Del Grauso innovatore e visionario leggerete nel bell’articolo di Cesare Protettì, che segue queste riflessioni personali. Basato a Cagliari, quando partì il progetto editoriale di “Italia Libera” con chi potevo parlarne per primo se non con Nichi? Tutte le novità per lui erano diventate un balsamo per le tante ferite che gli era toccato subire — o s’era procurato da solo per spirito di avventura e curiosità indomita — e fu anche fra i primi a firmare la lettera di presentazione del progetto scritta a sei mani da Vittorio Emiliani, Pino Coscetta e il sottoscritto (che si sarebbe caricato la responsabilità della firma del giornale). Lo fece “per incoraggiamento”, benché sei anni addietro la sua mente era proiettata verso i grandi aggregatori verticali di notizie. Non esattamente il nostro progetto. Il giornalismo che consumava le scarpe per trovare notizie e analizzarle collocandole nel contesto giusto era già stato sostituito dai telefonini che abbiamo tutti in tasca e dal “citizen journalism” su cui tanto si è ricamato anche a vanvera. Il lavoro delle macchine aggregatrici non lo chiamavamo ancora Intelligenza Artificiale, ma era già presente nei ragionamenti di Nichi.
Non è l’occasione giusta per soffermarmi oggi su questo. Qui voglio ricordarlo com’era in privato: ironico (virtù rara a certe latitudini), diretto, senza fronzoli. Al ristorante pagava sempre lui prima ancora di sederci a tavola, a casa si scioglieva da ogni formalità. Nella mansardina della mia fidanzata e poi nella casa del Largo, in cui sono andato poi a vivere con mia moglie, si sentiva come “uno di famiglia”, spiluccando mandarini dal frigorifero, gustandosi — con un piacere contagioso — la bottarga artigianale. Qui e là la battuta icastica. In una frase racchiudeva un saggio di tecnologia, di sociologia o di politica. Come quella volta che la mise giù così (la sintesi è mia): «accanto alle classiche 3M (Massoneria, Mattone e Medici) con cui si descrive Cagliari, ce n’è una quarta: Mediocrità, la M più perniciosa. A chi emerge in proprio bisogna “tagliare o le gambe o la testa”». Da qui anche l’avventura politica “difensiva” per fronteggiare gli assalti avversari, che lo costrinsero a mollare tutto: Radiolina, Videolina e Unione Sarda, finite in mano al costruttore Zuncheddu per 120 miliardi di lire. Un re del mattone — sempre le fatidiche M — capace di far deviare anche strade storiche per far posto ai suoi palazzi davanti agli stagni di Santa Gilla e alla necropoli fenicio-punica più importante del Mediterraneo. Stop. Fine della storia. Torniamo all’antico che è meglio.
Nichi Grauso racconta davanti alla telecamera la lotta contro il tumore al polmone (credit foto Unione Sarda); alle 16 di oggi l’ultimo saluto gli sarà dato nella chiesa dei Santi Giorgio e Caterina, in via Francesco Gemelli 2, alle pendici di Monte Urpinu
L’ultimo progetto di cui Nichi volle parlarmi due giorni prima di Natale, dopo una dozzina di messaggi inviati su whatsapp prima dell’alba, era il summit annuale dei Nobel per la Pace, che voleva riunire a Cagliari il prossimo giugno: «Dedicato alla Sardegna come Isola della Pace e dei Bimbi». Ne parliamo di persona, aggiunse. Gli ultimi mesi della malattia lo hanno divorato prima che ci potesse mettere le mani lui. E ce l’avrebbe fatta. Ti abbiamo voluto bene, carissimo Nichi, anche noi di “Italia Libera”. E mancherai ai tanti che, da liberale anticonformista, hai voluto incontrare, conoscere e con cui fare bisboccia. Se la compagnia era quella giusta. Ciao amico mio. — (igor staglianò)
◆ Il ricordo di CESARE A. PROTETTÌ
►Ho conosciuto il Nicola (Nichi) Grauso editore digitale, visionario, innovatore nel mondo delle comunicazioni. Un precursore. Anche troppo. Non ho conosciuto, invece, l’uomo che tentò l’avventura politica e neanche quello della vicenda del rapimento di Silvia Melis. Sicuramente, però, l’editore visionario è stato protagonista di una ricchissima storia sul mondo dei giornali che diventavano elettronici e delle connessioni che cominciavano ad essere a disposizione di tutti. Il tutto in un’isola bellissima, la Sardegna, che stava diventando l’ombelico europeo del mondo digitale.
