È mancato a 85 anni sabato 5 luglio a Milano, protagonista per decenni della sinistra e dell’ambientalismo italiano. Fra i fondatori dei Comitati unitari di base operai e studenteschi nel Sessantotto milanese, dal 1975 al 1985 è stato consigliere comunale, regionale e parlamentare europeo di Democrazia proletaria. Da senatore dei Verdi nel 1992 e poi da semplice attivista, lavorò per un decennio nel rilancio del movimento nazionale e internazionale per l’acqua come bene comune, per saldare le lotte dei territori a quelle per salvaguardare la vita umana sul Pianeta, fino alla vittoria nel referendum del 2011 per l’acqua pubblica. Nella seconda decade del nuovo millennio, intuì le potenzialità dei movimenti autorganizzati dal basso da intrecciare con un movimento ecologista solido, il cattolicesimo sociale dell’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” e quel che di creativo si muoveva attorno al Movimento 5 Stelle. Senza più la spinta sociale dei movimenti, è quel che prova a fare ora il cosiddetto campo largo. Con dieci anni di ritardo. I funerali mercoledì alla Camera del lavoro di Milano
◆ Il ricordo di IGOR STAGLIANÒ
► Nelle nostre ultime telefonate, per sollecitare un suo intervento su “Italia Libera” o per scambiare qualche opinione sui fatti orrendi che si consumano attorno a noi, nello sterminio dei palestinesi e nella guerra di Putin in Ucraina, era la sua voce flebile e quel fiato che usciva a fatica a restarti nel cuore. Dopo aver parlato dei guai del mondo e di quel che possiamo sempre fare per alleviarne le conseguenze sui più deboli — le vittime predestinate di un modello predatorio che non sembra più avere ostacoli, nelle guerre come nelle tragedie climatiche —, ci siamo sempre lasciati con l’impegno a risentirci, a riparlarne, a capire il da farsi.
Ora che Emilio se n’è andato nei giorni torridi di un’estate atroce (uno dei nemici più infidi per la sua salute fragile da tempo) è scomparsa anche la tessera chiave — per chi scrive — del mosaico da ricomporre ogni volta, per combattere l’ingiustizia sociale e quella climatica, la difesa dei beni comuni e la partecipazione diffusa da praticare con gioia e allegria, per quanto possibile. Com’è avvenuto nell’ultima grande battaglia per l’acqua pubblica che Emilio aveva preparato per anni, sfociata nel referendum del 2011. Vinto assieme al referendum contro il rilancio del nucleare voluto da Berlusconi per fare un piacere al suo amico Sarkozy: una battaglia contro le centrali atomiche che Emilio aveva combattuto da consigliere regionale della Lombardia i primi anni Ottanta del secolo scorso, contro i paraocchi dell’operaismo (lui che l’operaio metalmeccanico l’aveva fatto davvero alla Borletti) e contro il cieco industrialismo della tradizione comunista e sindacale che ha subìto per anni l’inquinamento ambientale e il ricatto del posto di lavoro sul diritto alla salute.
Emilio Molinari è stato così. Sempre un passo più avanti agli altri. Un’avanguardia vera, in grado di girarsi indietro per non perdere i contatti con chi si muoveva nella sua stessa direzione. Personalmente ho avuto la fortuna di frequentarlo da vicino per molti anni, prima nella formazione dei Comitati Unitari di Base (Cub) nelle scuole e nelle università dopo il Sessantotto, affiancati ai primi Cub operai che aveva contribuito a fondare nelle principali fabbriche milanesi e torinesi, dalla Borletti, alla Pirelli, all’Alfa Romeo, alla Fiat Mirafiori; poi nella direzione nazionale di Democrazia proletaria fondata a metà degli anni Settanta dallo slancio generoso di militanti e dirigenti politici come Molinari, Vittorio Foa, Franco Calamida, Luigi Cipriani, Pino Ferraris, Mario Capanna, Guido Pollice, Gian Giacomo Migone. Si trattava di continuare la lotta per portare la Costituzione repubblicana nelle fabbriche, iniziata con il via allo Statuto dei lavoratori (approvato in parlamento nel disinteresse della sinistra comunista), e di sottrarre terreno alle derive estremistiche e militaristiche delle frange sessantottine dopo lo scioglimento di Lotta Continua.
Un passo avanti Emilio lo è stato pure nel comprendere che, nella seconda metà degli anni Ottanta (era stato anche parlamentare europeo di Dp, prima degli acciacchi al cuore), bisognava guardare oltre i confini, oramai esausti, della nuova sinistra nata dal Sessantotto, per alimentare un movimento ecologista socialmente più maturo e articolato, facendo leva sull’ecopacifismo cresciuto nella lotta contro i missili a Comiso. Da senatore dei Verdi e poi da semplice attivista, lavorò per un decennio nel rilancio del movimento nazionale e internazionale per l’acqua come bene comune, per saldare le lotte dei territori a quelle per la salvaguardia della vita umana sul Pianeta. Lo seppe fare tessendo un decennio di lotte e comitati con proposte di legge e un lavoro culturale ininterrotto che sapeva condurre come pochi. E così, nella seconda decade del nuovo millennio, intuì le potenzialità dei movimenti autorganizzati dal basso anche per intrecciare i comitati popolari per l’acqua pubblica con un movimento ambientalista solido, il cattolicesimo sociale dell’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” e quel che di creativo si muoveva attorno al Movimento 5 Stelle. Non è quel che prova a fare, senza più la spinta sociale dei movimenti, il cosiddetto campo largo con dieci anni di ritardo?
Sì, nel destino delle avanguardie — ed Emilio lo è sempre stato — c’è anche la possibilità che il loro sguardo sia troppo avanti rispetto allo sguardo di chi si muove assieme a loro. La fatica di scegliere il percorso giusto per agire, conseguendo risultati tangibili, può sopravanzare la capacità di operare nella realtà con la quale, chi vuole trasformare lo stato presente delle cose, deve saper fare i conti sempre. Ci resta, carissimo Emilio, il tuo esempio limpido di attivista e dirigente politico generoso e lungimirante, mite e determinato. Che ti sia lieve la terra. E buon viaggio amico mio. © RIPRODUZIONE RISERVATA