Le bombe piovono su case, scuole, ospedali. I bambini muoiono sepolti sotto le macerie, le famiglie vengono cancellate nel silenzio assordante di una comunità internazionale paralizzata, impotente o complice. I jet recentemente hanno sganciato su Khan Younis decine di bombe penetranti ed hanno perfino impedito i tentativi di soccorso
◆ La lettera aperta di ALESSIO LATTUCA
In terra palestinese dove da mesi non entrano aiuti, oltre l’80% delle famiglie non ha accesso all’acqua potabile e i bambini muoiono di fame. Benjamin Netanyahu guida una campagna che non può più essere definita “difensiva”. È vendetta. È spianamento. È annientamento. È mattanza. È genocidio. Nulla può giustificare la punizione collettiva di Gaza. Nulla può giustificare le pratiche del cinico Netanyahu che rimane una figura inquietante per gli occidentali: che non possono più subire l’intensificarsi del conflitto nelle ultime settimane, i vergognosi piani di occupazione, deportazione e annessione.
D’altronde non è la prima volta nella storia recente di Israele. Già nel 1982, durante l’invasione del Libano e il massacro di Sabra e Shatila, Ronald Reagan parlò apertamente di “un nuovo olocausto”, quando Menachem Begin rispose alla violenza con la distruzione indiscriminata. Oggi la storia si ripete, forse peggio, e ancora una volta i palestinesi pagano il prezzo più alto, soli. L’appello è rivolto ai governi, alle istituzioni internazionali, ai mezzi di comunicazione: basta giustificazioni. Per dire basta ai silenzi e ai doppi standard. Giacché ogni vittima innocente pesa sulle nostre coscienze. Ecco perché l’appello per un cessate il fuoco immediato, per fermare l’immonda strage, per l’apertura di corridoi umanitari veri, protetti, sia urgente. Affinché i responsabili di crimini di guerra vengano chiamati a rispondere. E perché non ci si abitui mai all’orrore. Perché il silenzio, oggi, è incoscienza. E tacere equivale a complicità.
Un cittadino indignato.
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