“Incontattati” sono i popoli che noi occidentali chiamiamo “primitivi”. E oggi l’esempio più clamoroso della violenza che il mondo “evoluto” esercita a scapito di queste pacifiche popolazioni, che chiedono solo di essere lasciate in pace, è il progetto indiano di “Gran Nicobar”. Questa isola fa parte dell’arcipelago delle Nicobare, nell’Oceano Indiano, punto più a sud dell’India. Nella sua foresta pluviale, che copre ben il 95% del territorio, vive il popolo incontattato di cacciatori e raccoglitori degli Shompen. E cosa ci vuole fare l’India a Gran Nicobar? Vuole costruirci un gigantesco porto, una base militare, una centrale elettrica e una nuova città da 650.000 persone/coloni, con la previsione di circa un milione di turisti ogni anno

Qui, sotto il titolo e nella pagina, la tribù indiana degli Shompen. Per difendere l’integrità del territorio di uno dei popoli più isolati della Terra, nel 2024 sono state inviate da tutto il mondo 20mila 520 email ai ministeri indiani (credit foto © Anthropological Survey of India)

◆ L’articolo di FABIO BALOCCO

Giovane e anziano shompen pagaiano in canoa

  Si è chiusa ieri la “Uncontacted Peoples Week”, la Settimana dei Popoli Incontattati, indetta dall’organizzazione Survival International. https://survivalinternational.org dal 16 al 22 giugno. «Nel mondo i popoli incontattati sono oltre 150: evitano ogni contatto con persone esterne perché sanno (per esperienza diretta o di popoli vicini) che il contatto può portare loro distruzione, malattie, violenza, furti di terra». Corretto chiamare incontattati quelli che noi occidentali – con un latente disprezzo – chiamiamo “primitivi”. Ma forse addirittura meglio che “incontattati” sarebbe bene chiamarli “incorrotti”, per sottolineare ancor di più la distanza tra noi “evoluti” e loro. Guardiamoci noi esseri evoluti, che inseguiamo il Pil depauperando la terra e destinando risorse alle armi piuttosto che alla salute o alla cultura! Accidenti, che evoluzione!

Attualmente forse l’esempio più clamoroso della violenza che il mondo “evoluto” esercita a scapito di queste pacifiche popolazioni, che chiedono solo di essere lasciate in pace, è il progetto indiano di Gran Nicobar. Questa isola fa parte dell’arcipelago delle Nicobare, nell’Oceano Indiano, punto più a sud appunto dell’India. E nella sua foresta pluviale, che copre ben il 95% del territorio, vive il popolo incontattato di cacciatori e raccoglitori degli Shompen. E cosa ci vuole fare l’India a Gran Nicobar? Vuole costruirci un gigantesco porto, una base militare, una centrale elettrica e una nuova città da 650.000 persone/coloni, con la previsione nell’isola di un afflusso di circa un milione di turisti e altri visitatori ogni anno. Costo dell’operazione (ma sicuramente la chiameranno “investimento”) per creare una nuova Hong Kong: nove miliardi di dollari. 

Anziana shompen raccoglie peperoncini dal suo orto nella foresta mettendoli nel guscio di una noce di cocco

Se il progetto si realizzasse gli Shompen sarebbero condannati all’estinzione: quindi si profila un nuovo genocidio, dopo quello che si sta perpetrando con maggiore eco del popolo palestinese. Con la differenza che gli Shompen sono poche centinaia, e non fanno così notizia. Anche se è davvero terribile quello che si profila all’orizzonte. Si profila quello che noi chiamiamo “sviluppo”. Lo sviluppo che gli inglesi portarono agli indiani e che gli indiani portano agli Shompen. Da una parte noi che distruggiamo l’ambiente segando il ramo su cui siamo seduti e dall’altra loro che ci convivono pacificamente. Contro il genocidio l’anno scorso trentanove esperti e più di ventimila cittadini di tutto il mondo hanno scritto al governo indiano. Ciascuno di voi oggi può firmare: https://www.survival.it/popoli/shompen

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Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.

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