Il disegno di legge del governo Meloni presentato un mese fa offre utili spunti per fare qualche passo avanti nella garanzia della sicurezza alimentare. Di organi della pubblica amministrazione, chiamati a vigilare sull’osservanza delle norme a tutela dei consumatori (e delle aziende che rispettano la normativa), ce ne sono anche troppi. Mancano controlli efficaci e soprattutto servono più organici e più professionalità degli ispettori. E, per garantire la sicurezza alimentare, anche l’intervento giudiziario oggi non va. In Italia ci sono zone in cui i processi penali per illeciti alimentari non si fanno, altre in cui si fanno ma con lentezza o superficialità tali da arrivare poi alla prescrizione del reato o all’assoluzione dei colpevoli. Anche nel campo agroalimentare, come in quello della sicurezza sul lavoro, servirebbe una Procura nazionale della Repubblica che agisca e coordini l’iniziativa giudiziaria ad ampio raggio e che allarghi i propri orizzonti oltre i confini degli illeciti consumati
◆ L’analisi di RAFFAELE GUARINIELLO, giurista
►Con pazienza abbiamo atteso. Se n’era fatto carico dieci anni fa l’allora ministro della Giustizia, quando il 14 ottobre 2015 come Commissione da lui istituita gli consegnammo una proposta contenente “nuove norme in materia di reati agroalimentari” poi trasfusa nel Disegno di Legge n. 2231 presentato al Senato il 14 ottobre 2016. Solo che questo Disegno di Legge rimase nei cassetti della Commissione Permanente Giustizia in sede referente. Finalmente, quella proposta è stata ripresa e sviluppata da un Disegno di Legge presentato dal ministro dell’Agricoltura in collaborazione con il ministro della Giustizia e approvato dal Consiglio dei ministri il 9 aprile 2025 nell’intento di contrastare le frodi nel settore agroalimentare e di tutelare la sicurezza dei consumatori. La proposta del 2015 in 47 articoli conteneva molteplici modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e a leggi complementari, mentre il Disegno di Legge del 2025 in 18 articoli, oltre a ridisciplinare sanzioni e controlli, prevede nuovi reati, persino l’agropirateria. Come resistere alla tentazione di proporre alcune indicazioni volte nelle intenzioni a rafforzare il disegno riformatore a tutela dei consumatori e delle imprese virtuose? E la prima concerne i garanti della sicurezza alimentare.
Arduo, infatti, è dipanare il catalogo normativo dei debitori di sicurezza alimentare in mancanza di norme analoghe a quelle dettate dalle norme in tema di sicurezza sul lavoro. Le esperienze giudiziarie condotte in questi anni hanno messo in luce un’esigenza: quella di individuare gli effettivi soggetti penalmente responsabili in caso di attività criminose, non già occasionali, bensì strutturali, addebitabili a scelte aziendali di fondo, a scelte di carattere generale della politica aziendale in tema di sicurezza alimentare. Al vertice dell’impresa si colloca il soggetto provvisto dei massimi poteri decisionali e di spesa (ad esempio, il consiglio di amministrazione nelle società per azioni). Certo, questo soggetto è legittimato a delegare ad altri specifiche funzioni in materia. E tuttavia, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non può andare esente da responsabilità il vertice dell’impresa, allorché le carenze nella sicurezza alimentare attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale, alla strategia stabilita dal vertice della società coinvolta, rispetto alla quale nessuna capacità d’intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato.
Tutto da valorizzare – anche e proprio ai fini preventivi perseguiti dal Disegno di Legge appena approvato dal Consiglio dei ministri – rimane, dunque, il principio in base al quale la responsabilità dei vertici aziendali non può essere esclusa con riguardo ai difetti strutturali, alle scelte strategiche di fondo. Così come appare controproducente attribuirne la responsabilità a un dirigente in realtà sprovvisto di autonomi poteri decisionali e di spesa. Non meno dirompente appare l’assenza nel settore alimentare di una norma quale quella che disciplina esplicitamente i requisiti di ammissibilità della delega di funzioni antinfortunistiche. La conseguenza, a mero titolo di esempio, è che in materia di sicurezza sul lavoro la delega di funzione da parte dei vertici dell’impresa non è valida se non risulta da atto scritto recante data certa. Là dove sistematicamente, con riguardo al settore alimentare, la Cassazione insegna che la delega di funzioni è valida, pur se rilasciata oralmente.
