Lo chiamano sovranismo ed è nazionalismo, la chiamano libertà e intendono dire che ciascuno può fare ciò che vuole, naturalmente in proporzione alla forza e prepotenza che può mettere in campo. Al primo posto questi tre signori − anzi, maschi − preparano la guerra alla Europa Unita, il loro vero avversario. Hanno capito che Bruxelles è di fronte ad un bivio decisivo: o imbocca la strada del federalismo organico o la speranza tramonterà per sempre. L’idea di Trump prevede di assegnare la distruzione del Vecchio Continente a Putin. Dopo la rottura con Musk rinuncia a Marte e coltiva l’idea della riviera di Gaza
◆ Il pensierino di GIANLUCA VERONESI
►Tre signori hanno deciso di riorganizzare la nostra vita senza che nessuno glielo avesse chiesto. “Signori” unicamente nel senso di uomini anzi, ancor meglio, di maschi. Non certamente nel significato di statisti competenti, politici equilibrati, gentleman moderati. Si chiamano, in sequenza alfabetica, Netanyahu, Putin, Trump. Hanno stabilito che è venuta l’ora di introdurre un nuovo ordine sul pianeta e che – modestamente – sono gli unici che possono realizzarlo, secondo il metodo delle aree di influenza. Perché ora? Perché hanno l’impressione che le opinioni pubbliche mondiali non siano più così contrarie all’uso della forza, violenza, prepotenza purché applicate a difenderle da pericoli incombenti che più sono vaghi più sono terrorizzanti. Contribuisce anche lo stemperarsi fisiologico del ricordo della seconda guerra mondiale.
Il primo obiettivo è combattere la globalizzazione e rallentare l’integrazione della economia planetaria, ripristinando un po’ di nazionalismo che loro chiamano sovranismo. La parola corretta sarebbe protezionismo: da sempre e dovunque gli imprenditori non amano la concorrenza e la competizione. È l’unica creatività che paradossalmente premia il più debole: il cliente. In un “libero mercato” l’infinità degli acquirenti e dei fornitori azzera la logica dei dazii. Più che a una orgogliosa e patriottica sovranità i tre leader pensano al loro ruolo di sovrani: senza regole, limiti, opposizioni.
La parola magica che li unisce è libertà: che significa che ciascuno può fare ciò che vuole, naturalmente in proporzione alla forza e prepotenza che può mettere in campo o anche solo minacciare. La parola “libertà” è equivoca. Tutti possono nascondersi alle sue spalle, destra sinistra e centro. Appare molto prossima alla parola democrazia, ma non è così. Si tende a confonderla con il termine “diritti” che però necessitano di essere formalizzati, riconosciuti, sanzionabili. Devono essere regolati e valere per tutti oppure per una categoria o per un territorio etc. Quello che pochi comprendono è che contestualmente al nascere di un nuovo diritto nasce un nuovo dovere. Anzi, in teoria, il privilegio di un unico produce l’obbligo per tutti gli altri.
Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.
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