Col ruvido linguaggio marziale che gli è consono — sottigliezza politica e pensiero complesso non abitano lì —, la presidente della Commissione europea, dopo mesi e mesi di marginalità assoluta, ha battuto il suo colpo. L’equilibrio che ha retto l’Europa per ottant’anni è andato in frantumi in poche settimane e Von der Leyen scodella sulla tombola del mondo il suo numero pigliatutto: 800 miliardi di euro. Per riarmarci. Sembra di rivederla nuovamente alle prese con i vaccini Pfizer e i conseguenti miliardi al seguito (di dollari, dosi, messaggini whatsapp top secret o cos’altro abbiate capito…). All’armi, all’armi! E fuori vincolo di bilancio: la frugalità nordica evaporata. Facciamoci allora qualche domanda prima di decidere quale bandiera impugnare in piazza. Tra la proposta iniziale di Michele Serra (e di “Repubblica”) e i propositi di Ursula, qualcosa s’è già consumato…

Il presidente ucraino Zelensky insieme alla presidente della Commissione europea, Von der Leyen, e al presidente del Consiglio europeo, Costa

◆ Il commento di ALFREDO T. ANTONAROS

La “piazza europeista” del 15 marzo manifesterà per molte visioni del mondo, per idee sull’Europa e sulla convivenza anche radicalmente opposte. Il semplice appello identitario, vuoto di contenuti politici, aggrappato alla sola sottolineatura della matrice europea (“Zero bandiere di partito, solo bandiere europee” vuole l’ideatore della manifestazione, Michele Serra affiancato da Repubblica) rischia di non veder sventolare nessuna bandiera della pace in mezzo alla nebbia dove marceranno le molte parti del Pd, i vari Pierferdinando Casini e l’anima più conservatrice del sindacato. Sotto la bandiera blu con le stelle gialle cos’altro dovrebbe incontrare questa gente se non le loro differenze e le loro insanabili distanze? 

L’Europa è oggi rappresentata, a livello mondiale, da una Ursula von der Leyen che, per tre anni di guerra in Ucraina, mai ha preso in considerazione qualsiasi ipotesi di soluzione diplomatica, incoraggiando solo Zelensky a demolire la Russia. È la stessa von der Leyen che oggi parla della «minaccia ai confini», del bisogno di una «maxi ricarica» di armamenti, della necessità di miliardi di euro da trasformare in cannoni, della necessità di comprare e fabbricare missili e non scuole e ospedali. Il richiamo di Serra e di Repubblica non potrà dunque che legittimare, visto che nella nebbia non emerge altro, queste spese per gli armamenti e la nascita di una fantomatica armata europea da legare ad una Nato ancora più guerrafondaia. 

Si dice che non esistano alternative. Ci raccontano che Trump vuole separare la Russia dalla Cina. Quello che è certo è che Trump ha invece separato America ed Europa e che quest’ultima non sa fare altro che riarmarsi per sostituire l’apporto militare che pare gli Usa non daranno più per impedire alla Russia di invaderla. Nessuno, tantomeno Trump, sa se la Russia — da sola o con la Cina — abbia in programma di invadere l’Europa. È invece sicuro che Russia e Cina sono due nazioni solide, ognuno con una propria indipendente struttura sociale, economica, finanziaria, militare, linguistica. Hanno, in breve, una solidità che, per fare una guerra, è basilare. L’Europa non ha nemmeno un sistema d’armi comune agli eserciti (27 o giù di lì). Non ha una lingua comune che consenta, tanto per fare un esempio, ad un ministro della Giustizia di leggere e capire cosa sia scritto in un documento ufficiale della Corte penale internazionale. 

A prescindere dalla lingua, in quanto tempo l’Europa potrebbe superare questi ritardi? Sei mesi, un anno, due? Probabilmente capi di stato e quelli militari, che hanno già a disposizione rifugi atomici per sé e per le proprie famiglie, pensano alla guerra con calma e voltano le spalle ad ogni ipotesi di pace. Intanto pare che vogliano coinvolgere l’intero continente in una guerra atomica, senza che neppure — prima che avvenga lo sterminio — si sia pensato, per le persone comuni, a far portare in cantina una branda, un rotolo di carta igienica e un secchio d’acqua. Cose che, con la roba che si spara oggi, servirebbero comunque a poco. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Scrittore di romanzi, drammaturgo, sceneggiatore di film, saggista, direttore di teatro, autore e conduttore tv. Nei suoi romanzi centrale è il tema dell’esilio. Nei suoi saggi si è occupato in particolare dell’evoluzione sociale e culturale dell’alimentazione.

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