A partire dal 1969, è stato un pilastro dell’informazione politico-parlamentare della più importante agenzia di stampa italiana. Diventò caposervizio dell’Ansa per la redazione che “governava” Montecitorio. Una “zanzara” instancabile attorno agli esponenti politici per punzecchiarli con le sue domande. Suo il libro “Senatore si rivesta”, «una galleria di varia umanità che racconta del Parlamento più di un saggio di psicologia politica. Senza perdere mai il gusto dell’aneddoto e dell’ironia». Con scene indimenticabili, come quella di Cicciolina (la parlamentare e pornostar Ilona Staller) che dice al presidente di turno della Camera, l’on. Vito Lattanzio: «Cicciolino Presidente, lei è arrabbiato perché non fa mai l’amore»
◆ Il ricordo di CESARE PROTETTÌ
► Ci ha lasciato, alla vigilia di Pasqua, Domenico del Giudice, Mimmo per gli amici, giornalista prima per caso e poi per passione. Aveva 85 anni, 35 dei quali passati all’Ansa, con qualche interludio dovuto agli incarichi di portavoce di qualche politico (dal presidente del Senato, Malagodi, a otto ministri di diversi governi). Nato nel 1939, a Pozzuoli, era diventato giornalista spinto dagli eventi. Laureato all’Università L’Orientale di Napoli in lingue e civiltà orientali, con specializzazione in arabo, persiano e russo, da giovane pensava di percorrere una strada tutta diversa dal giornalismo. La sua tesi di laurea sullo scrittore egiziano Taufiq al-Hakim gli fece meritare, nel 1964, una borsa di studio di un milione di lire. L’anno dopo era in Somalia come vice addetto culturale dell’ambasciata a Mogadiscio e docente di italiano, storia e diritto in un Istituto tecnico per Geometri somalo (l’italiano, allora, era la prima lingua ufficiale).
Studioso della cultura araba e del mondo musulmano aveva scritto saggi importanti come Introduzione alla cultura somala, Il velo e l’emiro, Il Paese di Rania. E proprio mentre coltivava e sviluppava questi interessi e faceva il direttore del quotidiano Il Corriere della Somalia, il direttore dell’Ansa, Sergio Lepri, lo invitò a lavorare come corrispondente dell’Ansa. Mimmo era riluttante. Ma la moglie Luciana lo convinse ad accettare subito questa opportunità. Sarà la svolta della sua vita professionale e Mimmo le è stato grato per tutta la vita. Così Mimmo fu fatto presto rientrare a Roma (con l’immediato beneplacito di Luciana) e qui, dopo aver iniziato a lavorare come vaticanista divenne, a partire dal 1969, un pilastro dell’informazione politico-parlamentare della più importante agenzia di stampa italiana fino a diventare il caposervizio della Redazione che “governava” Montecitorio.
Fu nella sala stampa di Montecitorio che io lo conobbi dopo essere stato incaricato da Sergio Lepri di seguire la galassia delle correnti della Dc. Lavoravamo anche 10 ore al giorno: io spesso a piazza del Gesù, lui con frequenti puntate in “Transatlantico” come definivamo l’altrimenti noto Corridoio dei Passi perduti, dove, incontrando i deputati alla buvette o sedendosi con loro nei salottini laterali si cercava di carpire notizie e commenti. Oggi ci sono i post e i video autoprodotti dai politici, ma allora il loro pensiero lo dovevi distillare dalla loro viva voce. Così Mimmo ed io ci incontravamo poco, ma ci stimavamo reciprocamente. Per di più lui aveva un carattere invidiabile, poco incline alle drammatizzazioni di qualche altro “capo”, ma al contrario incomparabile per la sua simpatia, i suoi modi garbati e la sua bonomia da “signore” partenopeo.
Ci eravamo rivisti dopo molti anni, l’anno scorso, in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro, edito da Effigi, e intitolato “Senatore si rivesta. Fatti, misfatti, curiosità, leggende nei paesi del potere e dintorni”, che seguiva di quattro anni un altro piacevolissimo libro, “Interviste immaginarie,” edito sempre da Effigi, nel 2019. Scrisse Del Giudice in quella occasione: «Dopo oltre 50 anni di serio giornalismo, credo sia giunto il tempo in cui possa divertirmi un po’ di più di quando lavoravo a Montecitorio con un entusiasmo che mi faceva scordare di dormire, mangiare, la famiglia, la casa». Succedeva quasi a tutti noi cronisti delle agenzie. Ricordando quei tempi Mimmo mi aveva anche raccontato i retroscena delle pagine più curiose del suo nuovo libro in un incontro a Roma, dopo il successo della presentazione alla Fiera della piccola editoria nella “Nuvola” di Fuksas.
Con Mimmo in quell’incontro all’Auditorium e poi nella biblioteca del ministero della Cultura, dove mi aveva voluto come presentatore del suo libro, ripercorremmo fatti e personaggi della nostra esperienza di giornalisti parlamentari nella prima repubblica. Tra i tanti il ricordo di una collega-pittrice, Chantal Dubois, che in occasione degli auguri di Natale ad Amintore Fanfani si presentò con due quadri molto grandi. «Presidente, ne scelga uno, glielo voglio regalare». Fanfani li squadrò e poi disse: «Gentile signora, può regalarmeli tutti e due?». La collega, entusiasta, gli rispose «Certo, se mi dice dove li colloca…». E Fanfani: «Io da nessuna parte. Li vorrei regalare uno a Pertini e uno a Moro». La giornalista, offesa, replicò: «Allora non gliene regalo nessuno». E così fu. I giornalisti sapevano bene che Fanfani non aveva simpatia per Pertini e nemmeno per Moro.
Le ultime pagine del libro sono una galleria di foto dell’Ansa con i protagonisti di un’epoca che non c’è più, spesso ritratti insieme a quella “zanzara” di Mimmo Del Giudice che – per mestiere – non poteva fare a meno di girar loro intorno e spesso punzecchiarli con le sue domande. © RIPRODUZIONE RISERVATA