◆ L’analisi di RAFFAELE GUARINIELLO, giurista
► Il Decreto-Legge 2 marzo 2024 n. 19, contenente disposizioni urgenti per l’attuazione del Pnrr, è stato appena emesso, e già sono sottoposte a più di una stroncatura quelle norme che dichiarano l’intento di rafforzare la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Indubbio che si tratti di norme meritevoli di critiche, ma altrettanto indubbio ci sembra che siano carenti alcune delle critiche mosse. Non sorprende dopo i drammatici infortuni accaduti ultimamente che gli estensori del Decreto Legge si dimostrino preoccupati per la sicurezza nell’universo dei cantieri. E infatti, dal 1° ottobre 2024, il committente avrà l’obbligo di verificare che le imprese esecutrici e i lavoratori autonomi operanti nei cantieri possiedano un’apposita patente a punti rilasciata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro a determinate condizioni.
Già alcune di queste condizioni meriterebbero di essere riscritte. A partire da quella consistente nel “possesso del Documento di Valutazione”: una formulazione palesemente incongrua, dal momento che non risulta in grado di ricomprendere le ipotesi in cui questo fondamentale documento — indelegabilmente elaborato dal datore di lavoro in persona —, pur formalmente non mancante e dunque posseduto, sia per le più diverse ragioni incompleto, insufficiente, inadeguato, generico, non veritiero. A ben vedere, sono proprio queste le ipotesi che abitualmente emergono nella prassi come causa d’infortuni. Purtroppo, però, dobbiamo muovere agli autori del Decreto Legge così come ai suoi critici un rilievo ben più di fondo. Tutti si sono resi conto che il dramma oggi al centro dell’attenzione nel mondo della sicurezza riguarda appalti, subappalti, cantieri. E allora domando: se davvero si considera un toccasana la patente a punti, perché è stata prevista solo per il settore dei cantieri temporanei o mobili disciplinato dal Titolo IV Capo I del Tusl (Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro)? Forse perché sfugge che un settore altrettanto pericoloso è quello degli appalti intra-aziendali di cui all’articolo 26 del Tusl?
Obblighi, dunque, del datore di lavoro committente che si aggiungono agli obblighi di sicurezza che permangono integralmente a carico del datore di lavoro appaltatore (o subappaltatore) che pur distacca propri lavoratori presso l’azienda committente. E si badi che, sulla scorta di un’interpretazione adottata dalla Corte di Cassazione sin dal 2015, ai fini dell’operatività di questi obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro — contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione — ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte. Con il risultato — palesemente sfuggito ad autori e critici del Decreto Legge — di contemplare già oggi la responsabilità di committente, appaltatore, subappaltatore, per molteplici e gravi infortuni determinati dall’interferenza tra più imprese.
Naturalmente, rimango in attesa di un effettivo potenziamento degli organici e della professionalità dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (ma le Asl restano così come sono?). E aspetto di sapere se e come si provvederà ad ovviare finalmente alla crisi della giustizia penale in tema di sicurezza sul lavoro autorevolmente ammessa lo scorso 21 febbraio 2024 al Senato. Dove si è posto in luce quel che da tempo stiamo segnalando: «la frammentazione di competenze nelle procure più piccole può confliggere con il principio di specializzazione, che invece dovrebbe essere tipico di ogni ufficio inquirente, proprio perché si tratta di materie che presuppongono una particolare preparazione da parte dei singoli magistrati». Possiamo sperare nella futura conversione in Legge? © RIPRODUZIONE RISERVATA