Fallita la controffensiva di Kiev nel sud est del Paese occupato dall’esercito russo, riprende quota la trattativa interrotta ad Istanbul un mese dopo l’invasione di Putin. l’allora premier Boris Johnson aveva promesso a Zelensky armi a volontà, ma ora la Gran Bretagna ha dovuto lanciare la spugna, il Senato americano chiude i cordoni della borsa a Biden e l’Europa paga il prezzo economico più alto. L’incapacità dell’Unione Europea di agire per fermare il conflitto russo-ucraino prima che deflagrasse (o, quantomeno, nelle prime settimane di guerra) lascia solo macerie fisiche in Ucraina e politiche a Bruxelles
◆ Il commento di BATTISTA GARDONCINI *
Altri si sono accorti all’improvviso che in Ucraina si impedisce alla popolazione russofona di parlare la lingua madre, si distruggono le chiese non allineate alle posizioni governative, si abbattono monumenti e si mettono all’indice i grandi classici della letteratura colpevoli di essere stati scritti in russo, mentre il criminale di guerra Stepan Bandera, teorico della superiorità della “razza ucraina”, è diventato un eroe nazionale in un gran tripudio di bandiere con la svastica.
Sulla scena politica internazionale Giorgia Meloni conta come il due di picche, ma la “stanchezza” di cui ha ingenuamente parlato al telefono con un comico che si fingeva un leader africano è condivisa da altri e più autorevoli personaggi: perfino il Segretario generale della Nato Stoltenberg ha detto pubblicamente che le guerre sono imprevedibili e che bisogna prepararsi a cattive notizie, mentre la Presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, che ai primi di novembre straparlava di una imminente adesione del’Ucraina all’Unione Europea, ha scelto – o le hanno imposto – la strada del silenzio. Del rappresentante degli Affari esteri europei Josep Borrell si sono perse le tracce. Il Presidente francese Macron tace. Il Cancelliere tedesco Scholz è in caduta libera nei sondaggi e ha altro a cui pensare. La Polonia, attivissima nel sostegno militare a Kiev, non ha nessuna intenzione di sacrificare i suoi interessi economici a vantaggio del Paese confinante, come testimoniano le centinaia di tir ucraini bloccati alla frontiera per impedire che facciano concorrenza ai camionisti polacchi.
Alcuni importanti giornali occidentali hanno ripreso con evidenza le interviste di politici ucraini in disgrazia, ma bene informati, dove sono stati ricostruiti i retroscena delle trattative tra Russia e Ucraina avviate nel marzo del 2022 a Istanbul, pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto. I dettagli differiscono, ma il succo è lo stesso: quelle trattative fallirono all’ultimo momento a causa dell’intervento dell’allora premier inglese Boris Johnson, che convinse Zelensky a combattere assicurandogli che le armi occidentali avrebbero fatto la differenza.
In quella vicenda il burattino Johnson era manovrato da Biden e dai falchi della Casa Bianca. Richiamarlo in causa oggi sembra un goffo tentativo di non coinvolgere direttamente in quel pasticcio il presidente degli Stati Uniti e aprire la strada a una nuova possibilità di accordo. Di questo è convinto il decano dei giornalisti investigativi americani e premio Pulitzer Seymour Hersh, che ha scritto sul suo blog un interessante articolo sulle trattative segrete che sarebbero in corso tra il comandante in capo dell’esercito ucraino Valerii Zaluzhny e il suo corrispettivo russo Valery Gerasimov. I termini delle trattative restano nel vago, ma il solo fatto che se ne parli è significativo: è noto che tra Zaluzhny e Zelensky non corre buon sangue, e che il generale potrebbe candidarsi alle elezioni presidenziali in Ucraina, quando e se verranno indette.
Per Zelensky, che l’Occidente ha trasformato in un simbolo al di là dei suoi meriti, si preparano tempi bui. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org