Il fatto è, però, che le leggi anche più rigorose non raggiungono l’obiettivo preso di mira, se rimangono scritte sulla carta. Ed è purtroppo la larga disapplicazione delle norme vigenti uno dei fenomeni che più caratterizzano l’Italia. Ci chiediamo perché. Una causa, non l’unica, ma determinante, è ravvisabile nella carenza dei controlli. Eppure, sono molti, anche troppi, gli organi della pubblica amministrazione chiamati a vigilare sull’osservanza delle norme a tutela della sicurezza alimentare. Solo che i controlli espletati da questi organi si rivelano spesso insufficienti. Né basta, a nostro avviso, la “Cabina di regia per i controlli amministrativi nel settore agroalimentare” contemplata nel nuovo Disegno di Legge. Occorre arricchire gli organici e ancor più la professionalità degli ispettori. Ma soprattutto dobbiamo prendere atto senza falsi pudori che sono inadeguati gli stessi interventi dell’autorità giudiziaria. Purtroppo, in Italia, ci sono zone in cui i processi penali per illeciti alimentari proprio non si fanno, e altre zone in cui si fanno, ma con una tale lentezza o superficialità che troppo spesso si arriva poi alla prescrizione del reato o all’assoluzione. Inevitabile, in un simile contesto, è che, tra le imprese, possa diffondersi un senso di impunità, la devastante idea che sia consentito violare le regole (in danno delle aziende serie) senza incorrere in reali responsabilità. E nel contempo inevitabile è che tra i consumatori possa diffondersi il senso di una giustizia negata.
Occorre migliorare la qualità dell’intervento giudiziario. Vi sono Procure della Repubblica (poche) specializzate, e Procure della Repubblica (la maggior parte) non specializzate. Come stupirsi allora se le indagini sugli illeciti alimentari siano tanto spesso superficiali, e magari finiscano per chiudersi con un’archiviazione? Come stupirsi – per ricordare solo un caso che a suo tempo colpì tutti – che per le cosiddette “mozzarelle blu” la maggior parte delle procure, a differenza di una, ebbero a richiedere l’archiviazione? Ecco perché mi aspetto una riflessione sulla possibilità di costruire una nuova organizzazione giudiziaria. Una organizzazione centralizzata che sia investita delle più significative questioni nel campo agroalimentare. Un’organizzazione che in questi campi abbia le competenze e le forze anche per indagini a livello nazionale, che sappia allargare i propri orizzonti oltre i confini di illeciti ormai consumati e promuova con la collaborazione delle autorità amministrative e sanitarie azioni sistematiche a carattere preventivo, che non fermi la propria attenzione alle responsabilità dei livelli più bassi dell’organigramma aziendale e ove del caso individui tali responsabilità nelle stanze in cui si esercitano i poteri decisionali e di spesa, si stabilisce la politica della sicurezza alimentare dell’impresa, si effettuano le scelte di fondo rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi a personaggi più deboli dell’organigramma aziendale.
Ha svolto la funzione di magistrato dal 1969 al 29 dicembre 2015: prima come Pretore, poi Giudice per le Indagini Preliminari presso la Pretura, poi Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Torino e Coordinatore del Gruppo Sicurezza e Salute del Lavoro, Tutela del Consumatore e dei Malati presso la Procura della Repubblica di Torino. Consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito dal 2016 al 2018. Nominato Presidente della Commissione Amianto istituita dal ministro dell’Ambiente con Decreto del 30 aprile 2019. Ha pubblicato nel 1985 il saggio "Se il lavoro uccide" per la Casa Editrice Einaudi, e l'opera "La Giustizia non è un sogno" nel 2017 per la Casa Editrice Rizzoli. Inoltre, in particolare, "Codice della Sicurezza degli Alimenti commentato con la giurisprudenza”, seconda edizione - Wolters Kluwer 2016; "II Testo Unico Sicurezza sul lavoro commentato con la Giurisprudenza”, Wolters Kluwer, Milano undicesima edizione, 2020".
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