Scritta con linguaggio chiaro e comprensibile a tutti, la sentenza della Terza Sezione della Suprema Corte pubblicata il 28 ottobre scorso elimina ogni equivoco sulle strutture mobili o regolabili destinate alla protezione dal sole e dagli altri elementi atmosferici. Tali strutture «non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici». Uno “schiaffone” a tutti i pubblici ufficiali che vedono e passano oltre come se nulla fosse


◆ L’analisi di GIANFRANCO AMENDOLA, giurista

È appena stata pubblicata una importante sentenza della Cassazione (Sez. III n.39596 del 28 ottobre 2024) che affronta finalmente con chiarezza la questione, così attuale, delle cosiddette “pergotende” la cui disciplina è particolarmente complicata. In sostanza, quando è possibile installare “pergotende” senza permesso? La legge è più volte cambiata ma oggi – conclude la Cassazione dopo una minuziosa ricognizione legislativa -, rientrano nell’ambito degli interventi di edilizia libera solo «le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. In ogni caso, le opere di cui alla presente lettera non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche» (art. 6, lettera b-ter D.P.R. n. 380 del 2001 introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. a, d.l. n. 69 del 2024). 

E, quindi – precisa la  Suprema Corte«perché non sia soggetta ad alcun regime autorizzatorio è necessario che l’opera: a) sia funzionalmente destinata alla sola protezione dal sole e dagli agenti atmosferici; b) sia strutturalmente (e conseguentemente) costituita esclusivamente da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili; c) sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera; d) non determini la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici; e)  abbia caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e si armonizzi alle preesistenti linee architettoniche». Con la conseguemza che «in assenza anche di una sola di queste condizioni, l’opera non può essere considerata come soggetta a edilizia libera» ed occorre il permesso di costruire.

In altri termini, «la struttura con cui si crea ex novo uno spazio chiuso stabilmente asservito ad un’attività commerciale preesistente ed al fine di soddisfare le esigenze non temporanee dell’impresa, non può definirsi “pergotenda”, non essendo la struttura funzionale (solo) a una migliore vivibilità degli spazi esterni di un’unità già esistente, tipo terrazzi e/o giardini. Non si tratta, nel caso di specie, di un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, bensì di un elemento che ha creato un nuovo spazio chiuso, che ha trasformato in modo permanente un suolo inedificato, inglobandone l’area e lo spazio libero sovrastante a servizio degli interessi commerciali degli interessati».

Il che è esattamente quanto avviene nella maggioranza dei casi anche se nessuno interviene. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dal 1967 Pretore a Roma, inizia ad occuparsi di normativa ambientale dal 1970. Dal 1989 al 1994 parlamentare europeo, vice presidente della commissione per la protezione dell’ambiente. Dal 2000 al 2008 Procuratore aggiunto a Roma con delega ai reati ambientali, poi Procuratore della Repubblica a Civitavecchia fino al pensionamento (2015). Ha ricoperto numerosi incarichi pubblici partecipando a tutte le vicende che hanno visto nascere ed affermarsi il diritto dell'ambiente in Italia. Ha insegnato diritto penale dell’ambiente in varie Università scrivendo una ventina di libri fra cui “In nome del popolo inquinato” (7 edizioni). Attualmente fa parte del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare ed è docente di diritto penale ambientale presso le Università “La Sapienza” e Torvergata di Roma.

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