Al Gradenigo di Torino la pappa per i pazienti − mai termine fu più appropriato alle incolpevoli vittime di tutte le corsie d’Italia − è ancora quella autunno-inverno. Sembra strano ma ci sono le stagioni anche nelle cucine degli ospedali. Le lamentele di un giornalista infermo muovono però le acque e la società che fornisce i pasti ha annunciato la convocazione a breve della commissione mensa per decidere in dettaglio la dieta primavera-estate. Preannunciata dall’invio al loro capezzale da una meditata porzione di pomodori e lattuga fresca, accompagnata da una micro-bustina di olio extravergine, difficilissima da aprire, forse per scoraggiare i degenti portati a esagerare con il condimento. I proprietari di Humanitas − la famiglia Rocca, UnipolSai, UniCredit, e il suo prestigioso presidente, il professor Alberto Mantovani − saranno al corrente di questa micragnosa contraddizione locale all’alta missione pubblica dichiarata urbi et orbi dal secondo gruppo sanitario nazionale?

Quella che fu la casa di cura della “Congregazione figlie della carità” San Vincenzo de’ Paoli a Torino, è stata acquistata dieci anni fa dal secondo gruppo sanitario nazionale (famiglia Rocca, UnipolSai, UniCredit) presieduto dal prestigioso professor Alberto Mantovani

◆ Il racconto di MAURIZIO MENICUCCI 

“Senti questo!”. Certi assaggi, si sa, portano lontano. E il cucchiaio di minestra perfida – il solito, insostituibile Paolo Conte! – che l’amico e collega Esto (Ernesto) mi allunga dal suo letto di pigionante nell’ospedale torinese Gradenigo, gruppo Humanitas, mi porta in effetti altrove, anche se non molto distante dal punto in cui, purtroppo, siamo già. La questione non è tanto la pessima qualità del cibo appena scarrellato dalla gentile infermiera, aspetto comunque rilevante del problema, visto che la Scienza non finisce di mettere in luce l’importanza della dieta nella terapia. Il vero punto è un altro: è tutto quello che, in questa piccola storia, fa da contorno alla sbobba d’ordinanza, e la rende un verosimile assaggio di quel che sta per diventare la nostra sanità, quando sarà terminato il progetto in cantiere di smantellarla e regalarla ai privati. Il più potente dei quali, Tonino Angelucci, proprietario del Gruppo San Raffaele e dei quotidiani “Il Tempo”, “Libero” e “Il Giornale”, plurindagato e condannato a un anno e 4 mesi per tentata truffa e falso, siede in Parlamento tra i banchi della Lega, per meglio sorvegliare, da lassù, che non ci siano deroghe né intoppi al ‘programma di governo’, anche se si vede che lo fa meglio da casa, essendo in assoluto il deputato più assenteista d’Italia, ancorché eletto da quattro legislature.

Ma ecco i fatti, che risalgono – non è un dettaglio – alla metà di questo mese. Dopo due settimane di squallore alimentare, oltretutto a caro prezzo, anche perché integrato, per forza di cose, da un flusso continuo di alimenti ‘domestici’, Ernesto, come farebbe qualsiasi bravo giornalista, seppur disteso, ha chiesto lumi ai responsabili del servizio, a nome di tutti gli ospiti ‘presi per la gola’. E qui, anche per tutelare lavoratori che in questo momento non sembrano proprio allo zenith dei loro diritti, ci limitiamo a riferire che, in seguito a sommaria indagine, la mensa del Gradenigo risulta in appalto alla Camst: non proprio un Carneade della ristorazione collettiva, anche se chi ne legge i magnifici autoelogi sul sito web fatica ad accoppiarli con quel che segue. 

Perché, racconta ancora Ernesto, ricevute le lamentele e valutata la fonte, la Camst si sarebbe dimostrata comprensiva e rassicurante, almeno nelle intenzioni, spiegando che sì, «il menù era ancora quello invernale, ma che presto sarebbe cambiato, per passare a quello primaverile». A una settimana dal solstizio estivo, l’affermazione dava da riflettere. E infatti, prosegue l’amico, i pazienti tutti sono ammutoliti. Interpretato questo silenzio come una piccola apertura empatica verso l’azienda, quelli della Camst hanno pensato bene di allargarla con una zeppa di munifica liberalità, inviando al loro capezzale una meditata porzione di pomodori e lattuga fresca, accompagnata da una micro-bustina di olio extravergine, difficilissima da aprire, forse per scoraggiare i degenti portati a esagerare con il condimento. La salute, prima di tutto. In ogni caso, si trattava di ingredienti che fino a quel momento, secondo Ernesto, non si potevano trovare neanche in tracce molecolari nei piatti serviti. Caso mai qualcuno fosse allergico. 

Immagine promozionale della Dietologia del Gradenigo. Le diete giuste non le ignorano: non sono riservate ai degenti…

A questo punto, con l’insalata risarcitoria e la misura dell’assurdo già colma, tutto sarebbe potuto finire. Ma qui siamo di fronte ad aziende moderne, che nei frangenti di crisi non esitano a mettere in gioco tutta l’assertività di cui sono capaci per venire incontro alle richieste dei clienti. Cosicché, il giorno seguente, Camst ha reso noto che, di lì a poco, la commissione mensa si sarebbe finalmente riunita, per decidere in dettaglio la dieta primavera-estate. Ora, passati i primi momenti di incredulità, e perfino di terapeutica ilarità, se volessimo cercare fuori dal calendario una logica alla vicenda, in un mondo che concede anche a Donald Trump facoltà di pensiero, la verità potrebbe essere questa. E cioè che al Gradenigo le vettovaglie per la stagione autunno-inverno fossero sovrastimate e perciò, adesso − al netto, speriamo, di muffe e parassiti −, qualcuno abbia inteso propinarle ai ricoverati fino all’ultima briciola, prima di procedere a nuovi acquisti. La domanda più ovvia, però, è se i proprietari di Humanitas, che sono la famiglia Rocca, UnipolSai, UniCredit, e il suo prestigioso presidente, il professor Alberto Mantovani, siano al corrente di questa modesta, proprio nel senso di micragnosa, contraddizione locale all’alta missione pubblica dichiarata urbi et orbi dal secondo gruppo sanitario nazionale. 

Ma forse l’unica vera spiegazione è che siamo alla solita Italia, un paese condannato a far piangere se non facesse ridere, o viceversa, che poi è appunto il segreto della farsa, la forma drammatica di cui siamo campioni: quella dove la commedia non riesce mai a diventare tragedia, pur avendone ogni diritto. Però, se non possiamo sottrarci al primato, almeno candidiamolo all’Unesco. Come patrimonio (sempre più) diffuso, ovviamente. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.

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