◆ L’intervento di ALESSIO LATTUCA
► A poco a poco quasi senza accorgersene (come su un piano inclinato), siamo entrati in un ambito delicato dell’economia che riguarda la solidarietà, i diritti e in particolare le disuguaglianze. Elementi che inducono a mettere in rilievo come sia arrivato il momento di offrire un contributo informativo e di confronto, e di mettere a fuoco un metro per giudicare programmi, partiti, candidature ed eletti al fine di disegnare un’Europa di giustizia sociale e ambientale. Perché l’Europa sia un luogo di promozione del welfare universale, non penalizzato dall’austerità. Un sistema nel quale la conoscenza e i dati siano accessibili e a disposizione delle comunità. Dove la trasformazione ecologica sia accelerata nell’interesse prima di tutto dei più vulnerabili, per realizzare un modo più giusto di vita e di lavoro e dove le politiche pubbliche e di governo siano democratizzati. Un’Europa che prenda consapevolezza del proprio, fondamentale, ruolo nei processi migratori e che agisca come costruttore di cooperazione e pace.
Al centro di queste questioni stanno alcuni elementi di fondo che meritano di essere considerati: a partire da come eliminare o quantomeno ridurre le disparità generate dal neoliberismo indotto dagli “animals spirits” alimentati da un turbocapitalismo finanziario globale rivelatosi distruttivo, che non accetta alcun tipo di regola o correttivo. Esso è infatti responsabile delle conseguenti distorsioni del mercato che hanno prodotto uno sterminato arricchimento di pochi a discapito di molti. Tutti temi che ingigantiscono un problema ad oggi irrisolto, e che rendono urgente valorizzare le potenzialità di sviluppo dell’economia di impatto per ribaltare l’approccio egoistico con la società e l’ambiente, in modo da essere più “generativi”. Con un precedente importante, teorizzato in Italia alla fine del XVII secolo: l’economia civile. La politica, aldilà dei ruoli e delle responsabilità specifiche, ha il dovere di realizzare le proprie idee ma al tempo stesso le deve contemperare con quelle degli altri nell’interesse del bene comune. Al riguardo occorrono azioni che favoriscano le aziende affinché non interpretino come un fardello, un vincolo, un peso le norme dell’Unione Europea, e individuare modalità di produzione della ricchezza che generino valore: ambientale, energetico, sociale, di genere, di governance, di diritti. In altre parole, occorre creare un argine allo svuotamento delle democrazie liberali e dei ceti medi produttivi che sono cuore e motore della struttura democratica.