Era il 1994. Giovanni Giovannini, allora presidente dell’agenzia Ansa e della Fieg, la Federazione italiana Editori Giornali, mi chiede di accompagnarlo a Cagliari a incontrare i protagonisti di una svolta epocale: i quotidiani diventavano digitali e l’Unione Sarda di Grauso era il primo giornale europeo con una versione su Internet. Un primato che testimoniava la sua capacità di guardare lontano verso le nuove frontiere dell’informazione. Giovannini (che aveva scritto l’introduzione al Rapporto Anee 1994, L’ informazione elettronica verso il Duemila) era anche l’editore (con Gutenberg 2000) di un saggio che stavo scrivendo: Bit e parole. Giornali elettronici, internet, CD-rom, on line, TV interattiva, che sarebbe uscito l’anno seguente. Come rifiutare?
Per di più Cagliari viveva un momento di eccezionale fermento nell’innovazione ed accoglieva alcune delle migliori menti del web mondiale intorno al CRS4, un centro di ricerca concepito come un pezzo del Cern di Ginevra trapiantato in Sardegna e diretto dal premio Nobel, Carlo Rubbia. Proprio al Cern era nato il World Wide Web il 6 agosto 1991. Inoltre la Regione aveva siglato da poco un accordo con Ibm per portare sull’isola un super computer con una eccezionale capacità di calcolo per l’epoca. Insomma era nato a Cagliari un ecosistema digitale che ha reso epicentro del web una delle regioni più povere d’Italia. A Cagliari non incontrammo Rubbia, ma un giovane ingegnere olandese al quale Grauso aveva affidato la realizzazione della sua “visione”. Si chiamava Reinier van Kleij, aveva 32 anni e parlava e scriveva in olandese, inglese, italiano e tedesco. Capiva anche il francese e voleva imparare l’arabo. Fino al 1992 aveva lavorato come ricercatore alla facoltà di Matematica tecnica ed informatica del politecnico di Delft. «Poi l’amore per una ragazza lo ha portato qui – ci disse Grauso ammiccando – e io non me lo sono lasciato sfuggire».
La prima illustrazione grafica del passaggio dalla carta al digitale
Nichi Grauso aveva avuto fiuto, nel 1993, a ingaggiarlo come gestore del sistema per il progetto “L’Unione Sarda On Line“. Infervorato, ci spiegava quel mondo che stava scoprendo e che prometteva una svolta epocale per il mondo dell’editoria e della comunicazione. Prendeva Giovannini sotto braccio e ci portava a vedere come si stava trasformando la redazione dell’Unione Sarda, con i giornalisti che scrivevano sui computer i loro articoli che, pochi secondi dopo, potevano essere letti su altri computer in varie parti del mondo grazie a un programma che Reiner aveva realizzato insieme a Pietro Zanarini, uno dei ricercatori che dal Cern di Ginevra era venuto a lavorare a Cagliari.
Quella redazione, con tutti i giornalisti dotati di pc da tavolo e word processor (e i grafici di un software per impaginare) era una svolta per l’editoria digitale. E lo era anche larete locale aziendale, una pionieristica Intranet, che permetteva di condividere i contenuti all’interno della redazione. «I nostri connazionali nelle università di tutto il mondo – diceva Grauso a Giovannini con trasporto – leggono L’Unione Sarda quando non è stata ancora stampata». E Giovannini si stupiva di come le cose che aveva visto al Mit, illustrate da Nicholas Negroponte, diventavano realtà anche in Italia, su un’isola e in un tempo in cui i cellulari erano nati da poco e fare un’interurbana costava un salasso.
Reinier van Kleij affiancò Grauso anche nella sua avventura per l’Internet Service Provider (Isp) Video On Line. In dodici mesi Video On Line era diventato il principale Isp in Italia con 300 nuovi abbonamenti al giorno e aveva aperto uffici a Malta, la Repubblica Ceca, Turchia, Israele, Egitto. «Il mio obiettivo – disse Grauso a Giovannini – è offrire accesso gratuito a internet e promuovere la diffusione del web in Italia». Video On Line era cresciuta rapidamente, ma restava piccola in un mondo di giganti. Era stata una iniziativa geniale, ma per la quale occorrevano capitali enormi e che comunque era ancora troppo in anticipo sui tempi: nel giugno del 1996 Video on Line fu assorbita da Telecom On Line per diventare Tin.
Giornalista e saggista, è stato fino al gennaio 2016 il direttore delle testate del Master di Giornalismo dell’Università Lumsa di Roma, dopo essere stato per molti anni docente ai corsi per la preparazione all’esame di Stato organizzati dall’Ordine dei giornalisti a Fiuggi. E’ stato Caporedattore centrale dell’agenzia di stampa ApBiscom (ora Askanews) dopo una lunga carriera all’Ansa nel Servizio Diplomatico, al Politico e agli Interni. Autore di una decina di saggi e manuali, con Stefano Polli ha scritto E’ l’agenzia bellezza! (seconda edizione nel 2021), ha curato “Pezzi di Storia” (2021) ed è coautore del libro di Giovanni Giovannini Il Quaderno Nero, Settembre 1943-aprile 1945 (2004, Scheiwiller).
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