“Incontattati” sono i popoli che noi occidentali chiamiamo “primitivi”. E oggi l’esempio più clamoroso della violenza che il mondo “evoluto” esercita a scapito di queste pacifiche popolazioni, che chiedono solo di essere lasciate in pace, è il progetto indiano di “Gran Nicobar”. Questa isola fa parte dell’arcipelago delle Nicobare, nell’Oceano Indiano, punto più a sud dell’India. Nella sua foresta pluviale, che copre ben il 95% del territorio, vive il popolo incontattato di cacciatori e raccoglitori degli Shompen. E cosa ci vuole fare l’India a Gran Nicobar? Vuole costruirci un gigantesco porto, una base militare, una centrale elettrica e una nuova città da 650.000 persone/coloni, con la previsione di circa un milione di turisti ogni anno
◆ L’articolo di FABIO BALOCCO
► Si è chiusa ieri la “Uncontacted Peoples Week”, la Settimana dei Popoli Incontattati, indetta dall’organizzazione Survival International. https://survivalinternational.org dal 16 al 22 giugno. «Nel mondo i popoli incontattati sono oltre 150: evitano ogni contatto con persone esterne perché sanno (per esperienza diretta o di popoli vicini) che il contatto può portare loro distruzione, malattie, violenza, furti di terra». Corretto chiamare incontattati quelli che noi occidentali – con un latente disprezzo – chiamiamo “primitivi”. Ma forse addirittura meglio che “incontattati” sarebbe bene chiamarli “incorrotti”, per sottolineare ancor di più la distanza tra noi “evoluti” e loro. Guardiamoci noi esseri evoluti, che inseguiamo il Pil depauperando la terra e destinando risorse alle armi piuttosto che alla salute o alla cultura! Accidenti, che evoluzione!
Attualmente forse l’esempio più clamoroso della violenza che il mondo “evoluto” esercita a scapito di queste pacifiche popolazioni, che chiedono solo di essere lasciate in pace, è il progetto indiano di Gran Nicobar. Questa isola fa parte dell’arcipelago delle Nicobare, nell’Oceano Indiano, punto più a sud appunto dell’India. E nella sua foresta pluviale, che copre ben il 95% del territorio, vive il popolo incontattato di cacciatori e raccoglitori degli Shompen. E cosa ci vuole fare l’India a Gran Nicobar? Vuole costruirci un gigantesco porto, una base militare, una centrale elettrica e una nuova città da 650.000 persone/coloni, con la previsione nell’isola di un afflusso di circa un milione di turisti e altri visitatori ogni anno. Costo dell’operazione (ma sicuramente la chiameranno “investimento”) per creare una nuova Hong Kong: nove miliardi di dollari.
Se il progetto si realizzasse gli Shompen sarebbero condannati all’estinzione: quindi si profila un nuovo genocidio, dopo quello che si sta perpetrando con maggiore eco del popolo palestinese. Con la differenza che gli Shompen sono poche centinaia, e non fanno così notizia. Anche se è davvero terribile quello che si profila all’orizzonte. Si profila quello che noi chiamiamo “sviluppo”. Lo sviluppo che gli inglesi portarono agli indiani e che gli indiani portano agli Shompen. Da una parte noi che distruggiamo l’ambiente segando il ramo su cui siamo seduti e dall’altra loro che ci convivono pacificamente. Contro il genocidio l’anno scorso trentanove esperti e più di ventimila cittadini di tutto il mondo hanno scritto al governo indiano. Ciascuno di voi oggi può firmare: https://www.survival.it/popoli/shompen
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