite e altri prodotti) creano dipendenza e accorciano la durata della vita dei consumatori. In Italia quasi sei milioni di obesi


◆ L’analisi di VITO AMENDOLARA                                        

La punta dell’iceberg è rappresenta da una nuova ricerca pubblicata, ad aprile 2025, sull’American Journal of Preventive Medicine, che conferma e si spinge oltre, affermando con cognizione di causa che un aumento del consumo di cibi ultra-processati del 10% corrisponderebbe a una crescita del 3% del rischio di morte prematura, prima di raggiungere i 75 anni. La ricerca correttamente specifica che non si tratta di un nesso diretto di causa-effetto, ma, in media, sul totale delle morti premature registrate, uno su sette è associabile al consumo di questo tipo di alimenti. Questo dato conferma che esiste un’associazione statisticamente significativa. L’indagine, abbastanza complessa, mette insieme le evidenze raccolte in otto Paesi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Cile e Messico. La percentuale dei decessi prematuri attribuibili al consumo di cibi ultra-processati è rispettivamente del 4% in Colombia, 5% in Brasile, 6% in Cile, 11% in Canada, e cresce fino al 14% negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Ogni anno, i decessi prematuri associati a questo tipo di alimentazione sono circa 125mila negli Stati Uniti e 18mila in Gran Bretagna.

Un elemento inquietante, su cui riflettere, è la spiegazione data a The Guardian da Eduardo Augusto Fernandes Nilson, primo firmatario dello studio e componente della “Oswaldo Cruz Foundation” di Rio de Janeiro. Secondo Fernandes Nilson, le morti premature, attribuibili al consumo degli alimenti ultra-processati, aumentano in base alla quota percentuale nell’apporto energetico totale dell’individuo. Questi cibi influiscono sulla salute, al di là dell’impatto individuale dell’elevato contenuto di nutrienti critici – sodio, grassi trans e zuccheri –, anche  per via delle modifiche apportate agli alimenti, durante la lavorazione industriale, in particolare nell’uso di ingredienti artificiali, tra cui coloranti, aromi e dolcificanti artificiali, emulsionanti e molti altri additivi e coadiuvanti. 

L’altra notizia che corrobora la tempesta perfetta, è rappresentata dal ruolo e dal rapporto devastante che i cibi ultra-processati hanno con il sovrappeso e l’obesità, che in Italia riguarda quasi 6 milioni di persone. Con un incremento del 38% rispetto al 2003, secondo gli ultimi dati Istat. Uno studio recente – pubblicato sulla rivista scientifica Nature Metabolism e condotto dal Centro tedesco per la ricerca sul diabete (Dzd), dall’Istituto di ricerca Helmholtz di Monaco e dall’Ospedale Universitario di Tubinga – ha scoperto che questa “epidemia” di obesità potrebbe avere origine nel cervello, proprio a causa dell’alterazione della sensibilità all’insulina a livello cerebrale.

Nello specifico, secondo i risultati della ricerca, basterebbero appena cinque giorni di consumo di “cibo spazzatura” (snack, dolci industriali, bibite e altri prodotti ultra processati), affinché i modelli cerebrali di una persona sana, vengano alterati sia a livello di resistenza all’insulina sia nel sistema di ricompensa, che gioca un ruolo attivo nelle scelte alimentari. Lo studio dimostra per la prima volta che anche il consumo a breve termine di alimenti altamente trasformati e non salutari porta a gravi alterazioni cerebrali in individui sani, e che «questo può essere considerato il punto di partenza per l’obesità e il diabete di tipo 2» ha dichiarato Stephanie Kullmann, autrice principale dello studio.  Se il consumo di cibi ultra-processati dovesse protrarsi a lungo − ha aggiunto la dottoressa Kullmann −, si finirebbe per deregolamentare completamente il sistema di controllo dell’appetito, ovvero ciò che accade quando si sviluppa l’obesità.

A completare “l’opera”, ma questa volta siamo in Italia, ci viene in soccorso lo studio condotto dall’Irccs Neuromed, all’interno del progetto epidemiologico Moli-Sani, pubblicato nel 2024. Esso dimostra che un elevato consumo di alimenti ultra-processati, sarebbe associato all’accelerazione dell’invecchiamento biologico, indipendentemente dalla qualità della dieta. Il risultato è stato accertato dopo aver monitorato per 12 anni lo stato di salute di oltre 22mila persone, correlandolo appunto con le loro abitudini alimentari.

Queste ultime ricerche fanno il paio con tutto quanto scritto sinora sul cibo cosiddetto spazzatura. Ma, nonostante si siano accumulate negli ultimi 15 anni, e con andamento esponenziale, prove su un’associazione tra dieta a base di cibi ultra-processati e danni per la salute, la quota di questi cibi nella dieta del cittadino medio mostra un trend in continuo aumento, anche a causa di una pubblicità aggressiva e ingannevole, che condiziona la “domanda”: da prerogativa esclusiva del consumatore è ormai divenuta appannaggio delle multinazionali del cibo. È forse pleonastico affermarlo, ma l’arma più potente di cui impossessarsi per combattere alla pari contro lo strapotere di questi Moloch è la consapevolezza, unico formidabile strumento capace di creare indipendenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Delegato confederale Coldiretti di Bari, precedentemente con lo stesso incarico a Reggio Emilia. Già direttore regionale della Coldiretti Campania, è attualmente presidente dell’Osservatorio Dieta Mediterranea e vicepresidente della “Federazione europea sulla sicurezza sanitaria e sicurezza animale”, con delega alla sicurezza alimentare. È componente dell'Advisor Board della European Lifestyle Medicine Organization di Ginevra. Docente a contratto presso le università Parthenope e Federico II di Napoli. Giornalista pubblicista e accademico della Cucina italiana, nominato dal Presidente Sergio Mattarella Ufficiale della Repubblica

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