Sei mesi fa l’ultimo compleanno del fondatore del Wwf Italia; al suo fianco il presidente dell’associazione del Panda in carica Luciano Di Tizio (credit foto Wwf Italia)
Quando Pratesi diede vita al Wwf Italia negli anni Sessanta del Novecento, eravamo il Paese dell’ubriacatura industrialista e sviluppista, dei palazzinari e del cemento. Erano gli anni che avrebbero condizionato il futuro delle nostre città e del nostro sistema di trasporti, anni in cui chiedere di proteggere territori mettendo vincoli di tutela naturalistica appariva come un esercizio intellettuale se non come una snobberia borghese. Da presidente dell’associazione del Panda, il ruolo che assegnò al Wwf fu quello del dialogo e del confronto, quello della forza del dato scientifico e non dell’opinione politica. Ruolo tutt’altro che semplice. Si impegnò in prima persona per tutelare natura e ambiente anche da deputato dei Verdi, solo per due anni: in parlamento si sentiva un pesce fuor d’acqua. Oggi a Roma, dalle 11 alle 18, camera ardente presso la sede del Wwf in Via Po n. 25/c per un ultimo saluto, domani mattina i funerali alle 10.30 presso la Chiesa Parrocchiale di San Roberto Bellarmino in Piazza Ungheria
◆ Il ricordo di GAETANO BENEDETTO, presidente Centro Studi del Wwf Italia
►Il concetto di “mediatore culturale” è oggi applicato ad altro, ma forse è quello che meglio si addice al ruolo che Fulco Pratesi ha svolto per decenni nel nostro Paese. Gli anni ’60, quelli in cui Pratesi fondò il Wwf, sono stati quelli dell’ubriacatura industrialista di cui ancora oggi paghiamo i danni per localizzazioni sbagliate, gli anni dei palazzinari e del cemento che avrebbero condizionato il futuro delle nostre città e del nostro sistema di trasporti, anni in cui chiedere di proteggere territori mettendo vincoli di tutela naturalistica appariva come un esercizio intellettuale se non come una snobberia borghese; fu in quegli anni che Fulco iniziò il suo ruolo di “mediatore culturale” cercando di far capire valori sottovalutati ed ignorati, cercando di convincere, senza alcun approccio frontale, con la speranza di poter integrare una nuova cultura della conservazione nella dominante cultura sviluppista. Il taglio che diede al Wwf fu cosi quello del dialogo e del confronto, quello della forza del dato scientifico e non dell’opinione politica. Ruolo tutt’altro che semplice perché anche rispetto al mondo della cultura della conservazione di allora — quello che principalmente si riferiva alla bellezza ed al paesaggio — Pratesi ha dovuto fare il “mediatore culturale” nella ferma convinzione non solo che la bellezza assoluta è quella della natura, ma anche che non esisterebbe un paesaggio se dovesse venire meno il tessuto della natura che caratterizza i luoghi determinando l’identità, gli usi e i costumi di coloro che li abitano.
Ci sono maestri che insegnano e maestri che ti fanno scoprire, Fulco Pratesi apparteneva a questa seconda categoria. È stato maestro di tanti giovani naturalisti, ma non solo. Ha cresciuto ed educato ben più di una generazione di appassionati di natura, ma non solo perché è riuscito anche a far appassionare tanti che di natura poco o nulla sapevano. Sapeva porsi, non amava i troppi fronzoli, amava la sostanza e sapeva delegare ad altri le cose che intuiva importanti ma che non erano nelle sue corde. È lui che ha legittimato la crescita della struttura organizzativa del Wwf che nulla aveva a che vedere con quelle delle altre associazioni non solo ambientaliste. Capì la necessità di dotarsi di nuovi strumenti di promozione, seppe ben delegare queste tecnicalità ed il Wwf coi suoi temi divenne largamente popolare tracciando la strada del marketing no profit; capì l’esigenza di dover affiancare alla conservazione sul campo ed all’educazione ambientale anche l’affermazione di quel crescente diritto all’ambiente che negli anni ’80 e ’90 andava sviluppandosi, ed il Wwf fu così la prima associazione ambientalista a dotarsi di un proprio ufficio legale e legislativo gestito tramite propri dipendenti. E Fulco naturalista divenne testimone di tante battaglie piccole e grandi a difesa dei territori e del diritto ad un ambiente salubre.
La dichiarazione d’amore alla natura per Pratesi avvenne contestualmente alla rinuncia di essere cacciatore e certamente in questo è stato capace di rappresentare un sentimento largamente popolare ma silente anche perché sotto scacco della potentissima lobby venatoria che nel 1980 contava oltre 1.700.000 cacciatori che ostacolavano anche la nascita dei parchi. L’Italia ferma a soli quattro parchi nazionali (Gran Paradiso, d’Abruzzo, Circeo e Stelvio) si sblocca nel 1991 con la legge quadro che fu fortemente auspicata e richiesta da Pratesi sin da quando il Wwf nel 1967 istituì la prima Oasi, il lago di Burano vicino Capalbio nella maremma grossetana; una norma che nasceva da un vision che Pratesi seppe condividere e costruire con moltissimi scienziati e uomini di cultura, ma che seppe sostenere attraverso una campagna di opinione di cui lui fu protagonista. Non fu pienamente soddisfatto della stesura finale di quelle norme, ma le sostenne nella loro applicazione lavorando ad ogni livello (anche come tecnico e non solo come Presidente del Wwf e del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise) per creare quel sistema oggi costituito da 24 parchi nazionali, 134 regionali, 30 aree marine protette e moltissime riserve.
Fulco Pratesi (a destra) con Gaetano Benedetto e Alessandra Prampolini direttrice generale del Wwf
Fulco Pratesi ha speso la vita per fare della natura un tema popolare, partecipato ed amato. Attraverso la natura si ha la proporzione esatta delle cose e dei valori reali, professava quindi un credo laico dove il senso dell’uomo rientrava in un equilibrio che la natura determinava e, conseguentemente, la responsabilità nell’alterare questo equilibrio determinava la negazione stessa dell’uomo. Esprimeva queste cose in modo infinitamente semplice, con l’esempio in prima persona, rifuggendo dal consumismo, con pratiche quotidiane che hanno fatto discutere (l’uso dell’acqua per uso personale) ma che costituivano una provocazione intellettuale che molti hanno preferito banalizzare. Si batteva a sostegno dei grandi accordi globali, contro il cambiamento climatico, per la tutela della biodiversità, ma la sua vita cercava di essere un manifesto a quella sostenibilità pratica ed individuale che se diventasse collettiva farebbe la differenza. Essere sempre sé stessi è da tutti ritenuta una qualità preziosa, qualità che Fulco certamente aveva. Più una qualità era un dato caratteriale, non avrebbe potuto o saputo essere altrimenti. Questo si trasformava in spontaneità a volte disarmante, in un atteggiamento apparentemente naif che non tutti apprezzavano, ma così lui era.
Presidente del Centro Studi del Wwf Italia con cui lavora dal 1990 diventando prima CoDirettore Generale e poi Direttore Generale. E’ stato Presidente del Parco Nazionale del Circeo e prima Presidente del Parco Regionale dell’Appia Antica. Membro di numerose commissioni per le normative ambientali tra cui quelle di revisione del Codice dell’Ambiente. Dal 2006 al 2008 è stato Vice Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente.
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